sabato 18 giugno 2016

di Leni Remedios - Ieri mi hanno sparato due volte



Non importa quale sia la matrice di questi episodi. A seconda del vento politico, essi sembrano di volta il frutto opportuno o la con-causa d'un processo in corso.
di Leni Remedios.

BIRMINGHAM (Regno Unito) - Ieri mi hanno sparato due volte. Ed avverto ancora il dolore al ventre dopo la coltellata.
Ed ancora continuano a spararmi ed accoltellarmi, oggi. Ed ancora continueranno a farlo nei giorni a venire.
Ma ad ogni colpo risorgo. Più forte di prima.
Non è solo perché con Jo Cox ho in comune l'etàanagrafica.
Non è solo perché con Jo Cox ho in comune il fatto di essere madre di due figli piccoli.
Non è solo perché con Jo Cox ho in comune una visione del mondo che, pur nelle differenze anche sostanziali, va al di là delle idee politiche.
Una visione del mondo per cui gli esseri umani sono visti in quanto tali, e non come bandiere.
Oggi e domani speculeranno sulla morte di Jo. Qualcuno nutrirà sentimenti di vendetta, qualcun'altro la userà come strumento di battaglia politica.... Sta già succedendo. E succederà ancora. Ma io risorgo ora e risorgerò sempre a questi lutti. Sono sicura che se Mrs Cox potesse tornare indietro e dire la sua, avrebbe parole di amore e compassione anche verso i perpetratori del suo omicidio, chiunque essi siano e chiunque - se c'è - sia dietro questo delitto. Perché questo è ciò a cui ha dedicato la sua vita e la sua carriera politica. Sia che si tratti del gesto isolato di uno squilibrato, sia che si tratti di qualcosa di più orchestrato o di entrambi - le indagini faranno il loro corso - Jo Cox inviterebbe tutti a non indulgere in sentimenti di astio.
Scrive il marito Brendan Cox: "Avrebbe voluto vederci tutti uniti a lottare contro quell'odio che l'ha uccisa. L'odio non ha credo, razza o religione. L'odio è veleno".
Tendo ad evitare termini come "non" e "contro", perciò mi permetto di introiettare le parole di Brendan Cox con una lieve modifica linguistica: uniti tutti non per la lotta contro, ma per la promozione di. Promozione di valori come solidarietà, la condivisione nelle lacrime e nelle risa, la giustizia sociale, il riconoscimento del merito per tutti.

L'unica negazione che mi sento di sostenere con forza ora, introducendo se vogliamo una nuova linea di riflessione dopo quanto è accaduto, è la seguente: no fear, non abbiamo paura.
Mentre si versano lacrime e parole di cordoglio, oggi apprendo che i mercati hanno avuto un momento di slancio dopo l'esecuzione di questo omicidio. L'amorale "zona franca" della nostra società - così l'ha definita magistralmente Turi Comito - non sembra essere minimamente toccata nei sentimenti che non ha. Intanto gli sciacalli mediatici piegano gli eventi verso un disgustoso dibattito su Brexit sì Brexit no sbandierando il viso della giovane MP mentre il suo cadavere è ancora caldo.
Il clima che si respira nel Regno Unito oggi dopo l'uccisione di Jo Cox è il momento culminante di una generale tensione sociale nutrita con zelo da molto tempo qui e riecheggiante il clima internazionale. Condita da episodi terroristici sparsi qua e là, seguiti ogni volta da torsioni della legge verso un maggior controllo sociale in nome della sicurezza.  
Una tensione montante che spinge le persone verso il sospetto reciproco e l'autocensura. Non importa quale sia la matrice di questi episodi. A seconda del vento politico del momento, essi sembrano di volta il frutto opportuno o la con-causa di un processo in corso.
Secondo la logica corrente dovremmo tutti avere paura per qualcosa.
Continuo a pensare, nonostante tutte le contraddizioni, che la Gran Bretagna sia un paese con un alto livello di civiltà, abituato più di altri ad elaborare i naturali conflitti dovuti alle diversità culturali, religiose, linguistiche per muoversi verso una coesistenza il più possibile pacifica se non addirittura fruttuosa in ogni senso (Mrs Cox diceva nel suo primo discorso in parlamento che l'immigrazione non ha fatto altro che migliorare la qualità della vita nella sua circoscrizione elettorale).
Eppure il sentore che colgo è quello di semi di odio e paura disseminati dall'esterno qua e là e pronti a germinare al momento più o meno giusto, all'insaputa della vittima sacrificale di turno.
Le guerre non si fanno solo a colpi di bombe e droni nelle zone del mondo lontane dai nostri salotti occidentali. Si fanno prima di tutto controllando consenso e dissenso in casa nostra.
Ripeto, in Gran Bretagna come altrove, dovremmo tutti aver paura di qualcosa. In strada dovremmo aver paura dell'instabile di turno che si mette a sparacchiare in nome di un Allah prestato al Califfo o in nome di una fantomatica purezza razziale.
Nelle università dovremmo stare attenti a non esporci troppo in opinioni non allineate con l'establishment, in barba alla sbandierata "libertà di parola ed espressione", per non rischiare di essere indagati come "amici dei terroristi". Problema non solo inglese: succede anche in Italia, come nel caso della studentessa condannata per aver raccontato i NoTav nella sua tesi di laurea.
Per lo stesso motivo, come giornalisti e parlamentari, nel caso avessimo opinioni non in linea con la visione corrente, dovremmo aspettarci da un momento all'altro un'ispezione da parte del ministero dell'interno, con relativo sequestro di documenti, perché è stato deciso che "in casi di emergenza" - per motivi di sicurezza - il ministero può agire in questo senso senza nulla osta dei giudici; un'emergenza che non si capisce bene da chi venga stabilita e secondo quali criteri.
Come corrispondente news e promotrice di valori di pace e condivisione sociale da ieri dovrei avere paura per la mia stessa sorte.
Insomma dovremmo tutti farci zitti, morderci le labbra, non esporci troppo.
Stretti fra la paura verso l'uomo della strada o verso le azioni di una classe politica fin troppo zelante nel sopprimere il dissenso.
Sono molte anche le cose che non ho in comune con Jo Cox. Non era certo una radicale nel suo percorso politico: non voleva definirsi una 'blairite' ma allo stesso tempo criticava anche duramente il capo del suo partito, Jeremy Corbyn, molto più a sinistra e con il quale -  oltre alle iniziali - condivideva poco altro. Sull'intervento in Siria aveva una posizione non chiara: parlava del conflitto usando i termini del mainstream, ovvero 'guerra civile' e 'regime' riferendosi ad Assad. Ma al momento del voto sui bombardamenti scelse di astenersi, pronunciandosi a favore di una risoluzione politico-diplomatica. E fu sempre a fianco dei profughi, a favore di una maggiore accoglienza di questi ultimi da parte del Regno Unito.
Ripeto, qualunque sia il movente dietro a questa vicenda, essa risulta cinicamente comoda a molti, in primis i mercati. Ed a chi preme per creare un clima di paura, strumento primario per una manipolazione di massa.
Io non ho paura. È l'unico "non" che mi sento di pronunciare. Risorgo dopo questa ennesima morte per pronunciare il mio sì ai valori di solidarietà e di giustizia sociale, depurando il più possibile il linguaggio dall'odio e dal risentimento. Per invitare tutti a non ritirarsi, a non mordersi le labbra, a non autocensurarsi. In Gran Bretagna come altrove. Ora più che mai.--------

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