Spygate, 007 scarcano Conte: “Diede lui l’ok agli americani”
L’Australia risponde alle sollecitazioni del Senatore repubblicano Lindsey Graham, che mercoledì scorso ha inviato una lettera al presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, al primo ministro inglese Boris Johnson e a quello australiano Scott Morrison, in cui invitava i tre Paesi alleati degli Usa a cooperare con il Dipartimento di Giustizia in merito all’inchiesta sulle origini del Russiagate.
I funzionari australiani, riporta il Washington Examiner, hanno negato che uno dei loro diplomatici abbia cospirato contro la campagna presidenziale di Donald Trump durante le elezioni del 2016. “Nella sua lettera, ha fatto menzione del ruolo di un diplomatico australiano”, ha scritto Joe Hockey, ambasciatore australiano negli Stati Uniti, nella lettera di risposta del 2 ottobre inviata a Graham. “Rifiutiamo questa caratterizzazione”. Nella replica a Graham, il governo australiano sottolinea che “Alexanfer Downer non è più un funzionario” e di essere “pronto a fornire” a al Senatore “le informazioni pertinenti per supportare” le sue richieste....
L’Australia nega quindi di aver partecipato alla possibile cospirazione contro Donald Trump nel 2016. Il diplomatico australiano a cui faceva riferimento Lindsey Graham è Alexander Downer, al centro delle attenzioni del Procuratore generale William Barr e del Procuratore John Durham. Il tutto si ricollega alla figura chiave di questa vicenda, il professor Joseph Mifsud della Link University, l’università privata fondata dall’ex ministro degli esteri Vincenzo Scotti. Secondo la ricostruzione ufficiale, il docente affermò in un incontro dell’aprile 2016 a George Papadopoulos, consigliere della campagna di Trump, di aver appreso che il governo russo possedeva “materiale compromettente” (dirt) su Hillary Clinton “in forma di e-mail”. Papadopoulos avrebbe ripetuto tali informazioni all’Alto Commissario australiano a Londra, Alexander Downer, in circostanze tutta da chiarire, che a sua volte riferì tutto alle autorità americane. Da qui, il 31 luglio 2016, partirono le indagini dell’Fbi sui presunti collegamenti fra Trump e la Russia, accuse che in seguito si sono dimostrate false.
Mentre l’Australia prende posizione, il governo italiano tace
Il governo australiano spiega dunque, a suo dire, di non c’entrare nulla con il presunto tentativo di sabotare la campagna di Trump nel 2016 e ribadisce il massimo supporto all’inchiesta di William Barr e John Durham nelle loro indagini. Sull’esito degli incontri fra Barr, Durham e i funzionari d’intelligence italiani a Roma trapelano invece poche certezze ma secondo Atlantico Quotidiano Barr e Durham non sarebbero molto soddisfatti. I due procuratori si aspettano delle risposte chiare dalle autorità italiane: chi e perché ha voluto che Joseph Mifsud conducesse un’operazione di spionaggio su un collaboratore della Campagna Trump, George Papadopoulos? Gli è stato chiesto da ambienti governativi e politici italiani, magari vicini alla campagna Clinton, o dai nostri servizi?
Secondo quanto fatto trapelare in queste ore da fonti di Palazzo Chigi e diffuse dalle agenzie, non ci sarebbe “nessuna preoccupazione” da parte del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, rispetto alla vicenda Barr-intelligence. A quanto si apprende da fonti di Palazzo Chigi, al presidente Conte non risulta alcuna anomalia di comportamento da parte dei vertici dei nostri servizi. Ovviamente, “il premier, prima di esprimersi pubblicamente su tale vicenda, si riserva di riferire al Copasir per correttezza istituzionale”.
“Conte venga urgentemente in Parlamento a riferire sull’incontro avuto con i servizi segreti, William Barr e il procuratore John Durham nell’ambito dell’inchiesta sul Russiagate. Sarebbe gravissimo se Conte avesse usato per fini personali i servizi segreti. Chiediamo un’immediata risposta in Parlamento” sollecitano di una nota i presidenti di Camera e Senato della Lega Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo. “Se il presidente del Consiglio usava e continua ad usare tuttora i Servizi segreti come una sua dependance, come dei suoi portatori di acqua e di bevande, spieghi al popolo italiano perché e per come, se qualcuno ha pagato qualcosa o se qualcuno ha qualcosa da nascondere” ha aggiunto Matteo Salvini.
Gli 007 si smarcano: “Ha deciso Conte”
La visita di William Barr e John Durham in Italia ha provocato un certo imbarazzo nel governo. Secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano, Barr avrebbe ottenuto un trattamento “che va oltre la cortese sinergia tra alleati con accesso a informazioni riservate”: Barr è riuscito a incontrare, in agosto in piena crisi di governo, prima Gennaro Vecchione, nominato da Giuseppe Conte al capo del Dis, il dipartimento che coordina le attività di intelligence, e poi in settembre lo stesso Vecchione e i vertici dei servizi segreti esteri e interni, il generale Luciano Carta (Aise) e il prefetto Mario Parente (Aisi).
È stato proprio Conte a dare l’ok a tutti gli incontri. Attraverso le agenzie di stampa, gli 007 hanno precisato che i vertici di Aise e Aisi hanno partecipato alla riunione con il ministro Barr e la delegazione americana dopo una convocazione per iscritto di Vecchione. È pertanto evidente che è stato il governo italiano ad accogliere le richieste americane su ordine del premier Conte che, a sua volta, ha allertato Vecchione e da lì, a spiovere, i direttori di Aise e Aisi. Da “Giuseppi” Donald Trump si aspetta però piena collaborazione e chiarezza.
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