domenica 10 giugno 2018

Sindrome "Spelacchio", editoriale di Marco Travaglio

 di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano del 10 Giugno 2018 – 
A furia di sentirlo ripetere, ci eravamo quasi convinti che Di Maio fosse teleguidato da Grillo e dunque, per la proprietà transitiva, lo fosse anche Conte per interposto Di Maio: una specie di telecomandato al quadrato, oppure al cubo se è vero che il premier è a sua volta burattinato da Casalino, o alla quarta potenza se si dà retta a chi lo dipinge pure come una marionetta del puparo Casaleggio. Ieri però, senza che vi fossimo preparati, ci è crollato addosso tutto il teatro dei pupi: è stato quando abbiamo appreso, dalla fertile fantasia di Jacopo Iacoboni de La Stampa, che Grillo è stato brutalmente “messo da parte” da Di Maio, protagonista di “un caso da manuale di ingratitudine politica”. È bastato che Di Maio facesse il suo mestiere di ministro del Lavoro, tentando di conciliare lavoro, salute e ambiente all’Ilva di Taranto e definendo “opinione personale” il sogno dell’utopista-fondatore di riconvertire l’area a parco ambientale sul modello della Ruhr, per concludere che “Grillo è come se non ci fosse più”, mentre con Casaleggio “non c’è empatia”. E tutto questo è molto brutto. Così com’era molto brutto che Grillo e Casaleggio ci fossero, pilotando Di Maio & C....
È sempre tutto molto brutto ciò che accade nel M5S: tutto, ma anche il suo contrario. Comunque si muovano, qualunque cosa facciano, è sempre sbagliato. Ed è questo pregiudizio universale negativo che sconcerta l’opinione pubblica, danneggia la già bassa credibilità della stampa, rafforza un governo pieno di contraddizioni, scredita le opposizioni e spiega perché un oggetto ancora misterioso come Conte goda nei sondaggi di un consenso tanto alto quanto immotivato.
L’altra sera, invitando quel che resta del centrosinistra a essere serio, Pier Luigi Bersani ha detto: “Per mesi abbiamo letto dichiarazioni e titoli indignati su un albero spelacchiato a Roma, come se il problema della Capitale fosse questo e bastasse questo a indebolire il M5S”. Ora la strategia Spelacchio dilaga dappertutto, con effetti boomerang per chi la usa, benéfici per chi la subisce e ridicoli per chi assiste. A Torino si riunisce il Bilderberg, un club semiclandestino di potentoni che pensano di fare e disfare le sorti del pianeta e ogni tanto (ma sempre meno sovente) ci riescono. I 5Stelle l’hanno sempre bersagliato, dunque la sindaca Appendino, diversamente da Sala, ha disertato la cena di gala. Polemiche à go-go. Immaginate se ci fosse andata: ecco, l’incoerente grillina si fa bella al club che ha sempre attaccato! Insomma polemiche à go-go. Ora non passa giorno senza un appello di Gentiloni, del garrulo Calenda, di Renzi, di Confindustria & giornaloni.
Tutti intenti a intimare al cosiddetto “governo del cambiamento” di “non disperdere le tante cose buone fatte da chi l’ha preceduto”. Cioè di cambiare il meno possibile. Ma benedetti ragazzi: se la maggioranza degli elettori pensasse che i governi precedenti hanno fatto un sacco di cose buone, avrebbe votato i partiti che li esprimevano e li avrebbe rimandati al governo. Se ha premiato 5Stelle e Lega è perché vuole che cambi tutto (o quasi), convinta com’è che i governi precedenti abbiano fatto un sacco di cazzate.
Torna in mente l’ultimo refrain di Renzi: “Vigileremo perché il governo mantenga gli impegni presi in campagna elettorale”. Il pover’uomo non si rende conto di quel che dice: se si batte perché il governo faccia ciò che ha promesso, significa che ritiene giusto il Contratto M5S-Lega, dunque non si capisce perché mai stia all’opposizione; né tantomeno perché abbia impedito al Pd di sedersi al tavolo apparecchiato da Di Maio con la motivazione che le due forze politiche erano troppo distanti e prive di punti comuni (se l’avesse fatto, oggi avremmo Minniti ministro dell’Interno al posto di Salvini). Sul Messaggero, Luca Ricolfi si domanda quale sia la linea del Pd, che riesce a dire contemporaneamente due cose opposte: e cioè che 1) il governo Conte sfascerà i conti pubblici, aumentando il deficit e il debito, con la riforma della Fornero, la flat taxe il reddito di cittadinanza; ma anche che 2) il governo Conte s’è già rimangiato queste tre promesse, destinate dunque a restare sulla carta. Ora, l’affermazione 1 elide l’affermazione 2 e viceversa: o il governo fa quelle cose e sfascia tutto; oppure non le fa e non sfascia nulla. Basterebbe decidersi.
Romano Prodi, intervistato da Repubblica che non fa un plissè, definisce le sanzioni alla Russia “completamente inutili”. Si può condividere o meno. Ma, se non si obietta nulla a Prodi, non si può poi descrivere Conte, o Salvini, o Di Maio, come pericolosi nemici dell’Occidente al servizio di Putin quando dicono la stessa cosa. Gentiloni, sempre su Repubblica, accusa il successore di “tradire i nostri fondamenti atlantici ed europeisti” e di andare “in cerca di guai”: direbbe la stessa cosa all’amico Romano? Avete presente l’Air Force Renzi? Il megalomane fiorentino accarezzò il suo super-ego facendoselo affittare da Alitalia presso Etihad per la modica cifra di una trentina di milioni l’anno. Ora è inutilizzato e sarebbe il caso di disdettare il contratto. L’altro giorno Conte, non trovando posti sufficienti sui voli di linea, ha usufruito di un vecchio aereo di Stato usato da molti suoi predecessori. Il Pd s’è inventato che abbia volato sull’Air Force Renzi, gridando allo scandalo. Ma, anche se l’avesse usato (nulla di scandaloso, visto che ancora lo stiamo pagando), gli ultimi a poter protestare sarebbero stati quelli del Pd, che ai tempi di Renzi lo dipingevano come un mezzo di trasporto assolutamente indispensabile, doveroso e anche molto conveniente per noi tutti. A meno che non facciano ammenda e non ci dicano che Renzi aveva buttato via un sacco di milioni per un capriccio, nel qual caso dovrebbe restituirceli. Sull’unghia.---

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