(pressreader.com) –
Lo so, cari lettori, vado contro i miei interessi di direttore e azionista del Fatto. Ma vi invito, per puro spirito altruistico, a dare ogni tanto una sbirciatina a La Stampa, giornale un tempo della Fiat e ora del Tav (anzi, “della” Tav: anche per la Busiarda quel treno è femmina). È uno spasso e non voglio tenermelo tutto per me. Dovete sapere che La Stampa è un quotidiano dichiaratamente anti-populista (ci scrive Johnny Riotta che, non avendo lettori, detesta qualunque accenno al popolo) e anti-sovranista (con la trascurabile eccezione della famiglia reale Agnelli-Elkann). Ma anche filo-Ue (se non fosse scritto in italiano, parrebbe un giornale straniero), filo-Usa (salvo quando gli americani osano disobbedire alla Stampa ed eleggere Trump) e dunque anti-Russia (qualunque cosa accada in Occidente che non piace alla Stampa, è colpa di Putin: comprese le fake news, escluse quelle che racconta La Stampa). Con queste robuste premesse, il Nemico Pubblico Unico è il governo 5Stelle-Lega. Poi però, purtroppo, accadono alcune cosucce. La Stampa è Sì Tav, e Salvini pure. La Stampa sta col partito degli affari nascosto dietro sette madamine, e Salvini pure. La Stampa adora il golpista massone venezuelano Guaidò, e Salvini pure. La Stampa, come i suoi padroni, vuole che non cambi nulla, e Salvini pure. La Stampa stravede per Macron, anzi se non avesse lettori a Cuneo uscirebbe direttamente in lingua francese, e Salvini vuole fare la pace con Macron mentre il M5S fa la guerra...
E così Salvini diventa il beniamino de La Stampa, costretta a derubricare a dettagli il suo antieuropeismo e il suo filoputinismo, e a mettere in naftalina tutti i giornalisti che la menavano un giorno sì e l’altro pure con le fake news, i troll e i rubli made in Russia. Non solo: ieri La Stampa dedicava un’intera pagina d’intervista a Salvini, e non in veste di vicepremier, o di ministro dell’Interno, o di leader della Lega, o di imputato per sequestro di persona aggravato, bensì in quella di critico musicale. L’altra sera, quando la collega Michela Tamburrino l’ha raggiunto a domicilio, Salvini s’è allarmato non poco: ora questa cattivona mi bersaglierà sui miei rapporti con Mosca, i miei attacchi all’Ue, ai migranti e alle Ong, i 49 milioni rubati dalla Lega. Infatti era pronto a estrarre dal guardaroba i consueti travestimenti: uniforme da cosacco, camicia bruna lepenista, giubbotto della Polizia, divisa della Protezione civile, calzamaglia verde con piede di porco ecc. Invece niente: l’intervistatrice voleva sapere di Sanremo, nel senso di festival della canzone.
L’incipit è straziante: “Salvini è tornato a casa dopo una giornata che definisce ‘delirante’. Mangia troppo, tardi, disordinato e dorme 5 ore a notte”. Che vita, povera stella. “Si cucina pasta con il ragù confezionato e tonno fresco che gli ha portato un amico dalla Puglia. Tutto insieme? Sì e poi il cedro affettato con il miele sopra”. Non fa in tempo a finire il boccone, che già parte, a tradimento, la prima domanda da ko: “Ma lei sa di aver vinto a suo modo il festival? Era il convitato di pietra, si parlava molto di lei”. Lui “ride”, e ne ha di che. Ma si becca un uppercut in pieno mento: “Pio e Amedeo parlavano di lei e lei si è fatto la foto con loro alla tv. Le sono piaciuti?”. Poi una raffica di ganci destri e sinistri: “Ma allora Baglioni le piace?”. “Sentendo ‘E tu’ l’altra sera con chi avrebbe voluto stare accoccolato ad ascoltare il mare?” (allusione terribile ai 177 migranti sulla Diciotti nel porto di Catania; ma lui, furbo, non raccoglie). “Ma la sua vita è più spericolata oggi o quando ha preso la Lega morente ed è partito in tour per l’Italia?”.“I suoi cantanti preferiti?”.“Questo festival la diverte?”. “C’è una canzone che ha segnato un momento importante della sua vita?”. “Aspetta qualche appuntamento musicale più di altri?”. “Va ai concerti con suo figlio?”. “Baglioni si è detto lusingato per avere una persona tanto illustre come spettatore. Bisio ha detto che lei è simpatico… Non starà diventando troppo popolare?”. Manca il classico “Lei come fa a essere così bravo?”, ma solo perchè Salvini, in coma diabetico, le indica la porta con la punta del mitra mentre affoga nella saliva.
Resta da gestire lo sconcerto dei lettori allevati a pane, Cia, Riotta e Troika (a Cuneo già si segnalano i primi tumulti per la svolta salviniana). E, per tenerli buoni, ecco un’intervista all’economista francese Jacques Attali, scopritore e consigliere di Macron. Il quale rassicura lo stampista medio con una tipica dichiarazione distensiva: “L’unica soluzione definitiva è un nuovo governo a Roma”. Un bel golpe, tipo Venezuela: si potrebbe invitare Maria Elisabetta Casellati Alberti Vien Dal Mare a fare la Guaidò de noantri, cioè ad autoproclamarsi premier, poi riconoscerla tutti e vedere di nascosto l’effetto che fa. Nell’attesa, si annaffiano e concimano le quinte colonne dell’Ancien Regime nel governo gialloverde. Di qui la terza intervista di giornata: a Giovanni Tria. Non una, ma due pagine. Anche perchè “il professore ha le dita che tamburellano sul tavolo, come a sottolineare la consapevolezza della difficoltà del momento” (quando le cose vanno bene, invece, le dita se le ficca nel naso). Indovinate un po’ che ricetta ha in mente per tutti i guai dell’Italia? “La Tav”. Ma va? “Non voglio entrare nella questione costi-benefici (è solo il ministro dell’Economia, mica dell’Agricoltura e Foreste, ndr), ma ho detto più volte che ritengo sia un’opera utile da realizzare”. E perchè 8 mesi fa entrò in un governo che ha nel programma l’impegno a “ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”? Ah saperlo. L’intervistatore preferisce evitare la domanda: Tria si era preparato su Sanremo.--
“IL FESTIVAL DI SANMATTEO”, di Marco Travaglio sul Il Fatto Quotidiano del 10 Febbraio 2019
Nessun commento:
Posta un commento