George Lombardi, immobiliarista e scrittore (autore del libro “Libertà e Progresso Economico”), ha curato parte della campagna elettorale sui social network di Donald Trump, con il quale conserva anche adesso un rapporto più “personale” che “politico”. In esclusiva per Byoblu ha ora fornito l’interpretazione autentica del famoso tweet di Trump al “caro Giuseppi”.
di Francesco Toscano
Cominciamo subito con l’approfondire i veri rapporti di potere che oggi condizionano la politica americana. Donald Trump ha cambiato la politica statunitense, imponendo uno stile che i democratici non tollerano. Secondo i grandi giornali italiani il gradimento interno del Presidente Trump crolla inesorabilmente con il passare del tempo. È così?...
Queste sono ricostruzioni “forzate”. C’è un contrasto spinto fra i Repubblicani e i Democratici, considerato che questi ultimi si stanno spostando sempre di più su posizioni di estrema sinistra, attaccando Israele e spalleggiando per giunta le fazioni dell’islamismo radicale inclini all’uso del terrorismo. Esiste una dialettica sempre più accesa fra questi due grandi partiti, questo è vero, ma solo questo.
Quindi Trump conserva un livello ancora alto di popolarità? Ritieni probabile una sua riconferma alle elezioni presidenziali che si terranno il prossimo anno?
Assolutamente sì. Noi seguiamo i social media, che sono molto più attendibili delle elucubrazioni dei giornali o dei sondaggi “classici”. Sui social media la gente è più sincera, più propensa a dire quello che pensa per davvero. Quando invece l’elettorato è interpellato per telefono spesso maschera le sue reali intenzioni. L’esperienza racconta questo. Oggi i nostri dati ci dicono che il 60% degli americani ha fiducia in Donald Trump.
A proposito di social media. Tu hai curato la campagna in rete del Presidente nel corso della precedente e vittoriosa campagna elettorale. I social media sono davvero diventati più decisivi e potenti dei tradizionali strumenti di informazione? Si vincono in rete oggi le elezioni per la Casa Bianca?
I giornali “mainstream” conservano una grande influenza, ma i social media diventano sempre più decisivi. In Italia il Movimento 5 Stelle non esisterebbe senza Internet. Noi abbiamo fatto qualche consulenza in Francia, in Olanda, in Inghilterra per Farage e anche in Italia.
Tu sei stato spesso ospite di Vespa a Porta a Porta, mentre la stampa italiana ti dipingeva come un “pontiere” fra i sovranismi europei e l’inner circle del Presidente Trump. Ti riconosci in questa immagine?
No. Io non rivesto un ruolo né partitico, né istituzionale e non sono quindi la chiave giusta per aprire le porte della Casa Bianca. Con il Presidente Trump ci confrontiamo di tanto in tanto prevalentemente su questioni sociali e culturali. Finita la campagna elettorale coltivo adesso con il presidente Trump ottimi rapporti personali e amicali, ma non politici in senso stretto.
La grande stampa, non solo quella italiana – a dire il vero -, ha però scritto che molti leader europei ti hanno contattato affinché tu li aiutassi a incontrare Trump. Dicono per esempio che tu abbia tentato senza successo di agevolare un dialogo tra Marine Le Pen e il Presidente Trump, è vero?
Sì, questo è vero. Marine è stata spesso ospite da me, ma per accreditarsi presso Trump avrebbe dovuto affrancarsi in maniera ancora più netta e perentoria dall’ombra lunga del padre Jean-Marie, personaggio scomodo e oltremodo ingombrante. Marine però disse: «È pur sempre mio padre». Queste dinamiche l’hanno penalizzata fortemente, inducendo molti uomini vicini al Presidente a sconsigliare l’incontro.
Parliamo di Italia. Avrai certamente seguito la nascita del Conte bis, l’uscita di Salvini dalle stanze del Governo e la contestuale formazione di un’alleanza inedita fra partiti che fino al giorno prima si insultavano ferocemente. Ti piace il nuovo governo italiano? Potrà far bene?
È una manovra di Palazzo. Serve solo a garantire le poltrone e non è in sintonia con il volere del popolo italiano. Capisco però che si tratta di un’operazione formalmente corretta sotto il profilo costituzionale. Credo che Conte sia stato “ipnotizzato” da Angela Merkel, grande amica di George Soros. Sia Soros che Merkel sono nemici di Trump e dell’America. Soros mira a distruggere tutto quello che incontra per poi ricostruire a modo suo. Ha distrutto Nazioni intere, l’Ungheria per esempio. La Merkel rappresenta invece – sotto altra forma – il ricorrente sogno dell’egemonia tedesca, quella che si respirava nell’Europa del 1942. Sono due personaggi che hanno “preso in consegna” Conte. Salvini, però ha fatto un grave errore: non ha capito quanto fosse forte il desiderio dei grillini di rimanere attaccati alla poltrona. Salvini doveva limitarsi a chiedere ai grillini la sostituzione di Conte, uomo oramai passato nel campo dei “globalisti”, senza avviare una “crisi al buio” che poi non è stato in grado né di gestire, né di controllare.
Tu quindi affermi che il Conte bis è una creatura di Merkel e Soros, uomini che da tempo impongono a viso aperto la linea di marcia a tutti i popoli incasellati dentro questa “sovrastruttura burocratica” chiamata Unione Europea. Nel farlo, però dimentichi un particolare importante: c’è un tweet di Trump che si congratula con “Giuseppi” Conte per il suo ritorno a Palazzo Chigi. Possibile che proprio tu, che curavi i social di Trump, non te ne sia accorto?
Il tweet di Trump di congratulazioni per Conte è stato scritto l’ultimo giorno del G7 (incontro che vede riunirsi i leader dei Paesi più industrializzati, ndr), mentre Trump partiva dalla Francia. Macron, che è nelle mani della Merkel, ha parlato a Trump del ritorno al potere di Conte in Italia magnificandone il significato. Mentre scriveva il tweet, Trump non aveva ancora chiari tutti gli elementi fondamentali di questa faccenda. Bisogna capire che in America è inconcepibile vedere lo stesso Primo ministro che rappresenta da un giorno all’altro compagini politiche totalmente diverse, avversarie fino a un minuto prima. Trump non sapeva in quel momento che il nuovo Conte era espressione di quelli che fino al giorno prima lo attaccavano con forza.
Mentre scriveva il tweet Trump quindi non sapeva che il nuovo Conte era cosa ben diversa da quello vecchio? Non sapeva cioè che il nuovo esecutivo era figlio di una operazione “trasformistica” che aveva cambiato il colore della maggioranza da “gialloverde” in “giallofucsia” lasciando al suo posto, però lo stesso Premier?
Per chi fa politica dentro un sistema presidenziale tutto questo è incredibile. Non è semplice afferrare automaticamente il senso di una operazione di questo tipo. Sarebbe come immaginare un Trump che domani si presenta davanti al Congresso americano e dice: “Bene, io ora parlo per il Partito Democratico”. Questa cosa vista da qui sembra una barzelletta.
Ci stai dicendo che Trump ha scritto un tweet così importante senza rendersi conto del significato politico delle sue parole? Che elementi hai per offrire in maniera così perentoria questa versione dei fatti?
Quello che io dico è sicuro al mille per mille. Subito dopo che Trump ha mandato quel tweet, in tantissimi – me compreso – siamo rimasti scioccati. Appena Trump è arrivato a Washington dalla Francia, tutti i suoi collaboratori più stretti gli hanno fatto notare che aveva commesso un errore. Trump ha capito di avere sbagliato, ma non ha voluto rettificare preferendo lasciare cadere la cosa nel dimenticatoio. Successivamente, però tanti esponenti conservatori – specie quelli che conoscono la politica estera come Rudy Giuliani o Mike Pompeo – hanno infatti “aggiustato il tiro”, senza però mettere troppo in risalto l’errore del Presidente, naturalmente.
Quindi tu ci stai dicendo che il Conte Bis non è nato in realtà sotto i buoni auspici e la protezione dell’attuale Governo americano?
Esattamente. Il nuovo Governo Conte è stato bravo a sfruttare questo errore. Adesso ci vorrà del tempo per fare capire alla gente che si è trattato di un “malinteso”, di un nostro sbaglio. Sono cose che succedono.
Magari se la comunicazione social l’avessi curata ancora tu, questo inconveniente non sarebbe capitato…
Questo è sicuro.
In Italia tanti commentatori hanno scritto che Trump ha “mollato” Salvini. Non è vero neanche questo?
Dal punto di vista politico noi e Salvini restiamo “fratelli” e “cugini”. La lotta all’immigrazione selvaggia, la lotta alla droga, la lotta al deep state, la lotta al globalismo e al comunismo di Maduro in Venezuela, e al terrorismo istituzionalizzato dell’Iran, sono temi che pongono oggettivamente Trump e Salvini dalla stessa parte della barricata.
Prima hai usato un termine importante, “deep state”, spesso utilizzato anche in Italia. Negli Stati Uniti si parla molto del ruolo svolto da alcuni uomini del “potere profondo”, uomini che avrebbero tramato al fine di orchestrare il “Russiagate” contro Trump. In Italia invece i media più importanti non ne parlano. Cosa sta succedendo?
Qui il dibattito è aperto. Ci sono state negli ultimi mesi parecchie verifiche da parte del Dipartimento di Giustizia americano su questo tema. Nel mirino della giustizia sono finite molte figure dei Servizi segreti, dell’Fbi, ma anche della Cia. Siamo quindi costretti a combattere contro forze istituzionali, contro gente piazzata nei posti sensibili – prima da Clinton e poi da Obama – per fare lotta partitica. L’ex capo della Cia J. Brennan, per esempio, da giovane era un membro del Partito Comunista degli Stati Uniti d’America. È normale affidare proprio la guida della Cia a un personaggio con questo “curriculum”? Per me è fantascienza. Clinton e Obama hanno infarcito il “deep state” americano di gente di questo tipo. Finalmente la verità sul Russiagate sta venendo alla luce e tutti quelli che hanno compiuto gravi crimini rischiano di finire in galera per molti anni.
Negli Stati Uniti si parla non solo del coinvolgimento di uomini della Cia e dell’Fbi, ma anche di appartenenti ai servizi di intelligence di Paesi stranieri, Italia compresa.
Dell’Italia non ho sentito molto, ma ho sentito parlare molto del ruolo dell’Inghilterra. Un agente dell’MI6, un certo Steele, ha passato una serie di informazioni ad amici suoi dell’Fbi, inventandosi una serie di contatti. C’è il sospetto che questo Steele sia stato pagato 600 mila dollari nell’ambito della campagna elettorale di Hillary Clinton. Se Clinton può davvero pagare un agente segreto del servizio britannico per fargli predisporre un falso dossier su Trump e i russi, pensate cosa potrebbe combinare in altri Paesi con un tessuto democratico più debole. Ma oramai anche in Inghilterra i servizi sono stati infiltrati, hanno buchi dappertutto. Come il formaggio groviera.---
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