Il pasticcio del Monte del Tempio di Gerusalemme negato agli ebrei è solo l'ultimo dei disastri dell'Onu. Ormai un'organizzazione delegittimata.
di Fulvio Scaglione.
La sai l'ultima sull'Onu
Come nell'italica saga dei carabinieri, le Nazioni Unite offrono un
campionario sempre più vasto di ragioni per sghignazzare, mentre dal
rango di ente inutile stanno rapidamente passando a quello di ente
ridicolo. L'ultima barzelletta l'ha prodotta l'Unesco (l'agenzia
dell'Onu per la cultura, la storia e la scienza), approvando una
risoluzione in cui il Monte del Tempio di Gerusalemme è indicato solo
con il nome arabo (Al Haram al-Sharif; in ebraico Har aBayt) e in cui si
nega di fatto qualunque connessione tra gli ebrei e il Monte stesso.
È un'idiozia storica e
religiosa. Il tempio di Salomone fu costruito sul Monte nel decimo
secolo avanti Cristo e da allora è il punto di riferimento per gli ebrei
di tutto il mondo che, dopo le distruzioni portate dai Romani, venerano
l'unica vestigia rimasta della costruzione originale: il Muro
Occidentale.....
Che sia un luogo sacro
all'Islam perché, secondo la tradizione, Maometto venne assunto in cielo
proprio dalla roccia situata sul Monte e oggi contenuto nella Cupola
della Roccia (appunto) e sacro ai cristiani, perché su di esso si
svolsero molti capitoli della predicazione di Gesù, non cambia le cose.
Anzi, per l'Unesco le peggiora: perché assegnare all'Islam un monopolio
che non può esistere?
L'idiozia, però, è anche
politica. Intanto, la risoluzione è stata promossa da Algeria, Egitto,
Libano, Marocco, Oman, Qatar e Sudan, un mazzetto di quei Paesi che non
fanno nulla per aiutare i palestinesi a promuovere i loro giusti
diritti, ma non lesinano gli sforzi quando si tratta di prendere
posizioni di principio insostenibili che servono solo a tenere i
palestinesi in un perenne stato di inutile incazzatura e, alla fin fine,
ad aiutare i governi di Israele.
Netanyahu e i suoi,
infatti, sono stati prontissimi ad approfittare della scemenza
dell'Unesco per gridare come al solito (ma questa volta con ragione) al
complotto, facendo così passare sotto silenzio ciò che la demenziale
risoluzione comunque chiede a proposito della gestione e del controllo
del Monte del Tempio.
Tanto più che una
risoluzione analoga era stata approvata già in aprile (scemenza doppia,
quindi) ma con numeri assai peggiori per la causa di Israele. Allora 33
Paesi avevano votato a favore, adesso "solo" 24, con 26 astenuti tra i
quali l'Italia (ma perché non votare contro?) e cinque Paesi (Francia,
Svezia, Slovenia, India, Argentina e Togo) passati dal voto a favore
all'astensione.
Infine, per completare
il quadro, va registrata la posizione di Irina Bokova, direttore
generale dell'Unesco, che con una dichiarazione ufficiale ha subito
sconfessato la risoluzione, dicendo senza giri di parole che «l'eredità
di Gerusalemme è indivisibile e che ognuna delle sue comunità ha diritto
a un esplicito riconoscimento della propria storia e del proprio legame
con la città. Negare o cancellare qualunque tradizione ebraica,
musulmana o cristiana mina l'integrità del sito e va contro i principi
che hanno motivato la sua iscrizione nella lista dei patrimoni
dell'umanità dell'Unesco».
Insomma, un grottesco
pasticcio. Niente paura, però. L'inghippo diplomatico si scioglierà
presto: Israele ha minacciato di sospendere i finanziamenti all'agenzia
Onu e questo risolverà ogni questione. Il fatto è che, ancor più con la
gestione del pallido segretario generale Ban ki-Moon, le Nazioni Unite
ci hanno abituato a pagliacciate di questo genere.
L'Onu è ormai una specie
di self service in cui le nazioni più potenti prendono ciò che loro
serve, alla faccia di qualunque altra considerazione. Non c'è impresa
disumana e disastrosa a cui l'Onu non abbia prima o poi apposto il
proprio timbro. Bush e Blair si inventano la guerra per occupare l'Iraq?
L'Onu traccheggia e poi acconsente, anche se le sue stesse agenzie (nel
2003 quella per l'Energia atomica, che negava l'esistenza di armi di
distruzione di massa in Iraq) le spiegano dove sta la ragione.
Nel 2011 in Libia stessa storia: il Consiglio di sicurezza Onu decreta
la "no fly zone", poi Francia, Gran Bretagna e Usa iniziano i
bombardamenti e nessuno apre bocca, men che meno Ban-kiMoon.
Nel Rapporto annuale del Rappresentante speciale dell'Onu sui bambini e i conflitti armati si menziona anche l'Arabia Saudita tra i Paesi che violano i diritti dei bambini a causa dei ripetuti bombardamenti sulle scuole e sui centri abitati che i sauditi compiono nello Yemen. Apriti cielo. I sauditi alzano la voce e minacciano di non mettere più un dollaro nelle casse delle Nazioni Unite. Prontamente, il buon Ban ki-Moon prende la gomma e cancella l'Arabia Saudita dal Rapporto. I diritti umani, di fatto, vanno all'asta.
Ma per illustrare a
perfezione il recente andazzo dell'Onu basta il caso dell'Arabia
Saudita,Paese noto per il suo regime oppressivo e per il sostegno da
decenni offerto al radicalismo e al terrorismo islamico. Nel settembre
2015 Faisal bin Hassan Thad, ambasciatore saudita presso l'Onu, viene
nominato presidente del Comitato consultivo del Consiglio Onu sui
diritti umani. In pratica, diventa colui che sceglie gli "esperti" che
devono pontificare sui diritti umani nel mondo. È una specie di
mordacchia che l'Onu si mette da solo, visto che proprio l'Arabia
Saudita ha respinto otto richieste di ispezione degli esperti dello
stesso Consiglio Onu, avendo acconsentito l'ultima volta nel 2008.
La cosa non manca di
produrre in fretta frutti importanti. Amnesty International e Human
Rights Watch denunciano che il regime saudita approfitta della nomina di
Faisal bin Hassan Thad, e della relativa influenza sulle Nazioni Unite,
per commettere "gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani" sia
all'interno dei propri confini sia all'estero.
Ma lo scandalo vero
esplode nel giugno di quest'anno. Nel Rapporto annuale del
Rappresentante speciale dell'Onu sui bambini e i conflitti armati si
menziona anche l'Arabia Saudita tra i Paesi che violano i diritti dei
bambini a causa dei ripetuti bombardamenti sulle scuole e sui centri
abitati che i sauditi compiono nello Yemen. Apriti cielo. I sauditi
alzano la voce e minacciano di non mettere più un dollaro nelle casse
delle Nazioni Unite. Prontamente, il buon Ban ki-Moon prende la gomma e
cancella l'Arabia Saudita dal Rapporto. I diritti umani, di fatto, vanno
all'asta.
Che ce ne facciamo di
una Onu ridotta in questo stato? A che serve? Non è evidente che le
Nazioni Unite si sono trasformate, anche, in una fabbrica di timbri di
legittimità per le peggiori porcherie?
Viene alla mente, in
proposito, la vicenda della Società delle Nazioni, antesignana dell'Onu.
Frutto della Conferenza di pace di Parigi del 1919-1920, nata cioè
sulle rovine della prima guerra mondiale, la Società si proponeva di
promuovere il disarmo, scongiurare le guerre e risolvere con la
diplomazia eventuali problemi nei rapporti internazionali.
Il presidente americano
Woodrow Wilson ebbe il Nobel per la Pace per questi propositi, un po'
come Barack Obama per il discorso del Cairo del 2009. Il tutto si
risolse con la seconda guerra mondiale e la bomba atomica e nel 1946 si
ebbe almeno il buon senso di sciogliere la Società delle Nazioni e fare
altro: l'Onu, appunto.
Ecco: non sarebbe
tornato il momento di fare altro? Di inventarsi qualcosa di più
dignitoso, se non anche più efficace? Perché dobbiamo continuare a
raccontarci che l'Onu ha una qualche influenza sulla condotta dei
diversi Paesi quando è ormai evidente che qualunque Paese, purché abbia
abbastanza armi o abbastanza soldi, riesce a influire sull'Onu?
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