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umberto marabese
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La prima denuncia presentata dalla Serbia ai danni della NATO contenente la richiesta di compensazione dei danni relativi allo sviluppo di patologie oncologiche derivanti dai bombardamenti effettuati nel 1999 contro la Jugoslavia con proiettili all’uranio impoverito è stata depositata innanzi al Tribunale supremo di Belgrado in data 20 gennaio.
Autore: Mira Kankaras Trklja
Secondo l’avvocato che si occupa della preparazione dei materiali, decisive saranno le 70 sentenze del tribunale italiano, presentate a corredo dell’istanza, le quali confermano il legame tra i proiettili radioattivi della NATO e l’insorgenza delle patologie oncologiche.
Per la raccolta delle evidenze e dell’ulteriore documentazione necessaria a conferma dei crimini presumibilmente compiuti dalla NATO ai danni della vita e della salute del cittadino serbo ci sono voluti circa 4 anni. L’avvocato Srdjan Aleksic, che sta curando la preparazione delle denunce relative alle conseguenze derivanti dall’impiego dell’uranio impoverito durante i bombardamenti, osserva nell’intervista rilasciata a Sputnik che al momento il suo lavoro, il quale pareva inizialmente una “missione impossibile”, sta dando finalmente i suoi frutti: resta solo da tradurre frammenti di materiali dall’italiano al serbo per presentarli innanzi al giudice.
Cinque denunce contro la NATO
“A Belgrado sporgeremo denuncia in data mercoledì 20 gennaio. Poi saranno sporte ulteriori 4 denunce: a Novi Sad, Kragujevac, Nis e Vranje. Si tratterà di denunce individuali di cittadini che hanno sviluppato patologie oncologiche dopo i bombardamenti: militari, poliziotti, riservisti che erano di servizio in Kosovo in quel periodo. Queste saranno denunce contro la NATO come organizzazione. La NATO è una persona giuridica e, come tale, ha diritti e doveri. L’alleanza ha partecipato all’attacco contro la Repubblica Socialista di Jugoslavia come organizzazione e sempre come tale dovrà risarcire i danni provocati”, spiega l’avvocato.
Secondo Aleksic, i materiali a corredo della denuncia contengono tutte le evidenze necessarie corroborate dalle ricerche effettuate dagli esperti del campo e dalle perizie condotte dall’Istituto di sanità pubblica Milan Jovanovic-Batut, nonché da materiali utilizzati in analoghi procedimenti giudiziari celebratisi in Italia. Secondo l’avvocato, i materiali italiani forniti dal collega Angelo Fiore Tartaglia potrebbero svolgere un ruolo decisivo.
L’esperienza italiana
Tuttavia, Aleksic sottolinea che nei materiali a corredo delle denunce che saranno presentate alla giustizia serba questa settimana, oltre alle sentenze dei giudici italiani su vicende analoghe, figurano perizie, rapporti di medici legali e di esperti di esplosivi i quali forniscono informazioni sul numero e la tipologia di proiettili sganciati sul dato territorio. Per corroborare le contestazioni di cui alla denuncia si presenteranno altresì alcune decisioni assunte dai tribunali serbi, nonché due sentenze del Tribunale internazionale per i diritti umani di Strasburgo in merito alla violazione dei diritti alla vita e alla salute dei cittadini turchi e britannici relativamente all’impiego di proiettili all’uranio impoverito.
Prima militari e polizia, poi civili
L’avvocato serbo sottolinea che le prime denunce saranno presentate da militari e poliziotti, ossia da soggetti che hanno prestato servizio in Kosovo su ordine dello Stato. Poi seguiranno anche denunce sporte da civili.
“Sporgeremo anche denunce relative sia a civili che vivono nel territorio di Kosovo e Metochia sia a soggetti che ci vivevano in passato e che poi si sono trasferiti in altre zone della Serbia. Poi vaglieremo la possibilità di sporgere denunce relative ai bombardamenti dei cosiddetti “siti pericolosi” (stabilimenti dell’industria chimica e petrolifera che, secondo il diritto militare internazionale, non possono essere bombardati) a Belgrado, Novi Sad, Pancheve, Kragujevac e Bor. Nel 2000 il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) ha condotto una indagine in merito e ha concluso che non sarebbe pericoloso per la salute vivere in questi territori”, ricorda Aleksic.
Cosa fare se il convenuto non si presenta al processo?
L’avvocato spiega che dovremo aspettare almeno la presentazione delle prime denunce per capire in che termini presumibilmente si celebreranno i procedimenti giudiziari.
“Dopo che avremo sporto denuncia, ai sensi del codice civile, questa dovrà essere trasmessa alla NATO nell’arco di 6 mesi, considerato che il convenuto è una organizzazione. Dunque, prevediamo che la prima udienza si terrà più o meno nel mese di giugno. Non ci resta che vedere come reagirà la NATO e come evolverà il processo. Spero che nel secondo semestre riusciremo a sporgere denuncia anche da parte di civili”.
Se necessario, arriveremo fino a Strasburgo
“Il procedimento potrebbe concludersi nell’arco di 1-2 anni. E se si renderà necessario, siamo pronti ad arrivare fino a Strasburgo. Sono convinto del fatto che la Serbia, in quanto nazione europea ad aver sottoscritto la Convenzione sui diritti umani, non possa essere discriminata quando invece in Italia sono già state assunte ben 181 decisioni del giudice in cause analoghe. Le evidenze delle nostre fattispecie sono le medesime, così come l’impianto giuridico. Di conseguenza, a mio avviso, i cittadini serbi non possono essere discriminati: non è possibile che per noi non valga ciò che invece è valso nei confronti dei militari italiani”, osserva l’avvocato serbo.
In merito alle possibilità di vittoria nelle cause promosse dai militari e i poliziotti serbi ammalatisi di tumore dopo aver prestato servizio nelle regioni kosovare che subirono i bombardamenti con l’uranio impoverito, l’avvocato di Nis risponde come segue:
“Mi posero la stessa domanda 20 anni fa in Italia. E sapete bene com’è andata a finire in Italia. Non ci resta che portare pazienza e avere fiducia nel fatto che l’immenso lavoro svolto darà i suoi frutti”.
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