mercoledì 23 ottobre 2019

Giacomo Amadori x Panorama - Russiagate, la vera storia | inchiesta Panorama

Salvini-Savoini-Russiagate

Russiagate, la vera storia | inchiesta Panorama

Meranda, Vannucci ed il "pizzino". Così va riscritta la storia del Russiagate che doveva inguaiare Salvini e la Lega.

Giacomo Amadori

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Prendete uno di quei racconti di Anton Pavlovic Cechov con al centro oscuri impiegati o bancari truffatori, mescolatelo con la sceneggiatura di un film di Totò (in fondo lo ha già fatto il regista e autore Steno) e otterrete l’onesto racconto del cosiddetto Russiagate.
I protagonisti della nostra storia sono un avvocato cosentino, orgogliosamente massone, e un ex bancario e sindacalista di Suvereto (Livorno). Si chiamano Gianluca Meranda, 49 anni, e Francesco Vannucci, 62, e hanno in comune una situazione economica tutt’altro che florida (anche se a inizio anno, attraverso una società svizzera, Meranda ha cercato di acquistare un appartamento dietro a piazza Navona, senza riuscirci). Uno è estroverso e tecnologico, molto social, l’altro è introverso, fumantino e praticamente luddista, un uomo che agli smartphone preferisce i bloc-notes e le Bic....


Nei mesi scorsi hanno cercato di chiudere accordi nel settore petrolifero in nome di una banca d’affari, la Euro Ib di Londra, con cui entrambi collaboravano, ma senza contratto. La piccola società di diritto inglese ha infatti da qualche anno l’autorizzazione della Consob britannica a negoziare l’acquisto e la vendita di prodotti petroliferi, ma non lo ha mai fatto. In realtà, nel momento clou del Russiagate, quello dell’incontro all’hotel Metropol, come sottolineato dal Financial times, Meranda sembrava voler cambiare cavallo e fece riferimento alla viennese Winter bank di Thomas «Moskovics», con cui avrebbe avuto «ottimi collegamenti».
Sia come sia, per capire il Russiagate bisogna partire da questa strana coppia, e non tanto o non solo da Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini. I due, come vedremo, in questi anni hanno provato a fare affari con politici dell’intero arco costituzionale, anche nel settore dell’oro nero. Tutti tentativi andati male, come la trattativa del Metropol.
Eppure i nostri Totò e Peppino in missione nella terra delle matrioske, secondo i segugi di altri giornali, sarebbero stati lo strumento scelto nientepopodimeno che da Vladimir Putin per inondare di rubli la Lega. Ma davvero qualcuno può credere che se il presidente russo avesse voluto far uscire dei soldi dal suo Paese avrebbe scelto questa strana compagnia di giro, che in nove mesi di trattative non ha concluso nulla.-----

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