giovedì 28 giugno 2018

Marco Travaglio: “Radio Mafia”



di Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano 28-6-2018
 Il premier Conte e i 5Stelle possono fare due cose, dopo aver letto sul Fatto l’articolo di Antonella Mascali che riportava i commenti inferociti di alcuni mafiosi al 41-bis sulla nascita del nuovo governo. La prima è farsi belli: “Visto? È bastato che arrivassimo e già la mafia si spaventa”. La seconda è interrogarsi sul significato di quelle parole e studiare le mosse più efficaci per rispondere con i fatti, chiudendo la lunga èra della trattativa Stato-mafia. A ogni cambio di governo, i mafiosi detenuti hanno sempre trovato il modo di farsi sentire. Nel gennaio 1993, agli sgoccioli del breve governo Amato, fecero ritrovare Riina nel famoso covo, poi non perquisito dal Ros. In primavera, appena nato il governo Ciampi, scatenarono la seconda ondata di stragi, fuori dalla Sicilia e contro il patrimonio religioso e artistico. A fine anno il ministro Conso revocò il 41-bis a 334 mafiosi.
Ai primi del ’94, Cosa Nostra annullò l’ultima strage in programma –quella allo stadio Olimpico di Roma –garantendo al nascente governo Berlusconi la pax mafiosa necessaria per mantenere le promesse. Promesse che, caduto B. dopo soli 7 mesi, furono poi in parte mantenute dall’Ulivo con l’appoggio del centrodestra dal ’96 al 2001: chiusura di Pianosa e Asinara, abolizione di fatto dell’ergastolo (per due anni), legge anti-pentiti...

Nel 2001 tornò B. e, dopo appena un anno, fu quasi “avvertito” nel 2002 dal boss stragista Leoluca Bagarella che, in teleconferenza a un processo dal carcere de L’Aquila, lesse una dichiarazione a nome dei detenuti in sciopero della fame contro i politici che non avevano mantenuto le promesse sul 41-bis: “Siamo stanchi di essere strumentalizzati, umiliati, vessati e usati come merce di scambio dalle varie forze politiche”. Chi fossero i destinatari dell’avvertimento lo rivelò subito dopo un clamoroso rapporto riservato del Sisde, diretto dal generale Mario Mori, che diede la scorta a Dell’Utri, a Previti e ad alcuni avvocati siciliani eletti nel centrodestra.
Il 21 dicembre B. quasi si scusò di non aver abrogato il 41-bis, figlio di “una filosofia illiberale”. L’indomani, allo stadio di Palermo, comparve uno striscione a caratteri cubitali: “Uniti contro il 41-bis. Berlusconi dimentica la Sicilia”. Il 10 aprile 2006 Prodi rivinse le elezioni e l’indomani Bernardo Provenzano fu catturato, o si fece catturare, o fu fatto catturare a due passi dalla natia Corleone. Nel giro di due mesi, centrosinistra e centrodestra (salvo Idv, Pdci e Lega) votarono il mega-indulto Mastella di tre anni, che includeva anche i reati collegati a quelli mafiosi e il voto di scambio politico-mafioso.
E spalancò le celle a 30 mila criminali, senza contare quelli che non vi fecero più ingresso. Nel 2008 tornò B. per la terza volta, dopo una campagna elettorale segnata dagli elogi suoi e di Dell’Utri al compianto “stalliere” Mangano (definito “un eroe” per non aver parlato di loro ai magistrati). Nel 2011 ecco Monti, seguito dalle prime avvisaglie di un cambio non di governo, ma di sistema.
Nel novembre 2012 i 5Stelle arrivano primi alle Regionali in Sicilia, anche se poi la giunta è un centrosinistra guidato da Crocetta. E nel febbraio 2013 il M5S eguaglia il Pd di Bersani al 25,5%. Cosa Nostra teme un governo di centrosinistra condizionato da grillini e Sel, mentre a Palermo inizia il processo Trattativa. Una lettera anonima ai pm preannuncia una strage contro il pm Nino Di Matteo: “È stata chiesta dagli amici romani di Matteo (Messina Denaro, ndr), perché questo paese non può finire governato da comici e froci” (il comico è Grillo, i politici gay Vendola e/o Crocetta). Allarme infondato: provvede Napolitano a propiziare un altro governissimo Pd-FI-Centro, con M5S e Sel all’opposizione. Ma poi B. viene condannato ed espulso dal Senato.
Alla vigilia del voto decisivo a Palazzo Madama, il 16 novembre 2013, Riina confida al suo compagno di ora d’aria che tutto è pronto per eliminare Di Matteo. Nel febbraio 2014 Renzi prende il posto di Letta e riporta B. al centro della politica col patto del Nazareno. Poi, in poco più di due anni, si suicida. A cavallo fra il 2016 e il 2017 anche il boss stragista Giuseppe Graviano si sfoga col compagno di socialità: nel 1992 –dice – “Berlusca” gli chiese una “cortesia” sulle stragi per “salire” al governo, ma poi dimenticò le promesse; ora il boss vuole inviargli un emissario per rinfrescargli la memoria. Ma il 4 marzo 2018 B. esce dalle urne con le ossa rotte e il 1° giugno nasce il governo M5S-Lega. Subito alcuni boss al 41-bis nel carcere dell’Aquila si sfogano davanti agli agenti penitenziari: ce l’hanno sia con Conte per la sua insistenza sul tema mafia nel dibattito sulla fiducia, sia con i 5Stelle e il loro Guardasigilli Bonafede, che non solo vuol cancellare la legge svuotacarceri di Orlando, ma addirittura portare Di Matteo in un ruolo chiave del ministero (forse al Dap, la direzione carceri). Lo scrivono i giornali, che i boss leggono e sottolineano. Fra i più allarmati c’è Cesare Carmelo Lupo, fedelissimo di Graviano. Ma subito la voce si sparge a 51 detenuti al 41-bis che chiedono un colloquio al giudice lo stesso giorno (bell’isolamento), perché vedono sfumare le loro speranze (alimentate chissà da chi) di benefici penitenziari.
Chissà con quale sollievo ora avranno letto che il capo del Dap non sarà Di Matteo, ma un pm di Potenza, magari bravissimo, ma non certo esperto di Cosa Nostra. E che il renziano Faraone ha fatto visita in carcere a Dell’Utri. Se Conte e i 5Stelle non si affrettano a studiare le parole dei mafiosi sulla trattativa che continua tuttora, e a comportarsi di conseguenza, rischiano di ritrovarsi presto qualche messaggio da Radio Carcere molto più sollevato: “Picciotti, falso allarme: questi sono come tutti gli altri!”.---

Nessun commento:

Posta un commento