martedì 15 aprile 2025

Anti Diplomatico - Paolo Mieli e la «nuova improvvisazione putiniana» per invadere l'Europa

 

15 Aprile 2025 15:00

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

Vorrebbero tanto scrivere “Armata Rossa”, così da associare, sul piano militare, l'esercito russo di oggi al “braccio armato” di quello che definivano “impero sovietico”. Questo, per un verso e, per l'atro, con una tale associazione, avrebbero un ulteriore pretesto per siglare una linea di continuità tra «l'attacco vile e barbaro» su Sumy, testimonianza delle «continue, orribili violenze russe» e la “calata dei cosacchi” in Europa di ottant'anni fa. Il gioco sarebbe fatto: nel 1945 gli “alleati”, e solo loro,  sconfissero la Germania nazista, mentre i “cosacchi” non fecero altro che “dilagare in Europa”.

Vorrebbero dunque scrivere “Armata Rossa”, ma si limitano a scrivere “Armata”: a buon intenditor, pensano quei ciarlatani, l'Armata rimane somunque e sempre quella dei cosacchi che abbeverano i cavalli a san Pietro e che oggi, coi raid missilistici, uccidono i civili ucraini e massacrano addirittura gli artisti che cercano «di portare l'Ucraina fuori dai confini».

Ma i “cosacchi del'Armata” non danno tregua: «Domenica è toccata a Sumy. Ieri a Kharkiv», lacrima sul Corriere della Sera il signor Paolo Mieli, che non ci sembra abbia speso tante lagrime sui civili del Donbass, che tutt'oggi rimangono vittime delle artiglierie di Kiev. Ma, «A dispetto di una costante pioggia di missili sul suo Paese... Zelensky resiste. Incurante di chi gli suggerisce di accettare, per il suo bene ovviamente, una “pace ingiusta”».

Prode guerriero, che manda al macello diciottenni e sessantenni pur di continuare una guerra che poteva essere fermata nell'aprile del 2022. Il fatto che si sia proseguito nella mattanza - sia stata un'imposizione di Boris Johnson o una “decisione autonoma” di Kiev, stando alle contraddittorie dichiarazioni dell'allora capo delegazione ucraino a Istanbul, David Arakhamija, o che Macbeth-Boris si fosse fatto latore di un ordine della von der Leyen – cambia poco alla «ricostruzione storica disinvolta»: quella cioè del signor Mieli. Che, in realtà, tra le varie ipocrite formule d'occasione, come quella secondo cui «Resiste, Zelensky, per sé, per il suo popolo» (quel popolo che viene accalappiato in strada a suon di manganelli e sbattuto in prima linea, quando non riesce a emigrare o dispone di soldi sufficienti a pagarsi l'esonero dalla ferma) spiattella anche la “rivelazione” che la “resistenza” ucraina serva a «dare all’Europa il tempo di armarsi in modo acconcio così da poter eventualmente reagire a qualche nuova improvvisazione putiniana».

Certo, serve proprio a quello, l'agognato «armarsi in modo acconcio»: a reagire all'invasione dell'Europa che avverrà tra cinque anni, o forse anche prima. È dunque tempo che «l’Europa, finalmente ricongiunta alla Gran Bretagna, faccia il proprio dovere nel prendere fin d’ora le giuste contromisure».

Mica la brama di profitti dei monopoli militar-industriali; mica la tenaglia reazionaria che si stringe sempre più al collo delle masse popolari, per toglier loro diritti sociali, economici, politici; no: bisogna «armarsi in modo acconcio» in modo da poter «reagire a qualche nuova improvvisazione putiniana». Su questa strada, «La resistenza ucraina darà a quel che resta del mondo occidentale una consapevolezza nuova dei propri doveri», che sono quelli di armarsi per la guerra.

Nel frattempo, si auspica che «Giorgia Meloni trovi le parole giuste per non dissociarsi, al cospetto di Trump, da Ursula von der Leyen e, con lei, dall’Europa tutta (o quasi) che ha votato il suo piano di riarmo», a dispetto di un'Italia in cui, «più che nel resto d’Europa, l’armata dei “miti” dilaga a destra e a sinistra». Fottuti “miti”, lavativi e codardi che non siete altro; anche se , ammette inconsapevolmente il signor Mieli, sie un'intera «armata».

Per fortuna, sospira lo “storico disinvolto”, la «parte più consistente del Pd al Parlamento europeo (parte che in questa occasione ha preso il volto di Pina Picierno) lascia anch’esso sperare che non tutta la politica italiana si arrenda»: si arrenda, cioè, vigliaccamente di fronte al nemico, che oggi «ha preso il volto» dell’«autocrate del Cremlino».

Il cerchio delle fandonie delle «fandonie storiche disinvolte» del Corriere è così chiuso: non c'era bisogno di scomodare Sumy o Khar'kov – dio ce ne scampi dal ricordare i quasi dieci anni di bombardamenti nazigolpisti sulle città del Donbass, le bombe a grappolo su Stakhanov, Gorlovka, Jasinovataja, Lozovoe, Kalinovka, Logvinovo, Pervomajsk, i droni su Donetsk, Belgorod, Sudža... - per arrivare al nocciolo della questione: finirla con le “pretese assistenziali” delle masse popolari e dirottare tutto sulle armi; orientare le menti alla guerra e instillare nelle coscienze l'ineluttabilità della guerra, contrabbandando le proprie brame belliciste per le mire russe, asserendo che la «meta finale di Putin è ricostruire l’impero russo. Intende riprendersi anche i territori protetti dalla Nato, col rischio di fare esplodere la terza guerra mondiale».

Ecco chiuso il cerchio dei pruriti guerrafondai che da più di un secolo distinguono il Corriere della Sera: è da Mosca che arriva il pericolo di guerra mondiale; è dai russi e solo da essi che si spara deliberatamente sui civili e chissenefrega se gli stessi nazionalisti ucraini dicono il contrario: il 13 aprile, a Sumy, assicurano le “fonti” del Corriere, non c'erano che civili, poiché le cerimonie coi soldati ucraini, è vero che si svolgono, «ma in zone segrete e protette».

Esattamente il contrario di quanto denunciato dalle voci ucraine più ostili al Cremlino.

E se guerra deve essere, che si inviino dunque a Kiev le armi più micidiali, quelle finora tenute in serbo per tempi più “propizi”. Ecco allora che, secondo Die Welt, il primo paese che con ogni probabilità verrà visitato da Friedrich Merz in qualità di nuovo cancelliere tedesco, sarà proprio l'Ucraina, cui potrebbe portare “in dono” la fornitura di missili “Taurus” , con portata di 500 km. Questo aiuterà i naizgolpisti di Kiev a «uscire dalla difensiva», assicura Merz e attaccare il ponte di Kerc, come del resto già teorizzato dall'ex comandante yankee in Europa Ben Hodges, secondo il quale l'elemento chiave nel conflitto in Ucraina è costituito dalla Crimea e la chiave per eliminare dai giochi la penisola, è mettere completamente fuori uso il ponte che collega Kerc alla terraferma.

A Bruxelles, ricorda PolitNavigator, il piano di Merz per i “Taurus” è già stato approvato, per bocca della lituana Kaja Kallas: «Dobbiamo fare di più, affinché l'Ucraina possa difendersi e i civili non debbano morire».

Ipocriti! Politici da cassetta e pennivendoli al loro servizio. Vogliono la guerra; fanno di tutto per scatenare la guerra e versano lacrime ipocrite sulla morte dei civili, che loro stessi affrettano ogni giorno di più.----



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