domenica 15 settembre 2019

(Bartolomeo Prinzivalli) – Avverbi di tempo...Fuori dall’Euro, chiusura TAP entro quindici giorni, l’ILVA diverrà un parco giochi, bloccheremo il TAV, mai con questo o quello




I tempi cambiano, le situazioni si evolvono e richiedono approcci differenti. Ecco, forse in questa frase è racchiusa la sintesi di ciò che è avvenuto all’interno del MoVimento nell’arco degli anni, all’esponenziale crescita di consenso, opportunità e responsabilità; chi ne ha seguito le vicende dagli albori ha compreso che non si tratti di un’entità statica, monolitica, immutabile, e che molte delle regole e dei cardini abbiano subito modifiche per necessità o convenienza. Probabilmente l’obiettivo primario, il bene collettivo, è rimasto il medesimo, ma è il metodo ad essere variato sensibilmente, causando immancabili malumori in coloro che non hanno sviluppato la stessa capacità e gli stessi tempi di adattamento, semplicemente perché ogni singolo essere umano ha bisogno dei suoi, sia di accettazione che di reazione....
Dall’utopia al pragmatismo il percorso non è semplice né breve né unico, e non tutti sono disposti ad affrontarlo alla stessa velocità o senza perdersi fra i numerosi bivi disseminati lungo il tragitto. Ma forse aiuterebbe anche una comunicazione più appropriata, fatta di slogan meno netti e lapidari; una forza politica così cangiante dovrebbe abbandonare avverbi di tempo come “sempre” e “mai”, allo scopo di evitare le successive recriminazioni di coloro che si sentissero traditi dallo sgradito cambio di direzione.
Fuori dall’Euro, chiusura TAP entro quindici giorni, l’ILVA diverrà un parco giochi, bloccheremo il TAV, mai con questo o quello, sono errori da non ripetere, utilissimi in campagna elettorale ma con strascichi pesanti e responsabilità notevoli quando per svariati motivi non trovano compimento, per l’esistenza di documenti vincolanti pregressi o se per forza di cose si è costretti a passare dalla promessa al compromesso. Questo a meno che non si consideri la politica l’arte di prendere per il culo la gente, pratica tra l’altro da sempre in uso nel resto dell’arco costituzionale, da cui è necessario differenziarsi.
Occorre imparare a riconoscere i propri limiti, ad essere franchi, ad essere onesti, mostrando chiaramente le proprie intenzioni senza bisogno di prodursi in proclami roboanti, patti solenni che diverranno parole al vento: faremo il possibile, cercheremo di ottenere, ce la metteremo tutta, sono sufficienti a far intendere i propri proponimenti, le proprie volontà, senza per questo compromettersi o venire accusati per eventuali esiti negativi.
La prima promessa non mantenuta ci sta, può essere considerata frutto di inesperienza, la seconda d’ingenuità, poi di leggerezza, ma dopo la quinta perseverare significa essere coglioni o mentire scientemente, costringendo chi rilanciava con orgoglio i “senza se e senza ma” a salti mortali e capriole per giustificare sia i se che i ma perdendo faccia e dignità di fronte ad amici, parenti e conoscenti, ma soprattutto allo specchio.
Adesso basta.
Per quanto riguarda la tragedia del ponte Morandi e la revoca ad Atlantia non è più il tempo delle parole, degli editti, della semantica interpretabile o degli ultimatum fini a sé stessi; o si agisce evitando di parlarne se non a fatto compiuto o è meglio tacere sull’intera faccenda relegandosi al vergognoso silenzio. Perché quarantatré persone sono morte e quelle lapidi invocano giustizia, perché nel mentire ad un elettorato conquistato perché stanco delle menzogne non c’è giustificazione che tenga, e perché stavolta quel popolo i forconi li imbraccerà davvero, senza avverbi di tempo che riescano a lenirne la rabbia…---

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