(Giacomo Amadori – La Verità) –
Ecco l’ intercettazione in cui Luca Lotti cita l’ amministratore delegato dell’ Eni Claudio Descalzi. A giugno era stata anticipata da alcune indiscrezioni giornalistiche, ma i magistrati di Perugia che stavano indagando per corruzione sul pm Luca Palamara avevano preferito omissarla. È il 21 maggio 2019 e l’ ex ministro dello Sport sta conversando con il collega deputato Cosimo Ferri e con lo stesso Palamara su possibili conflitti d’ interesse riguardanti il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, considerato dal trio nemico giurato del Giglio magico per la sua indagine su Consip, in cui è sotto inchiesta proprio Lotti.
Nella parte che era stata coperta sino a oggi dal segreto Lotti gongola e parla delle consulenze che il fratello di Ielo, l’ avvocato Domenico, avrebbe ricevuto dalla compagnia petrolifera: «La carta dell’ Eni, io ce l’ ho già () 228.000 euro, io, quando volete ve la tiro fuori, la carta dell’ Eni, Descalzi me l’ ha consegnata la settimana scorsa». A giugno l’ Eni smentì decisamente questa ipotesi e sottolineò di essere parte lesa.
Ma dopo questa ennesima notizia resta una domanda: come faranno a mettersi d’ accordo i renziani e i grillini sui temi della giustizia? Da una parte abbiamo il Giglio magico beccato, grazie al virus spia attivato dalla Procura di Perugia, ancora una volta a mettere in atto comportamenti biasimevoli e non certo accettabili dalla base del Movimento 5 stelle; dall’ altra c’ è chi ha voluto la legge Spazzacorrotti e quel sistema invasivo di captazione. Sarà come chiudere un lupo e un agnello nello stesso recinto per poi chiedergli di mettersi d’ accordo sul menù della cena.
Lasciamo al lettore decidere chi sia il lupo e chi l’ agnello. Se, in questo quadro, è complicato pensare a riforme condivise, è ancora più difficile che la probabile nuova maggioranza sposti le sue pedine nel Consiglio superiore della magistratura nella stessa direzione quando, tra novembre e dicembre, si dovrà scegliere il nome del nuovo procuratore di Roma.
NUOVO PROCURATORE
A maggio il trojan inoculato nel cellulare di Palamara aveva svelato i maneggi dei renziani per la poltrona di capo dei magistrati della Capitale, un ufficio fondamentale, soprattutto per le inchieste in corso che coinvolgono uomini del Pd (Lotti, Francesco Bonifazi e Tiziano Renzi) e della Lega (Armando Siri e Giulio Centemero).
Allora i magistrati di Perugia registrarono in presa diretta le mosse per portare nella cittadella giudiziaria di Roma, al posto dell’ ex procuratore Giuseppe Pignatone, il pg di Firenze Marcello Viola con la benedizione di Lotti e Ferri, quest’ ultimo toga espertissima nel risiko delle nomine. Sui giornali trapelarono le conversazioni quasi in tempo reale e il tavolo delle trattative venne rovesciato, ribaltando gli equilibri dentro al Csm, passato nel giro di pochi giorni da un orientamento di centro destra e a uno di centro sinistra, precursore del futuro governo giallorosso.
DAVIGHIANI
Il nuovo contesto potrebbe costringere il Giglio magico a scendere a patti con i grillini di rito davighiano, dal nome del consigliere del Csm Pier Camillo Davigo, campione di Tangentopoli, la cui scuola di pensiero un po’ giacobina ha ispirato la Spazzacorrotti, che ha sdoganato l’ utilizzo del trojan anche nei confronti dei colletti bianchi e non solo dei sospetti mafiosi o terroristi. Una norma che ha potenzialmente ridotto lo spazio di libertà personale non solo dei renziani, ma di milioni di cittadini.
Ne sanno qualcosa Lotti e Ferri che sono finiti sulle prime pagine dei giornali con le loro chiacchiere pur senza essere indagati.
ONOREVOLI INTERCETTATI
Per le difese le garanzie costituzionali alle loro prerogative di parlamentari sono state bypassate da giochini procedurali che poco c’ entrano con lo stato di diritto. Infatti la legge prescrive che se gli investigatori apprendono che a un appuntamento sarà presente un parlamentare allora sono obbligati a spegnere le microspie. Ma nell’ inchiesta sul Csm non è successo.
Come è possibile? I finanzieri hanno ascoltato le intercettazioni in differita, cioè solo a registrazione conclusa, e quindi, anche se le riunioni con i due deputati erano state annunciate in diretta in altre conversazioni, sono state spiate ugualmente.
Eppure il 10 maggio, dopo la prima captazione della voce di Lotti e Ferri, la pm Gemma Miliani aveva indirizzato al comandante del Gico delle Fiamme gialla una nota molto chiara: «Stante quanto emerso dall’ attività tecnica di intercettazione sull’ indagato Luca Palamara si precisa che: laddove da elementi certi (dalle intercettazioni telefoniche e telematiche) in essere nei suoi confronti vi emerge che Palamara sia prossimo ad incontrare un parlamentare (ad esempio prenda un appuntamento direttamente con un parlamentare o conversando con un terzo emerga con certezza la presenza di un parlamentare o altro soggetto-sottoposto al regime autorizzatorio speciale) sarà vostra cura non (scritto in maiuscolo, ndr) attivare il microfono, trattandosi in tal caso, ad avviso di questo pm, non più di intercettazione diretta casuale (l’ unica consentita, ndr) di un parlamentare».
INCONTRI
Ma la comunicazione non deve aver sortito grande effetto se anche tra il 15 e il 16 maggio, quando Palamara anticipò alla moglie l’ imminente incontro con Lotti, la registrazione non venne interrotta. E così nello stesso mese il trojan ha registrato ben quattro incontri a cui hanno preso parte Lotti e Ferri, appuntamenti facilmente prevedibili non solo perché organizzati quasi con cadenza settimanale, ma anche perché programmati o annunciati in conversazioni intercettate e cronologicamente precedenti. Ebbene adesso, in attesa che la Cassazione si esprima sull’ utilizzabilità di quelle registrazioni, il nuovo governo, dovrà contare sui voti di chi è vittima della Spazzacorrotti (Lotti e Ferri, per esempio, ma anche Matteo Renzi, ampiamente citato nelle bobine) e di chi, come detto, quella legge ha ideato.
Senza contare che il Tribunale e la Procura di Firenze, guidata da quel Giuseppe Creazzo che Lotti e Ferri volevano allontanare dalla Toscana, potrebbero aumentare l’ insofferenza dei renziani. In riva all’ Arno, infatti, sono in corso diverse inchieste sui parenti dell’ ex premier (a febbraio babbo e mamma sono stati persino arrestati) e una prima sentenza sui genitori è attesa per il 7 ottobre. Da futuro azionista del governo il fu Rottamatore lascerà che a Roma e Firenze i suoi uomini e i suoi affetti più cari rosolino sulla graticola giudiziaria senza reagire?
Chi conosce l’ ex segretario del Pd lo esclude fermamente. Soprattutto se, come è sembrato emergere dalle intercettazioni, qualcuno aveva lasciato intendere ai renziani che era stato siglato un accordo di non belligeranza. La siderale distanza sui temi della giustizia tra Giglio magico e pentastellati potrebbe mandare in stallo anche il Csm, dove il vicepresidente David Ermini è espressione della cordata renziana (anche se gli azionisti della sua nomina nelle intercettazioni sembravano pentiti della scelta), mentre la nuova maggioranza pende dalle labbra di Davigo, laici grillini compresi. Un intrico che difficilmente la nuova probabile maggioranza riuscirà a risolvere senza incorrere in pericolose crisi di nervi prenatalizie.---
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