Il britannico Telegraph pubblica un commento desolante su come
l’eurozona si sia (prevedibilmente) tradotta da catastrofe finanziaria a
catastrofe sociale, con una proporzione sempre crescente di persone in
povertà sia relativa che assoluta.
Il britannico Telegraph pubblica un commento desolante su come
l’eurozona si sia (prevedibilmente) tradotta da catastrofe finanziaria a
catastrofe sociale, con una proporzione sempre crescente di persone in
povertà sia relativa che assoluta.
Il britannico Telegraph pubblica un commento desolante su come
l’eurozona si sia (prevedibilmente) tradotta da catastrofe finanziaria a
catastrofe sociale, con una proporzione sempre crescente di persone in
povertà sia relativa che assoluta.....
euro con immagine dello Stivale
© flickr.com/ Don Carlier
E se l’Italia uscisse dall’euro?
Nel frattempo però nel resto d'Europa questa tendenza è molto più
contenuta o spesso opposta, a evidenziare indubitabilmente ciò che la
teoria aveva annunciato: l'euro è la singola principale causa di aumento
della povertà nel vecchio continente.
Le corse agli sportelli sono all'ordine del giorno. I mercati
obbligazionari vanno nel panico, e i governi del Sud-Europa necessitano
di bail-out [salvataggi economici, NdR] ogni pochi anni. La
disoccupazione è schizzata alle stelle e la crescita rimane asfittica,
non importa quante centinaia di miliardi di denaro la Banca Centrale
Europea stampi ed inietti nell'economia.
Banca Centrale Europea
© Fotolia/ VRD
L’Italia è il principale mistero politico dell’eurozona
Ormai siamo tutti annoiatamente consapevoli di come l'eurozona sia stata
un disastro finanziario. Ma ora inizia a diventare evidente che essa è
anche un disastro sociale. Quello che spesso viene omesso dalle
discussioni sui tassi di crescita, sui bail-out e sull'armonizzazione
bancaria è che l'eurozona sta diventando una macchina di impoverimento.
Mentre la sua economia è in stagnazione, milioni di persone stanno
cadendo in uno stato di vera e propria deprivazione. I tassi di povertà
sono aumentati vertiginosamente in tutta Europa, sia che li si misuri in
termini relativi che in termini assoluti, e gli aumenti peggiori si
sono verificati all'interno dell'area che adotta la moneta unica.
Non potrebbe esserci un atto d'accusa più scioccante del fallimento
dell'euro, o un promemoria più potente che gli standard di vita
cominceranno a migliorare solo se la moneta unica verrà sottoposta a
riforme radicali, o smantellata.
Monete euro e la bandiera italiana
© REUTERS/ Stefano Rellandini
Italia come Grecia: ricetta perfetta per il fallimento sociale
L'Eurostat, l'agenzia statistica dell'Unione Europea, ha pubblicato da
poco le ultime analisi sul numero di persone "a rischio di povertà o
esclusione sociale", confrontando i dati del 2008 con quelli del 2015.
Tra i 28 membri dell'Unione, cinque Paesi hanno sperimentato una
significativa crescita di questo valore, paragonato con l'anno del
crollo finanziario. In Grecia il 35,7% della popolazione rientra in
questa categoria, rispetto al 28,1% del 2008. Un incremento di 7,6 punti
percentuali. A Cipro l'incremento è stato di 5,6 punti percentuali: ora
il 28,7% della popolazione è classificato come "povero". In Spagna tale
valore è aumentato di 4,6 punti percentuali, in Italia di 3,2 punti, e
persino il Lussemburgo, difficilmente considerabile un Paese a rischio
di deprivazione materiale, ha visto il tasso di povertà salire al 18,5%
dal 2008, in aumento di tre punti.
Ma la situazione non è così tetra dappertutto. In Polonia, il tasso di
povertà è sceso dal 30,5% al 23%. In Romania, Bulgaria e Lettonia, ci
sono state considerevoli riduzioni della povertà rispetto ai valori del
2008 — in Romania, ad esempio, la percentuale e scesa di sette punti,
raggiungendo il 37%.
Cosa c'è di diverso tra i Paesi nei quali la povertà è aumentata in modo
drammatico, rispetto a quelli nei quali è diminuita? Avete indovinato.
Gli aumenti più significativi del tasso di povertà si sono tutti
verificati in Paesi all'interno della moneta unica. Ma le diminuzioni
sono state tutte nei Paesi al di fuori di essa
Bandiere di Grecia e UE
© REUTERS/ Yannis Behrakis
Grecia dice no alle sanzioni e sì al dialogo tra UE e Russia
E c'è di peggio. Sono definiti "a rischio di povertà" gli individui che
vivono con meno del 60% del reddito nazionale medio. Ma quello stesso
reddito medio è crollato negli ultimi sette anni, dato che la maggior
parte dei Paesi all'interno dell'eurozona devono ancora riprendersi
dalla crisi del 2008. In Grecia il reddito medio è sceso da 10.800 a
7.500 euro all'anno. In Spagna il calo non è stato altrettanto
drammatico, ma il reddito medio è comunque sceso da 13.996 a 13.352 euro
all'anno. Nella realtà, le persone stanno diventando più povere sia in
termini relativi che in termini assoluti.
Ci sono altri tipi di misurazione che rendono lampante il fenomeno. In
tutta l'UE, l'8% delle persone sono definite in stato di "grave
deprivazione materiale", il che significa che non hanno accesso a ciò
che la maggior parte delle società civilizzate considerano beni di prima
necessità — se si mette la spunta a quattro caselle su nove, caselle
che includono "non essere in grado di pagare il riscaldamento per la
propria abitazione" o "non poter mangiare un pasto a base di carne,
pesce o proteine simili almeno a giorni alterni", o "non avere soldi per
un telefono", allora si ricade in questa categoria.
Il premier italiano Matteo Renzi
© AFP 2016/ Yoshikazu TSUNO
Italia sull'orlo del baratro, ma il Governo pensa al referendum
Sorprendentemente, numerosi Paesi all'interno dell'eurozona stanno
cominciando ad essere in testa alle classifiche per questo tipo di
misurazioni. La Grecia sta inevitabilmente scalando la classifica, con
il 22% della sua popolazione che ad oggi è in stato di "grave
deprivazione materiale", rispetto a al solo 11% del 2008. In Italia, un
Paese che vent'anni fa era prospero come qualsiasi altro al Mondo, uno
scioccante 11% della popolazione si trova oggi in stato di "deprivazione
materiale", paragonato col 7,5% di sette anni fa. In Spagna il tasso di
deprivazione è raddoppiato, e a Cipro è aumentato di più del 50%.
Banconote da 50 euro
© flickr.com/ Remo
La lotta dei governi alle “caste” italiane ha solo aumentato la povertà
Eppure, se si analizzano i Paesi al di fuori della moneta unica, si
scopre che al loro interno quel tasso è sostanzialmente stabile (come
nel Regno Unito, ad esempio) o sta diminuendo a velocità di tutto
rispetto — nella Polonia attualmente in rapida crescita economica, ad
esempio, il tasso di persone in stato di "deprivazione materiale" si è
dimezzato negli ultimi sette anni e, al 7,5% odierno, è molto più basso
di quello registrato in Italia.
Questo è importante. L'UE si è fissata l'obiettivo di ridurre in maniera
significativa i principali indicatori di povertà entro il 2020. Sta
fallendo miseramente. Anzi, ancora peggio: sta diventando lampante che
una delle sue principali politiche, cioè la creazione dell'euro, assieme
ai vari "programmi di salvataggio", fiacchi e malriusciti che l'hanno
tenuto insieme a malapena, è ampiamente responsabile di questo
fallimento.
È difficile pensare che esista un'altra spiegazione plausibile per la
netta differenza tra il tasso di povertà dei Paesi all'esterno
dell'eurozona e quello dei Paesi al suo interno. Perché la Grecia o la
Spagna dovrebbero essere in uno stato così drasticamente peggiore di un
qualsiasi Paese dell'Est Europa? E perché l'Italia dovrebbe passarsela
peggio del Regno Unito, quando i due Paesi si trovavano a livelli di
ricchezza sostanzialmente simili durante gli anni novanta? (Gli italiani
per un certo periodo addirittura ci superarono come PIL pro capite).
Anche in un'economia tradizionalmente di estremo successo come l'Olanda,
che non è stata colpita da alcun tipo di crisi finanziaria, si sono
registrati grossi incrementi sia della povertà relativa che di quella
assoluta.
Mario Draghi
© AFP 2016/ Daniel Roland
I dati economici dell'eurozona suggeriscono l'impotenza della BCE
Infatti non è difficile capire che cosa sia successo. In primo luogo, un
sistema valutario disfunzionale ha strangolato la crescita economica,
facendo crescere la disoccupazione a livelli precedentemente
impensabili. In seguito, dopo che alcuni Paesi sono andati in bancarotta
e hanno avuto bisogno di aiuti finanziari, l'UE, assieme alla BCE e al
FMI, ha imposto pacchetti di austerità che hanno drasticamente tagliato
welfare e pensioni. Con queste premesse, non c'è da sorprendersi che la
povertà sia aumentata.
Nei mercati finanziari ci si concentra all'infinito sullo stato dei
sistemi bancari all'interno dell'eurozona, sulla crescita dei deficit di
bilancio o sui rischi della deflazione e dei disastrosi effetti che
essa potrebbe causare sui prezzi delle attività finanziarie. Ma, in
ultima analisi, la crisi finanziaria non è così importante. Ad essa si
può rimediare con i bail-out, o stampando più denaro. E anche se non
fosse possibile, ciò significherebbe semplicemente che alcune banche o
fondi d'investimento si troveranno in cattive acque.
Ma il fatto che i livelli di povertà stiano crescendo ad un ritmo così
veloce in quelle che un tempo erano Nazioni floride è scioccante. E non
c'è alcuna avvisaglia che questa crescita stia rallentando — in alcuni
Paesi come la Grecia o l'Italia, la crescita della povertà sta
addirittura accelerando. Quelli che una volta erano Paesi estremamente
poveri (come la Bulgaria) o Paesi a reddito medio (come la Polonia),
stanno rapidamente sorpassando quella che una volta era considerata
l'Europa sviluppata.
Non potersi permettere un telefono o un pasto a base di carne per tre
giorni alla settimana non è affatto divertente. Ma, grazie all'euro, è
questo il destino di milioni di europei — ed esso non cambierà finché la
moneta unica non verrà smantellata.
Fonte: Sapere è un dovere
L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della
redazione.
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