venerdì 7 marzo 2025

AntiDiplomatico - 800 miliardi per la guerra, zero per i popoli: cade la maschera dei “liberali”. Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

 

Direttore de l'AntiDiplomatico.

 Napoletano classe '80.

"Giornalista di stretta osservanza maradoniana".

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La retorica della paura, il culto del riarmo, la corsa agli investimenti militari: ecco il volto dell’Europa di oggi, un’Europa che ha smesso di nascondere la sua deriva guerrafondaia dietro il paravento dei valori democratici e della pace. Il piano “Rearm Europe” presentato da Ursula von der Leyen, con il suo sfrontato budget di 800 miliardi di euro, non è solo un atto di irresponsabilità politica, ma un chiaro segnale di come l’establishment europeo abbia ormai gettato la maschera, rivelando il suo vero volto: quello di un’élite neoliberista e militarista, pronta a sacrificare il benessere dei cittadini sull’altare della guerra e del profitto.

La follia del riarmo: 800 miliardi per la guerra, zero per i popoli
Il primo punto del piano, quello che prevede 650 miliardi di euro di spesa militare grazie a deroghe al Patto di Stabilità, è un pugno nello stomaco per chi si ostina ancora a credere in un’Europa sociale. Per anni, l’Unione Europea ha imposto ai suoi Stati membri politiche di austerity draconiane, tagliando servizi pubblici, sanità, istruzione e welfare, tutto in nome del sacro equilibrio dei bilanci. Il caso della Grecia è paradigmatico in tal senso. Ora, improvvisamente, quei vincoli vengono rimossi, ma non per investire nella ripresa economica, nel lavoro o nel miglioramento materiale delle condizioni di vita dei popoli europei. No, quei soldi serviranno a comprare armi, a finanziare una corsa agli armamenti che non farà che alimentare una nuova spirale di tensioni e conflitti.

È grottesco che, mentre i cittadini europei affrontano una crisi economica senza precedenti, con inflazione galoppante e potere d’acquisto in caduta libera, la Commissione Europea trovi il modo di stanziare centinaia di miliardi per la difesa. E lo fa con una cinica ipocrisia: gli stessi tecnocrati che hanno imposto misure di austerity ai Paesi del Sud Europa, distruggendo economie e aumentando le disuguaglianze, ora si ergono a paladini della sicurezza, pronti a svuotare le casse pubbliche per finanziare una guerra che non è la nostra.
La maschera dei “liberali” 

Non c’è da stupirsi che questo piano sia stato accolto con entusiasmo da quei cosiddetti “liberali” europei che, in realtà, hanno sempre servito gli interessi delle élite economiche e finanziarie. L’appello “Per un’Europa Libera e Forte” lanciato dala democratica Pina Picierno, Vicepresidente del Parlamento europeo, e firmato da figure come Carlo Calenda e Raphaël Glucksmann è l’ennesima dimostrazione di come il liberalismo europeo si sia trasformato in un’ideologia estremista, pronta a sacrificare la pace e la giustizia sociale in nome di un’agenda militarista e neoliberista.

Questi sedicenti difensori delle “democrazie liberali” parlano di eliminare il diritto di veto e di creare una difesa comune europea, ma non dicono una parola su come questa Europa “forte” dovrebbe affrontare le vere emergenze: la povertà, la disoccupazione, la crisi energetica causata dalle folli politiche verdi di Bruxelles e dall’autosabotaggio riguardo le fonti di energia russe. La loro visione di un’Europa federale è quella di un super-Stato al servizio delle multinazionali e dell’industria bellica, non dei cittadini.
Un’Europa anti-storica: quando il passato non insegna

Quello che colpisce, in questa follia guerrafondaia, è la totale mancanza di memoria storica. L’Europa, che dovrebbe essere il continente della pace dopo due guerre mondiali e decenni di divisioni, sta invece marciando a ritmo spedito verso un nuovo incubo militarista. La retorica della “difesa” e della “sicurezza” nasconde una pericolosa escalation che rischia di trascinare il continente in un conflitto di proporzioni catastrofiche.

E mentre von der Leyen e i suoi alleati parlano di “interoperabilità” e “base industriale di difesa”, nessuno sembra chiedersi quali saranno le conseguenze di questa corsa agli armamenti. Chi pagherà il prezzo di questa follia? Non certo i burocrati di Bruxelles o i politici che firmano appelli in favore della guerra, ma i cittadini europei, già stremati da anni di politiche economiche ottuse e punitive.


Basta con questa Europa

L’Europa di von der Leyen, di Calenda, di Glucksmann e dei loro alleati non è l’Europa dei popoli. È l’Europa delle banche, delle multinazionali, dell’industria bellica. È un’Europa che ha scelto di investire nella guerra invece che nella pace, nel profitto invece che nel benessere, nella paura invece che nella solidarietà.
È tempo di dire basta. Basta con le politiche neoliberiste che hanno impoverito milioni di persone. Basta con la retorica guerrafondaia che minaccia di trascinarci in un conflitto termonucleare con la Federazione Russa. Basta con un’Europa che, invece di essere un faro di pace e progresso, si trasforma in un mostro militarista e anti-storico.

I cittadini europei meritano di meglio. Meritano un’Europa di paesi liberi e sovrani che investa nella pace, nel lavoro, nella giustizia sociale. Un’Europa che sia davvero libera e forte, non per le armi che possiede, ma per i valori che difende. E questa Europa sarà con 800 miliardi di euro spesi per la guerra, ma con il coraggio di dire no a chi vuole trasformare questo continente in un campo di battaglia.

Mentre l’establishment europeo si aggrappa disperatamente a un modello di egemonia occidentale ormai in declino, il mondo sta cambiando. L’ascesa di un nuovo ordine multipolare, con potenze come la Cina, l’India, la Russia, il Brasile e altre nazioni emergenti che rivendicano un ruolo centrale nello scacchiere globale, rappresenta un’opportunità storica per ripensare il ruolo dell’Europa nel mondo. Un’opportunità che, purtroppo, i nostri leader sembrano voler ignorare, preferendo inseguire il sogno di un’Europa fortezza, militarizzata e subalterna agli interessi atlantisti.
Il multipolarismo non è una minaccia, ma una chance per costruire un mondo più equilibrato, dove i conflitti non siano risolti con le armi, ma attraverso il dialogo e la cooperazione. Invece di spendere 800 miliardi di euro in armi, l’Europa potrebbe posizionarsi come mediatrice globale, un ponte tra le diverse potenze, promuovendo una governance internazionale basata sul rispetto reciproco, sulla giustizia economica e sulla risoluzione pacifica delle controversie.

Ma per cogliere questa opportunità, l’Europa deve liberarsi dalla sudditanza ideologica verso i falchi degli Stati Uniti – adesso all’opposizione - e dalla miopia di chi vede nel riarmo l’unica risposta alle sfide globali. Deve abbandonare l’ossessione nel voler infliggere una sconfitta strategica alla Russia e investire invece nella “sicurezza” reale dei suoi cittadini: sicurezza economica, sociale, ambientale. Deve smettere di essere un vaso di coccio tra i vasi di ferro e diventare un attore autonomo, capace di dialogare con tutti, senza pregiudizi e senza complessi di superiorità.

Il mondo multipolare ci offre una scelta: continuare a inseguire il mito di un’Europa militarizzata, o abbracciare una visione nuova, che ponga al centro la cooperazione e lo sviluppo sostenibile. La strada della guerra alla Russia su cui insistono alcuni circoli è un vicolo cieco, che porta solo a maggiore instabilità e sofferenza. La strada del multipolarismo, invece, è quella di un futuro possibile, dove l’Europa possa finalmente riscoprire la sua vocazione più autentica: quella di essere un faro di pace, progresso e giustizia nel mondo.

La scelta è nostra. Ma il tempo sta per scadere.

Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

Direttore de l'AntiDiplomatico. Napoletano classe '80

Giornalista di stretta osservanza maradoniana


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