La disfatta di Renzi è iniziata appena diventato Premier quando si presentò spavaldo come se il destino del Paese non attendesse altro che il suo genio per compiersi. Renzi iniziò subito a lanciare mirabolanti annunci fino a mettere in scena la famosa presentazione a suon di lucidi in cui ridisegnava la fisionomia del Belpaese garantendo a tutti un’imminente vita da spot pubblicitario. Le aspettative verso Renzi erano già molto alte ma grazie alla cosiddetta annunciate, gravitarono alle stelle. Dopo decenni di problemi gastrointestinali, il centrosinistra si era affidato ad un giovane, ad un leader dinamico, intraprendente e capace di comunicare finalmente. Un figlio dell’oggi con una visione chiara sul domani. Una botta di ottimismo nel bel mezzo di una crisi che continuava nel frattempo a mordere vorace. Una botta di fiducia che portò il loquace ex sindaco di Firenze oltre il 40 percento alle europee. I giornali ne decantavano in coro le doti, le televisioni lo glorificavano all’unisono mentre l’Europa applaudiva curiosa quello che era il leader del più grande partito di centrosinistra del continente. Renzi sfiorò l’onnipotenza quando impose all’Europa l’anonima Mogherini addirittura agli Esteri nonostante un curriculum da impiegata del Pd....
Quel giovane e brillante capo di stato poteva davvero contare su un patrimonio politico immenso. Il Tony Blair italico, l’Obama bianco. Un patrimonio che Renzi è riuscito a dilapidare ad una velocità inaudita. Una irrefrenabile disceva verso il baratro che il neo governo gialloverde deve tenere ben presente per non fare la stessa fine. Oggi come allora, consensi ed entusiasmi non lasciavano minimamente prevedere il disastroso e repentino epilogo. Eppure, quella che doveva essere una nuova era, si trasformò ben presto in una pietosa parentesi. Ma come è potuto succedere? La spiegazione sta tutta nel rapporto di oggi tra governanti e cittadini, tra parole e realtà. Traditi dalla cattiva politica, emancipati dalle chimere ideologiche, massacrati dalla crisi, i livelli di tolleranza dei cittadini italiani verso la politica sono ai minimi termini. Lo dimostra la rivoluzione del 4 marzo. E così – oggi più mai – una volta al potere, devono parlare i fatti. I governanti devono aprire bocca per dire quello che hanno fatto, non per dire quello che faranno se vogliono avere qualche speranza di durare. Devono piegare umilmente la testa sulle carte e lavorare sodo. Altro che campagna elettorale permanente, altro che convegni e passerelle, altro che propaganda svenduta come informazione a reti unificate. E solo una volta fatto il loro dovere (perché di questo si tratta) ed averlo fatto coerentemente con quanto promesso, allora i governanti possono raccontarlo ai cittadini. E se le cose si mettessero male, perché magari certe promesse erano esagerate o certe idee sballate, devono ammetterlo, devono essere trasparenti. Nessuno si aspetta più miracoli dalla politica ma tutti pretendono la verità, anche se scomoda. Altro sintomo della renzite. I cittadini non sono ragazzini a cui raccontare favolette e tanto meno bugie. È una questione di rispetto ed igiene democratica. Ma non basta nemmeno la sincerità e l’umiltà ai governanti di oggi, come insegna ancora il suicidio politico di Renzi. I governanti potrebbero anche riuscire a realizzare qualche riforma, eppure i problemi dei cittadini potrebbero non risolversi come sperato. I risultati della politica – oggi più che mai – si misurano sulla pelle dei cittadini, sulla loro qualità della vita, non sul numero di leggi o decreti sfornati e nemmeno con le pendenze di qualche grafico. Già sul viale del tramonto, Renzi occupava le televisioni per raccontare agli italiani come fossero grandiose le sue riforme e come tutto andasse meglio grazie a lui. Peccato che la realtà quotidiana dei cittadini fosse tutt’altra e che le sue leggi avessero addirittura aggravato le condizioni ad esempio dei lavoratori o avessero ignorato i nuovi poveri. Fatti nudi e crudi che rendevano le sue parole e le sue bugie addirittura offensive e che gli si sono rivolte contro compromettendo la sua parabola politica. Una lezione esemplare che il governo gialloverde del cambiamento non può ignorare ?.
Tommaso Merlo
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