Fabrizio Verde
Direttore de l'AntiDiplomatico.
Napoletano classe '80.
"Giornalista di stretta osservanza maradoniana".
---------------------------------------------------------------------------------------------------
La retorica della paura, il culto del riarmo, la corsa agli investimenti militari: ecco il volto dell’Europa di oggi, un’Europa che ha smesso di nascondere la sua deriva guerrafondaia dietro il paravento dei valori democratici e della pace. Il piano “Rearm Europe” presentato da Ursula von der Leyen, con il suo sfrontato budget di 800 miliardi di euro, non è solo un atto di irresponsabilità politica, ma un chiaro segnale di come l’establishment europeo abbia ormai gettato la maschera, rivelando il suo vero volto: quello di un’élite neoliberista e militarista, pronta a sacrificare il benessere dei cittadini sull’altare della guerra e del profitto.
È grottesco che, mentre i cittadini europei affrontano una crisi economica senza precedenti, con inflazione galoppante e potere d’acquisto in caduta libera, la Commissione Europea trovi il modo di stanziare centinaia di miliardi per la difesa. E lo fa con una cinica ipocrisia: gli stessi tecnocrati che hanno imposto misure di austerity ai Paesi del Sud Europa, distruggendo economie e aumentando le disuguaglianze, ora si ergono a paladini della sicurezza, pronti a svuotare le casse pubbliche per finanziare una guerra che non è la nostra.
Non c’è da stupirsi che questo piano sia stato accolto con entusiasmo da quei cosiddetti “liberali” europei che, in realtà, hanno sempre servito gli interessi delle élite economiche e finanziarie. L’appello “Per un’Europa Libera e Forte” lanciato dala democratica Pina Picierno, Vicepresidente del Parlamento europeo, e firmato da figure come Carlo Calenda e Raphaël Glucksmann è l’ennesima dimostrazione di come il liberalismo europeo si sia trasformato in un’ideologia estremista, pronta a sacrificare la pace e la giustizia sociale in nome di un’agenda militarista e neoliberista.
Questi sedicenti difensori delle “democrazie liberali” parlano di eliminare il diritto di veto e di creare una difesa comune europea, ma non dicono una parola su come questa Europa “forte” dovrebbe affrontare le vere emergenze: la povertà, la disoccupazione, la crisi energetica causata dalle folli politiche verdi di Bruxelles e dall’autosabotaggio riguardo le fonti di energia russe. La loro visione di un’Europa federale è quella di un super-Stato al servizio delle multinazionali e dell’industria bellica, non dei cittadini.
Quello che colpisce, in questa follia guerrafondaia, è la totale mancanza di memoria storica. L’Europa, che dovrebbe essere il continente della pace dopo due guerre mondiali e decenni di divisioni, sta invece marciando a ritmo spedito verso un nuovo incubo militarista. La retorica della “difesa” e della “sicurezza” nasconde una pericolosa escalation che rischia di trascinare il continente in un conflitto di proporzioni catastrofiche.
E mentre von der Leyen e i suoi alleati parlano di “interoperabilità” e “base industriale di difesa”, nessuno sembra chiedersi quali saranno le conseguenze di questa corsa agli armamenti. Chi pagherà il prezzo di questa follia? Non certo i burocrati di Bruxelles o i politici che firmano appelli in favore della guerra, ma i cittadini europei, già stremati da anni di politiche economiche ottuse e punitive.
Basta con questa Europa
L’Europa di von der Leyen, di Calenda, di Glucksmann e dei loro alleati non è l’Europa dei popoli. È l’Europa delle banche, delle multinazionali, dell’industria bellica. È un’Europa che ha scelto di investire nella guerra invece che nella pace, nel profitto invece che nel benessere, nella paura invece che nella solidarietà.
I cittadini europei meritano di meglio. Meritano un’Europa di paesi liberi e sovrani che investa nella pace, nel lavoro, nella giustizia sociale. Un’Europa che sia davvero libera e forte, non per le armi che possiede, ma per i valori che difende. E questa Europa sarà con 800 miliardi di euro spesi per la guerra, ma con il coraggio di dire no a chi vuole trasformare questo continente in un campo di battaglia.
Mentre l’establishment europeo si aggrappa disperatamente a un modello di egemonia occidentale ormai in declino, il mondo sta cambiando. L’ascesa di un nuovo ordine multipolare, con potenze come la Cina, l’India, la Russia, il Brasile e altre nazioni emergenti che rivendicano un ruolo centrale nello scacchiere globale, rappresenta un’opportunità storica per ripensare il ruolo dell’Europa nel mondo. Un’opportunità che, purtroppo, i nostri leader sembrano voler ignorare, preferendo inseguire il sogno di un’Europa fortezza, militarizzata e subalterna agli interessi atlantisti.
Ma per cogliere questa opportunità, l’Europa deve liberarsi dalla sudditanza ideologica verso i falchi degli Stati Uniti – adesso all’opposizione - e dalla miopia di chi vede nel riarmo l’unica risposta alle sfide globali. Deve abbandonare l’ossessione nel voler infliggere una sconfitta strategica alla Russia e investire invece nella “sicurezza” reale dei suoi cittadini: sicurezza economica, sociale, ambientale. Deve smettere di essere un vaso di coccio tra i vasi di ferro e diventare un attore autonomo, capace di dialogare con tutti, senza pregiudizi e senza complessi di superiorità.
Il mondo multipolare ci offre una scelta: continuare a inseguire il mito di un’Europa militarizzata, o abbracciare una visione nuova, che ponga al centro la cooperazione e lo sviluppo sostenibile. La strada della guerra alla Russia su cui insistono alcuni circoli è un vicolo cieco, che porta solo a maggiore instabilità e sofferenza. La strada del multipolarismo, invece, è quella di un futuro possibile, dove l’Europa possa finalmente riscoprire la sua vocazione più autentica: quella di essere un faro di pace, progresso e giustizia nel mondo.
La scelta è nostra. Ma il tempo sta per scadere.
Rusia es culpable ( ursula von der pfizer dixit)
RispondiElimina