giovedì 28 luglio 2011

L'utopia rivoluzionaria dell'eco-villaggio. Sono oltre 3mila nel mondo.

Se la proprietà dei beni (terreni, edifici, mezzi di produzione) è di tutti, e tutti i membri (sia quelli che svolgono un’attività lavorativa fuori della comunità, sia quelli che lavorano al suo interno) versano i proventi del proprio lavoro in una casa comune, siamo in un’eco-villaggio.
Qui è la comunità a provvedere alle spese generali (vitto, manutenzione abitazioni, riscaldamento, auto, etc.) e ad assicurare ad ogni membro una paga mensile uguale per tutti, senza distinzione delle mansioni svolte dentro o fuori della collettività. Ma vi sono eco-villaggi dove esiste una retribuzione differenziata a seconda dell’attività svolta, e c’è un sistema di ‘tassazione’ che in qualche modo ridistribuisce la ricchezza. Alla rete appartengono esperienze comunitarie diverse tra loro per orientamento filosofico e organizzazione, ma tutte comunque ispirate a un modello di vita sostenibile dal punto di vista ecologico, spirituale, socioculturale ed economico, intendendo per sostenibilità l'attitudine di un gruppo umano a soddisfare i propri bisogni senza ridurre, ma anzi migliorando, le prospettive delle generazioni future. Energie rinnovabili, compostaggio, bioedilizia, orti sinergici, è il contesto in cui vivono questi abitanti prendendo ad esempio, in casi estremi, le «città di transizione»: luoghi che si prefiggono l’obiettivo di una transizione verso un futuro senza petrolio...
continua: http://www.televideo.rai.it/televideo/pub/articolo.jsp?id=9866

PS:....ma come, vivono senza l'assillo delle Banche? vivono senza incrementare qualche" guerra umanitaria"? vivono senza " lei non sa chi sono Io"? ...si , loro vivono, e anche bene.
Saluti, umberto marabese

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