(Gian Antonio Stella – Corriere della Sera) –
«Come disse Isaia: per amore del mio popolo non tacerò». Andiamo bene. Se qualcuno pensava (pochi) che il nuovo Matteo Renzi fuori dai giochi delle primarie (pare) e delle prossime Europee avrebbe forzato la sua natura chiudendosi nel silenzio, eccolo subito smentito. Nel libro Un’ altra strada. Idee per l’ Italia di domani , scritto per Marsilio, l’ ex presidente del Consiglio rifiuta ogni lavacro. «Io penso che ci si penta in chiesa e non in politica. A differenza dei comunisti, penso che se uno si deve pentire si pente davanti a un confessore. Non vengo dalla cultura comunista, come penso si sia visto anche sulla vicenda Maduro. Che qualcuno difenda la dittatura comunista per me è insopportabile».
Ammette i suoi errori, come «quando sono arrivato a Palazzo Chigi. Non ho investito su una comunicazione social: ho solo lavorato su Twitter. Ho trascurato i social. E intanto Twitter è morto». E ancora: «Non essermi dimesso definitivamente subito dopo la sconfitta». Ma niente «terapia di gruppo, non l’ avranno. Anche perché penso che noi eravamo davvero meglio di come sono loro ora»...
Loro, ovviamente, sono il governo gialloverde guidato da quel Giuseppe Conte di cui Renzi pare proprio non aver molta stima: «Dice che è l’ avvocato del popolo: ma quando mai! Ero io l’ estraneo, il barbaro, l’ anti-establishment. Lui è l’ establishment. Non a caso diventa professore messo in cattedra da Alpa, sul cui concorso i dubbi sono enormi. È sempre stato dentro le cose. Ci ricordiamo i gran complimenti che ci faceva quando eravamo al governo noi. Conserviamo ancora i messaggini di lode»...
Ma basta col passato: «Voglio parlare del futuro. Di idee. Di Steven Pinker, del suo rilancio dell’ illuminismo oggi, del rifiuto del pessimismo. O di Ian Goldin, che da Oxford ci parla di un nuovo Rinascimento e dice che in realtà siamo nell’ età dell’ oro. Mai come in questo momento l’ Italia ha delle occasioni. Mondo piatto, globalizzazione, prodotti di qualità, piccolo Paese che può andare in tutto il mondo. Il mio libro è un inno al futuro. Sei punti: Europa contro nazionalismo, cultura contro ignoranza, futuro contro paura, doveri e non solo diritti, lavoro e non sussidi, verità contro fake news. Inaccettabili».
Come quelle, ammicca, sull’ Air Force Renzi, di cui ostenta un modellino sul tavolo: «L’ ho messo lì perché lo vedano tutti.
Certi imbarazzi. Come venissero a casa del morto: “Ma quello”. Sì, rispondo: è il mio aereo. Una provocazione. Perché quella sull’ aereo milionario (dove non sono mai salito, peraltro) è la fake più grossa di tutte. Come quella della legge “ad cognatum” fatta per evitare guai al marito di mia sorella sui soldi Unicef. E altre ancora. Decideranno i tribunali. Scrivi le parole “ad cognatum”? Vediamo cosa ne pensano i giudici. Scrivi “Renzi è un incapace”? È un tuo diritto. Scrivi “Renzi è un ladro”? Ti stecco».
Il presente politico, giura, è in sottrazione. «Adesso faccio il mio lavoro di senatore. Sto più tempo in famiglia. Giro il mondo a fare conferenze. Guadagno bene. Vado in Cina, in America, in Europa, a Dubai. A Stanford vedo Fukuyama che sta ragionando sul populismo.
Il populismo non è Di Maio e Salvini, è una corrente mondiale che va da Trump a Bolsonaro in Brasile a Duterte nelle Filippine». Sul ritorno, l’ ex premier non lascia spazio a dubbi. Sotto sotto ci spera? «Non sotto sotto: sopra sopra. Io sono tranquillo. So che la ruota gira. E che il tempo è galantuomo».
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