Mosca offre agli USA una via d'uscita in Siria e in Yemen. Ma se Washington sceglie questa strada, dovrà abbandonare certi suoi alleati.
«Sotto
i nostri occhi» - Cronaca di politica internazionale n°206
di Thierry Meyssan.
Analisi del cambiamento d'ordine
mondiale
Washington
cerca di tenere le sue posizioni senza dover scatenare la Terza Guerra
mondiale. Ma la scommessa sembra impossibile da reggere. Mosca le offre una via
d'uscita in Siria e in Yemen. Ma se gli Stati Uniti scegliessero questa strada,
dovrebbero abbandonare certi loro alleati.
Nell'illustrazione: Un'aquila calva, simbolo degli
Stati Uniti.
DAMASCO (Siria) - Dopo
la rottura della cessazione delle ostilità dell'Eid, si manifesta un crescente
divario tra l'atmosfera spensierata delle società occidentali e la gravità
delle società russe e cinesi.
A Mosca, la televisione trasmette servizi
sui rifugi antiatomici e sui giochi di squadra di "corse a ostacoli per
combattenti". Mentre a Washington si prende in giro la paranoia dei russi
che credono nella possibilità di una Terza Guerra mondiale.
Eppure i due Grandi s'inviano messaggi da
far rizzare i capelli in testa. Dopo le minacce statunitensi di attacchi aerei in
Siria, Mosca ha rotto l'accordo sulla limitazione delle scorte di plutonio e messo
a punto il suo sistema di lancio delle bombe nucleari lanciando tre missili
intercontinentali.
Il portavoce dell'armata russa ha messo in
guardia i suoi omologhi e ha annunciato che il suo armamento era in grado di
distruggere qualsiasi velivolo USA, sia che si trattasse di missili da crociera
sia di aerei stealth.....
Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito
degli Stati Uniti, con orgoglio ha replicato che in caso di guerra frontale, le
forze aeree e marine dei due eserciti sarebbero rapidamente neutralizzate, e
che Washington avrebbe vinto sul terreno.
Tratto da: pandoratv.it/?p=11656.
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Il suo discorso marziale ha impressionato ben
poco i russi ma ha preoccupato i membri del Congresso, al punto che 22 di loro
hanno scritto al presidente Obama chiedendogli di impegnarsi a non scatenare per
primo la guerra nucleare. Mosca ha dato istruzioni ai suoi diplomatici presso i
paesi della NATO affinché rimpatrino le loro famiglie e di essere pronti a far
ritorno essi stessi.
Una volta i romani assicuravano che "Se
vuoi la pace, prepara la guerra!" (Si vis
pacem, para bellum). L'idea è che in occasione di disaccordo
internazionale, la vittoria sarà ottenuta, senza guerra, da colui che sembri in
grado di prevalere con la forza delle armi.
Orbene, il fatto è che la popolazione russa
si sta preparando alla guerra (per esempio, questa settimana 40 milioni di
russi partecipano a esercitazioni con evacuazioni di edifici e di lotta contro
gli incendi), mentre gli occidentali se la spassano nei centri commerciali.
Ovviamente c'è la speranza che la ragione
prevalga e che eviteremo la guerra mondiale. In ogni caso, queste rodomontate
testimoniano che quel che è in gioco, qui in Siria, da cinque anni, non quel
che crediamo. Se all'inizio, per il Dipartimento di Stato, si trattava di
realizzare il suo piano della "Primavera araba", vale a dire il
rovesciamento dei regimi laici della regione e la loro sostituzione con i
Fratelli Musulmani, la Russia e la Cina hanno concluso rapidamente che il mondo
non poteva più essere governato dagli Stati Uniti e che questi non potevano più
decidere la vita e la morte dei Popoli.
Nel tagliare la Via della Seta storica in
Siria, e la nuova via della seta in Ucraina, Washington ha fermato lo sviluppo
della Cina e della Russia. Le ha spinte nelle braccia l'una dell'altra.
L'inaspettata resistenza del popolo siriano
ha costretto gli Stati Uniti a mettere in gioco il proprio dominio mondiale. Il
mondo, che era diventato unipolare nel 1991 con l'operazione "Desert
Storm", è in procinto di cambiare e diventare bipolare, e forse in seguito
multipolare.
Nel 1990-91 il cambiamento dell'ordine
mondiale era avvenuto senza guerra (l'invasione dell'Iraq non ne era la causa bensì
la conseguenza), ma al prezzo del collasso interno dell'Unione sovietica. Il
tenore di vita degli ex sovietici si ridusse drasticamente; le loro società furono
profondamente disorganizzate; le loro ricchezze nazionali saccheggiate con il
pretesto di essere privatizzate; e la loro speranza di vita diminuì di oltre 20
anni. Dopo aver creduto che questa sconfitta fosse quella del modello sovietico,
ora sappiamo che la caduta dell'URSS era anche - forse soprattutto - il risultato
del sabotaggio dell'economia da parte della CIA.
Non è dunque impossibile giungere a un riequilibrio
globale, senza confronto generalizzato. E, per evitare la Guerra Mondiale, il
centro della discussione tra John Kerry e Sergey Lavrov si è spostato dalla
battaglia di Aleppo a un cessate il fuoco generale che valga sia per tutta la
Siria sia per lo Yemen. Così è stata appena annunciata una tregua di 8 ore ad Aleppo
e di 72 ore in Yemen.
Il problema è che gli Stati Uniti non possono
retrocedere dal primo posto indiscusso - di cui si erano impadroniti e che
hanno mal utilizzato - fino all'uguaglianza con la Russia senza pagarne il
prezzo, loro o i loro alleati .
Stranamente i cinque stati arabi, la
Turchia e l'Iran, che sono stati invitati Sabato a Losanna da Kerry e Lavrov, sono
usciti soddisfatti dalla riunione. Eppure era il loro futuro a essere in
questione. Nessuno di loro sembra pensare che certe teste debbano cadere, come sono
cadute quelle dei dirigenti del Patto di Varsavia. Nella situazione attuale, è
possibile astenersi dal distruggere una parte dell'Umanità, ma l'importanza del
declino statunitense verrà misurata dal numero e dall'importanza degli alleati
che sacrificheranno.
Thierry Meyssan, 18 ottobre 2016
Traduzione a cura di Matzu Yagi.http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=126671&typeb=0&il-prezzo-del-declassamento
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