Marco Tosatti...
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo che un fedele compagno del nostro sito ci ha inviato, e di cui lo ringraziamo di cuore. Buone lettura, e meditazione, e condivisione...
Benedetto, Francesco: davvero i vivi invidiano i morti?
Scrive Libero che papa Francesco abbia trovato urticante l’enfasi posta dai media vaticani su Benedetto XVI il giorno del suo funerale, offuscando la sua stella, e stia pensando ad un bel rimpasto fra i manovali della comunicazione.
Nel tempo del transumano, bisogna cominciare a postulare il transpapale: un uomo che invidia il funerale altrui, magari arrivando a farsi un tè al curaro per godersi finalmente lo spettacolo del proprio, è roba da altissima letteratura umoristica inglese, un Dickens, un Jerome, un Woodehouse, un Waugh, un Chesterton. Sicuramente faccio torto a qualcuno non citandolo, ma si legge quel che si può.
Fisso con lei, caro Tosatti, alcuni elementi del plot per un racconto che, ne sono più che sicuro, si scriverà da solo, perché nessuno mi soffi l’idea.
Dobbiamo tornare alla letteratura, possibilmente di buona qualità, abbandonando il culto dello spiffero etereo e della slabbrata comunicazione social, se vogliamo uscire da questo budello maleodorante. È la metafora dell’arte che introduce il sospetto, il dubbio delle cose eterne più nascoste nell’epoca della Rivelazione di tutto e il suo contrario (Apocalisse?), non la cronaca luminosa e sorridente di bianco vestita.Venendo alle cose pratiche. Non so, e francamente poco mi cale, che fine faranno gli ottimi Ruffini, Bruni, Monda e Tornielli, professionisti ai quali si può insegnare poco del loro lavoro, e certo non verranno da me a prendere lezioni, che sono l’ultimo dei peones nella materia. Del resto, una minaccia di epurazione funziona meglio dell’epurazione stessa: se epuri, abbandoni il certo scabro per un incerto che è liscio solo nella tua testa. Se non epuri ma minacci soltanto di farlo, è l’azione drammatica in cui eserciti il vero potere. Papa Francesco è un indubbio cultore della disciplina.
Ma è anche, a ben vedere, il lato fragile, il fianco esposto della cancel culture che non trova argini nemmeno nella nostra Santa Madre Chiesa, ed è il motivo per cui qualsiasi impostura, anche la più aggressiva, alla fine miseramente incenerisce: perché non è vero potere. Ecco perché l’Onnipotente lascia fare, lascia bestemmiare, negare, rubare, uccidere, mentire: perché ogni cosa e ogni uomo invariabilmente a Lui torna, da Lui viene e per Lui passa attraverso vie a noi ignote.
Non si è mai vista in televisione (non ancora) una pubblicità su uno qualsiasi dei sacramenti, o per invitare la gente a partecipare alla processione del Corpus Domini: il sacro è ciò che è separato, lo dice la parola. E poi viene meno la ratio del do ut des che è la vera anima del commercio. Dio non vende: dona e offre. Mercanteggiare è prerogativa umana, e dunque anche papale.
Nel caso in esame e per vie burrascose si va definendo una distinzione a mio modo di vedere infetta fra “papa mediatico” e “papa reale”, così come si è tentata la strada nebbiosa fra il “Gesù storico” (tradizione, Vangeli, l’intero corpus dottrinale e magisteriale) e il “Gesù reale”, che invariabilmente prende posto fra i migranti sui canotti in preda ai marosi, si incarna nella tapioca, è “vivo e presente qui e ora”, mescolato a cose umane che più basse non si può, e tutto accetta, tutto redime ed emenda, tutto approva. Una barzelletta horror, che infatti fa molto ridere e molto spaventa.
Concludo: esattamente cosa invidia papa Francesco del defunto papa Benedetto? Il rito esequiale con la cassa di cipresso al centro, condito da un’omelia svogliata e minato dalla nebbia (a proposito di visibile: un tempo, presso i buzzurri primitivi, questi erano segni tangibili del divino che parla)? O c’è dell’altro che riguarda la vita e l’opera del defunto, requiescat inbello? L’oscuro presentimento che la gloria eterna maturi nel tempo e nel silenzio, mentre il fuoco della “visibilità” tutto divora e incenerisce?
Non posso sapere se l’uomo venuto dalla fine del mondo rifletta su queste cose. Posso pensare di no, altrimenti non perderebbe tempo a schiumare rabbia per un morto, invece di farsi un bicchiere alla sua salute. Il fatto è che grazie alla comunicazione immediata, trasparente e infestante, in cui il pettegolezzo è in fondo l’unica notizia genuina, non possiamo saperlo. Tutto è comunicazione, diceva Paul Watzlawick. Tutto è rumore.
Nell’interesse di papa Francesco, del papato e della Chiesa di Cristo, il papa dovrebbe comunicare meno. Molto, molto, molto meno, tornando nell’alveo del sacro. Ruffini & C., da professionisti della comunicazione, dovrebbero innanzitutto aiutarlo a non comunicare. La prima lezione aurea quando ti insegnano a sparare – parlo per esperienza personale – non è come farlo, ma come non farlo. Vale anche per la comunicazione.
Mastro Titta
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