Poco più di un mese fa Moderna e Pfizer facevano a gara a chi avrebbe immesso in commercio il vaccino più efficace. “Il nostro ha un’efficacia del 94,5%”, diceva Moderna, “noi siamo al 95%”, rilanciava Pfizer. Bugie o più probabilmente numeri lanciati per una strategia di marketing che facesse effetto sulla popolazione.
La verità viene sempre a galla. Lungi dai numeri “sparati” dalle multinazionali, l’efficacia dei vaccini sarebbe tra il 19% e il 29%. Con queste percentuali l’autorizzazione non poteva nemmeno essere data dagli enti regolatori come l’EMA (l’Agenzia Europea dei Medicinali) e l’FDA (la Food and Drug Administration), che richiedono una soglia di efficacia di almeno il 50%.
A rivelare questa notizia, in un editoriale pubblicato sul British Medical Journal, è stato Peter Doshi, professore di ricerca sui servizi sanitari farmaceutici dell’Università del Maryland ed editore associato della stessa rivista scientifica inglese, definito tempo fa dal New York Times come una delle voci più autorevoli a livello mondiale.
Doshi aveva già analizzato tutti i documenti resi pubblici da Pzifer e Moderna ed era arrivato alla conclusione, in un articolo pubblicato il 26 novembre scorso, che mancasse una trasparenza complessiva sui dati. In questo modo, secondo lo studioso, non si può dire se i vaccini funzionino o meno. Non sono stati arruolati un numero sufficiente di anziani, persone immunodepresse, bambini, per capire gli effetti reali del vaccino, né sono chiari quelli sul medio e lungo periodo, era in breve conclusione a cui era giunto lo studioso statunitense.
Adesso Doshi ha preso in esame i due studi scientifici sui vaccini anti Covid e le circa 400 pagine di dati riassuntivi contenuti nei rapporti presentati da e alla FDA prima dell’autorizzazione d’emergenza data dall’agenzia al vaccino mRNA. “Alcuni dettagli aggiuntivi sono rassicuranti, altri no”, ha scritto il ricercatore che si dice preoccupato per l’attendibilità e la significatività dei risultati di efficacia riportati.
“Abbiamo bisogno dei dati grezzi”, ha scritto il professore Doshi, per “affrontare le numerose domande aperte su questi studi, ma nessuna azienda sembra aver condiviso i dati con terze parti fino a questo momento”.
“Pfizer ha detto che sta rendendo i dati disponibili su richiesta, mentre Moderna ha affermato che i dati potrebbero essere disponibili su richiesta una volta completato lo studio”. Ciò significa che potremo sapere qualcosa di più preciso solo alla fine del 2022, poiché la fase di controllo è prevista per 2 anni.
Eppure sulla base di dati parziali e discutibili gli enti regolatori hanno concesso d’urgenza le autorizzazioni ai vaccini a mRna (che sarebbe più corretto definirli come terapia genica) e le somministrazioni sono iniziate in tutto il mondo.
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