giovedì 14 giugno 2018

IL Video Blog di Claudio Messora: DEMOCRAZIA PORTAMI VIA: NIENTE DOMANDE SCOMODE ALLA MOGHERINI

Oggi l’uomo di Francoforte ha parlato. Draghi ha detto, essenzialmente, quello che già si sapeva. Cioè che le operazioni di stimolo monetario eccezionali, cioè il QE, terminerà il 31 di dicembre di quest’anno, naturalmente con gli acquisti minori rispetto a quelli previsti per fine settembre. Cosa vuol dire? Vuol dire che dopo bisognerà inventarsi qualche cosa per poter sostenere i Titoli dei debiti pubblici dell’eurozona. Per noi è molto molto importante, perché sappiamo benissimo che in questa area valutaria e imperfetta, se non ci fosse qualcuno che sul mercato compra i nostri Titoli lo spread andrebbe a finire alle stelle. Diciamocelo: se non ci fosse stata l’azione di Draghi sotto sia il nostro caro amico Renzi che Gentiloni lo spread sarebbe andato a 1.000, altro che 5/600 come Berlusconi! E speriamo che nel frattempo non succeda qualche tsunami finanziario da qualche parte, perché a questo punto serviranno non uno, ma diversi QE. [Antonio Maria Rinaldi]
Panico a Strasburgo, ma i giornalisti italiani si fanno valere, guarda come....

Mercoledì 13 giugno, conferenza stampa in corso alla Commissione europea. È presente l’Alto Rappresentante dell’Unione Per gli Affari Esteri e la Sicurezza, Federica Mogherini. Un giornalista italiano, David Carretta, cerca di fare una domanda sull’argomento del giorno: “La crisi dei migranti”. Guardate che succede....fino alla fine del Video:
David Carretta: Diversi Paesi, la Francia, la Spagna hanno accusato l’Italia di aver compiuto qualcosa di illegale nella vicenda dell’Aquarius. C’è una crisi maggiore tra Francia, Italia, ma anche la Spagna ha criticato l’Italia perché ciò che ha fatto sarebbe illegale. Volevo sapere qual è la sua opinione nella questione…
Portavoce: “Scusami David, ma le domande devono riguardare solo Difesa e Sicurezza”
David: “Perché? Siamo giornalisti, siamo in sala stampa! Ci sono regolamenti, accordi, spero che noi siamo liberi di fare domande, e se non vuole rispondere semplicemente non risponde, non c’è problema.”
Portavoce:”Non sto limitando la tua libertà, sto solo dicendo che abbiamo poco tempo e abbiamo grandi temi in questa conferenza. Ma comunque, fai la domanda.”
Il giornalista fa la sua evidentemente scomoda domanda, ma al termine della quale ottiene solo silenzio e uno sguardo freddo della Mogherini. Interviene immediatamente la portavoce, che di nuovo spiega che la Mogherini non risponderà. Per poi passare la parola al giornalista successivo. Il viso di David Carretta tradisce tutto il suo disappunto, poi il reporter prende il suo computer e si dirige alla porta. Ma la storia non finisce qui: guardate. Piano piano, alla spicciolata, tutti i giornalisti italiani presenti si alzano ed escono dalla conferenza stampa in segno di solidarietà e di protesta.
Marcello Foa:
Il caso che si è verificato a Bruxelles ieri è del tutto inusuale per due ragioni: primo ci sono delle tecniche precise per evitare di rispondere alle domande scomode. È molto raro ed è molto grave che un portavoce si rifiuti di permettere a un giornalista di porre una domanda e benissimo hanno fatto i giornalisti italiani a protestare e ad uscire dall’aula. Ma questo episodio, secondo me, rivela il nervosismo che attanaglia in queste ore Bruxelles, che chiaramente non sa come reagire all’offensiva mediatica e, soprattutto, politica dell’Italia. Cioè, di fronte a un Paese che improvvisamente alza la testa e di fronte a un leader politico, in questo caso Salvini, che riesce a ribaltare totalmente il tavolo e ad andare a toccare le sensibilità più profonde del suo popolo, ma in genere della popolazione italiana… europea, ovvero la questione degli immigrati, la reazione delle istituzioni europee è quella di rinchiudersi nel castello e di cercare di negare la realtà, anziché affrontarla.
Qualcuno alla UE sta perdendo la testa, se si arriva addirittura ad impedire ai giornalisti di porre domande durante una normale conferenza stampa. Ma evidentemente la nuova linea di schiena dritta tenuta dall’Italia sta cominciando a contagiare anche i nostri media: uscire dalla sala è stato un segnale davvero importante.
Una “Polizia Europea”? Ma siamo proprio sicuri?
La crisi Aquarius ha ravvivato, come abbiamo ben visto, la discussione in Europa sul problema immigrazione. Una delle soluzioni che sentiamo in questi giorni proporre sempre più spesso, anche dallo stesso Ministro dell’Interno, è il rafforzamento del controllo dei confini attraverso una “Polizia europea”. La UE, ad esempio, ha appena proposto di mettere sul piatto ben 35 miliardi di euro nel prossimo budget 2021-2027, impiegando ben 10 mila nuovi agenti di polizia. E’ una buona notizia? Non è detto. Anzitutto non è una notizia nuova: già un mese fa, in tempi non sospetti quindi, la Merkel aveva infatti chiesto con forza più soldati per le frontiere esterne e anche “più equipaggiamento per l’esercito tedesco”. Macron, da parte sua, aveva chiesto la “Polizia europea” addirittura lo scorso settembre, nello stesso periodo in cui si discuteva della creazione di un esercito europeo. Senza voler per forza richiamare alla mente il temuto e famigerato corpo speciale Eurogendfor, è possibile ipotizzare però che le proposte odierne non rappresentino solo la risposta ad un’emergenza: si è aperta una “finestra di Overton”, un’opportunità, per un piano che qualcuno già aveva in animo di attuare? Chissà. Speriamo, nell’interesse dell’Italia, che il Ministro dell’Interno tenga ben presente anche questo aspetto.
Bruxelles, e i mille ostacoli alla Brexit
Sono trascorsi due anni dal referendum che ha sancito la volontà degli inglesi di uscire dall’Europa, eppure sembra che Bruxelles proprio non voglia rassegnarsi alla Brexit. Oltre alle raccolte fondi promosse da Soros per ripetere il referendum, di cui abbiamo già parlato, e alle incessanti campagne mediatiche che spargono il terrore sulle conseguenze dell’uscita, l’Unione Europea le pensa proprio tutte per sabotare l’iniziativa inglese. L’obiettivo è rendere più lungo il processo, ostacolarne i passaggi, arrivando persino all’autolesionismo. Racconta la BBC, ad esempio, che la UE ha deciso di buttare fuori la Gran Bretagna dal progetto per i satelliti Galileo: questo non solo ritarderebbe il tutto di 3 anni, ma costerebbe all’Europa anche un miliardo in più. Pur di punire la Brexit, ci si fa del male da soli. Ma non finisce qui: sembra che i componenti automobilistici inglesi non verranno più considerati “interni” dalla UE, e quindi saranno soggetti a maggiorazioni di tariffe. Ma anche gli inglesi, da parte loro, lanciano boicottaggi: in molti pub non si vende più champagne, e birre o alcolici provenienti da oltremanica. Insomma: il braccio di ferro sul Brexit continua, assumendo sempre di più toni da asilo Mariuccia.
Chernobyl. 32 anni dopo, ancora veleni
Era il 26 Aprile del 1986, quando esplose la centrale nucleare di Chernobyl e si verificò il primo grande disastro nucleare della Storia. Nei mesi successivi, il mondo imparò che “atomica” non significa solo la morte e distruzione della bomba, ma anche l’inquinamento dell’ambiente circostante per centinaia di chilometri, e per centinaia di anni, causato da pacifica produzione di energia. Tutta la zona di Chernoby è disabitata da allora. E malgrado oggi sembri che una natura lussureggiante e selvaggia si sia riappropriata dell’area, in realtà tanta ricchezza è ancora tossica. Una recente ricerca condotta da laboratori inglesi e ucraini di Greenpeace, ha rilevato infatti che il latte è ancora altamente contaminato. Sono stati prelevati campioni da diverse fattorie che distano fino a 200 chilometri dall’ex centrale, e il livello di radioattività riscontrata è 12 volte superiore alla soglia di sicurezza per un bambino, e fino a 5 volte la soglia di sicurezza per un adulto. Inoltre, sono contaminate anche le patate, e allevamenti di maiali. Le persone che vivono in quelle fattorie, così lontane dalla centrale, consumano questi prodotti: ed è così che Chernobyl, a 32 anni di distanza, ancora avvelena.
Italia: poche le nascite, italiane ma anche straniere
Fa notizia l’ultimo dato Istat sul calo delle nascite in Italia, che va avanti dal 2008, il primo anno di questa lunga crisi economica: da allora ad oggi, nel nostro Paese sono mancati all’appello 120 mila bambini. I nuovi nati italiani del 2017 sono meno di mezzo milione, ma il dato che fa più riflettere è che anche i figli di stranieri (il 14% del totale) sono in calo rispetto all’anno precedente. Il trend italiano, insomma, colpisce tutti, a dimostrazione che non basta importare persone tradizionalmente disposte alla famiglia numerosa perché le tendenze demografiche si invertano. Se le ragioni delle poche nascite sono la mancanza di lavoro e casa, o la precarietà, tali problemi colpiscono tutti senza distinzione. Per le stesse ragioni, poi, 50 mila giovani l’anno sono costretti ad emigrare, e sembra che il numero sia anche sottostimato. Si tratta di cifre vicine a quelle del dopoguerra, e  questo dovrebbe far riflettere chi sostiene pubblicamente che in Italia la popolazione cala per motivi quali “egoismo” o voglia di divertirsi.---

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