L'idea è di derivazione anglosassone. Il cashback, infatti, nel nostro Paese è ancora poco diffuso e c'è parecchia diffidenza sul suo utilizzo e sulla sua efficacia.
Cos'è il cashback
Il sistema funziona così: per ogni acquisto effettuato tramite bancomat o carta di credito (e quindi tracciabile) si ha diritto a una percentuale di rimborso sulla spesa fatta.
Si tratta di una strategia di marketing che nasce dall'online e che ha come claim quello del "guadagnare spendendo". Una specie di "sconto" post vendita che si presenta in forma di rimborso. Esistono piattaforme online ed applicazioni di cashback dove chi lo desidera, previa registrazione, può effettuare il proprio acquisto nei negozi e rivenditori convenzionati.
Il rivenditore, poi, paga una commissione alla piattaforma che diventa intermediaria tra l'utente e il rivenditore e quindi guadagna sull'introito del commerciante.
Cashback per combattere l'evasione fiscale?...
Nelle ultime ore il
cashback è tornato a essere protagonista perché è una formula che fa parte delle misure che il governo sta studiando per contrastare
l'evasione fiscale e potrebbe essere introdotto all'interno della prossima
Legge di Bilancio come strumento di rimborso dell'
Iva pagata.
Tramite cashback l'utente che effettua un pagamento con carta di credito o debito verrebbe rimborsato il mese successivo dell'Iva versata.
Colui che compra un tal prodotto pagando in contanti o con carta sborsa la stessa identica cifra, ma grazie al meccanismo di cashback, chi ha acquistato con pagamenti tracciabili ha diritto a un rimborso pari alla percentuale Iva del prodotto.
Il tutto con lo scopo di
combattere l'evasione fiscale e disincentivare l'utilizzo del denaro contante che favorisce il nero e con questo l'elusione delle tasse.
Costo dei POS e commissioni bancarie
Il tema è che, se le cose continuano a stare così, coloro che pagheranno il costo maggiore della battaglia al contante del governo Conte bis saranno gli esercenti costretti a pagare commissioni bancarie e costi dei POS.
Il Governo in questo senso starebbe valutando anche l'ipotesi di eliminare i costi delle transazioni digitali sotto i 5 euro e di ridurre i costi per quelle sotto i 25 euro per garantire bassi costi a quei settori a "bassa marginalità" come, ad esempio, benzinai o edicolanti per i quali l'obbligo del Pos rappresenterebbe un grave danno economico.
In generale, infatti, il POS ha 3 voci di spesa fisse: quella relativa all'installazione, quella inerente al canone mensile che l'esercente è tenuto a pagare alla banca e quella percentuale su ogni singola transazione. Si tratta di un dazio che il commerciante paga all'istituto di credito, una sorta di tassa occulta sul proprio guadagno che pesa in maniera proporzionale all'entità della transazione: tanto è più bassa tanto è più gravosa per il commerciante.
Il cashback proposto dall'attuale esecutivo riguarderebbe sia commercianti sia famiglie e verrebbe introdotto a scaglioni a partire dai settori dove l'evasione fiscale è maggiore.
Sotto forma di rimborso Iva e di sgravio sui costi dei POS il cashback entrerebbe a gamba tesa nel sistema economico italiano con l'idea di diminuire il sommerso e incentivare l'utilizzo dei pagamenti digitali.
Il timore è quello della levata di scudi da parte degli istituti di credito che sui costi dei POS ci mangiano parecchio e che potrebbero vedersi sottrarre una bella fetta di guadagni.
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