La fine del distanziamento sui treni manda in corto circuito il governo. Gli scienziati s'infuriano, l'esecutivo prima cincischia e poi rettifica, Speranza firma l'ordinanza di ripristino. Intanto Italo cancella diversi convogli. E la Lombardia fa di testa sua.
Sabato mattina. Roberto Speranza chiama Paola De Micheli: “Ma cos’è questa cosa? Dobbiamo risolvere questa vicenda dei treni”, dice il ministro della Salute. “Roberto, il dpcm del 14 luglio scorso era chiaro, lo abbiamo fatto tutti insieme. Ma ridiscutiamolo, siamo disponibili”. Ma il ministero delle Infrastrutture non ci sta a passare come quello che ha dato il via libera a potenziali assembramenti nel trasporto su rotaia. “Non è una nostra responsabilità - spiega una fonte che ha seguito il dossier - noi al riempimento indiscriminato non abbiamo mai dato l’ok”....
Facciamo un passo indietro. Venerdì sera, verso le 18.30, il cellulare della De Micheli esplode. Su queste colonne poco prima era stato pubblicato un articolo che dava conto di una comunicazione di Trenitalia che recitava così: “Gentile cliente, a partire dal 31 luglio 2020, sui treni a lunga percorrenza sarà possibile occupare il 100% dei posti a sedere”. Apriti cielo. Immediata la reazione di Walter Ricciardi, consigliere economico del ministro della Salute alza il telefono e chiama speranza: “E’ una decisione del tutto sbagliata”. La reazione del governo è pachidermica. Per tutta la sera continuano telefonate e messaggi. Si fa notte. La mattina di sabato interviene a gamba tesa il presidente del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli: “Sconcerta la decisione assunta di porre fine al distanziamento sui treni. Il Cts non è mai stato investito del problema”.
Nelle stesse ore della mattina si sta iniziando a capire il cortocircuito: un solerte funzionario di Trenitalia ha diffuso una notizia non vera. O meglio, ha esteso alcune timide aperture che erano realmente contenute nelle linee guida approvate due settimane fa. Il Mit concedeva deroghe al distanziamento di un metro, ma fissando dei paletti precisi: dalla climatizzazione degli ambienti all’obbligo di misurazione della temperatura in stazione alla regolazione di entrate e uscite. Escludendo comunque la possibilità di occupare i posti faccia a faccia.
“Ma possibile che si fanno questi pasticci, ci perdiamo in un bicchiere d’acqua”, sbottava all’ora di pranzo un esponente di governo Dem. Che poi piazza il carico da novanta: “Gli esperti sono sempre pronti a dichiarare a tv e giornali. Ma un colpo di telefono ai ministri prima?” Ecco, i ministri. Alla Salute inizia un lavorio febbrile: che fare? Nelle ultime 24 ore i contagi sono scesi sotto la soglia dei 300, numero che aveva destato qualche preoccupazione negli scorsi giorni. Eppure la curva, sia pur lievemente e senza superare la soglia d’allarme è in risalita. Ma a preoccupare è soprattutto la situazione nel Vecchio continente. I dati di Francia, Germania e di molti dei paesi dell’Est sono preoccupanti. “Noi stiamo nelle condizioni in cui stiamo grazie alle misure di cautela e di prudenza che abbiamo messo in campo, non possiamo dare un segnale in totale controtendenza”. Eccola la parola chiave: segnale. Perché chiudere un occhio e semplicemente ribadire l’articolato delle linee guida sarebbe potuto risultare un cavillare incomprensibile per l’opinione pubblica.
Speranza rialza il telefono, in linea ancora la De Micheli: “Non possiamo trasmettere un messaggio sbagliato”. La ministra dei Trasporti concorda. Da un lato sa che i treni, di per sé, sono tra i mezzi di trasporto più controllati, per conformazione e presenza costante dei controllori. Dall’altro è innegabile che i numeri dei contagi siano in risalita, e che sia necessario tenere la situazione sotto controllo, soprattutto dal punto di vista sociale, visto che la curva epidemiologica, assicura il collega, al momento non preoccupa, e i nuovi cluster sono tutti tenuti sotto controllo.
Arriva il via libera. Alle 15.30 Speranza annuncia che ha firmato un’ordinanza che prevede che “restino in vigore le regole di sicurezza applicate finora”. Il problema, ragionano al Mit, sarà come regolarsi a settembre, quando il fenomeno del pendolarismo sovraccaricherà il trasporto regionale e si dovrà far fronte ai mezzi che garantiscono l’arrivo nelle scuole.
Ci si inizierà a lavorare da domani, mentre Italo annuncia la soppressione di dieci convogli che non avrebbero rispettato le norme. Il vicepresidente esecutivo Flavio Cattaneo denuncia il pasticcio del governo, che da un minuto all’altro annulla disposizioni previste da quindici giorni e in base alle quali l’azienda si era preparata: “Siamo costretti ad annullare i convogli, i passeggeri non troveranno i treni”. Trenitalia si adegua. A non conformarsi al resto del territorio nazionale è la Lombardia. Che da par suo conferma l’ordinanza regionale: sì al riempimento fino al 100%. Alla Salute allargano le braccia. E’ il solito teatrino, una faccenda che attiene molto più a un posizionamento politico che non a una riflessione sui dati empirici. Varrà per i soli convogli regionali, esclusi i treni a lunga percorrenza, per i quali restano in vigore le prescrizioni. “Impugnare quell’ordinanza avrebbe dato il segnale opposto, quello di un eccessivo allarme che al momento non c’è”. Dopo 36 lunghissime ore quer pasticciaccio brutto su Trenitalia sembra risolto. Ma che fatica.
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