Fotografia scattata da un bombardiere israeliano.
Come ogni guerra, anche quella che oppone lo Stato di Israele alla popolazione palestinese è accompagnata da una battaglia mediatica.
La Resistenza palestinese non ha bisogno di raccontare l’ingiustizia contro cui si batte: bastano le immagini. La sua propaganda mira piuttosto a esaltare questa o quest’altra sua componente. Israele deve invece convincere della propria buona fede, una sfida non da poco, dato che da tre quarti di secolo vìola il Diritto internazionale.
PRIMA DELL’ATTACCO
Dopo l’attacco della Resistenza palestinese del 7 ottobre scorso, Israele usa ogni mezzo per farci credere:
che si è trattato di un’operazione di Hamas;
che il governo israeliano non sapeva della sua pianificazione.
Il ruolo di Hamas
L’attacco è stato invece compiuto dall’insieme delle fazioni palestinesi, fuorché Al-Fatah [1]. Hamas fino a poco tempo fa si definiva «ramo palestinese della Confraternita dei Fratelli mussulmani», come enunciavano tutti i suoi documenti. A questo titolo ha combattuto i laici di Al-Fatah di Yasser Arafat e dell’FPLP di George Habbash, nonché i laici della Repubblica araba siriana del presidente Bashar al-Assad. Agli occhi di Hamas erano tutti «nemici di Dio». Hamas era finanziato da Israele e i suoi combattenti in Siria erano inquadrati dal Mossad e dalla Nato. Tuttavia, dopo la sconfitta della Confraternita in Egitto e la disfatta in Siria, Hamas si è diviso in due fazioni: una, guidata da Khaled Meshaal, fedele ai Fratelli Mussulmani, che tutt’ora insegue l’instaurazione di un Califfato mondiale; l’altra rifocalizzata sulla liberazione della Palestina. Per iniziativa dell’Iran, quest’ultima ha riallacciato i rapporti con la Siria, tant’è che il suo leader, Khalil Hayya, è stato ricevuto a Damasco dal presidente Bashar al-Assad; nonché con lo Hezbollah libanese, con cui, insieme ad altre componenti della Resistenza palestinese, ha partecipato a riunioni a Beirut.
Tutte le componenti della Resistenza palestinese avevano concordato un’operazione mordi-e-fuggi per prendere in ostaggio civili e soldati israeliani da scambiare con la liberazione di civili e combattenti detenuti in Israele. La data del 7 ottobre è stata decisa solo da Hamas, che ne ha informato le altre fazioni solo poche ore prima dell’inizio. Del resto, i combattenti di Hamas erano maggioritari rispetto ai marxisti dell’FPLP e ai membri dell’Asse della Resistenza (confederati attorno all’Iran), la Jihad islamica.
L’operazione del 7 ottobre, un segreto di pulcinella
L’operazione mordi-e-fuggi era stata pianificata a maggio, a Beirut, in una riunione di coordinamento. La stampa libanese ne aveva dato notizia. Tuttavia, sebbene ne fossero stati fissati i principi, gli obiettivi e le modalità operative, nessuno sapeva quando sarebbe iniziata.
I primi a lanciare l’allarme sono stati gli organi di controspionaggio egiziani, che sostengono la Resistenza palestinese, ma combattono Hamas, senza tuttavia fare distinzioni tra le sue due fazioni. Non erano preoccupati per un possibile successo della Resistenza palestinese, ma per quello dei Fratelli Mussulmani. Il ministro dell’Intelligence, Kamal Abbas, ha personalmente avvertito i servizi israeliani [2].
Il colonnello Yigal Carmon, direttore del Middle East Media Research Institute (Memri), ha avvertito direttamente il primo ministro Benjamin Netanyahu, suo amico personale, di un’imminente minaccia, ma afferma di non essere stato ascoltato [3].
La Central Intelligence Agency (CIA) ha steso due rapporti sulla preparazione dell’attacco. Secondo il New York Times, il secondo, datato 5 ottobre, è stato inoltrato alle autorità israeliane. Secondo il Corriere della Sera, il direttore dello Shin Bet (controspionaggio) ha convocato una riunione dei direttori centrali di tutti i servizi di sicurezza per il 7 ottobre alle 8 del mattino.
Ma i responsabili israeliani hanno comunque avuto il tempo di spostare il luogo previsto per l’inconsueto rave party in una località prossima al confine con Gaza e di congedare le forze che avrebbero dovuto proteggerlo [4].
Moltissime famiglie degli ostaggi sono oggi convinte che Benjamin Netanyahu abbia lasciato fare per giustificare l’operazione contro la popolazione di Gaza.
DOPO L’ATTACCO
Dal 7 ottobre Israele si dà da fare per indurci a credere che:
l’insieme della Resistenza palestinese altro non è che un branco di jihadisti;
le persone che sostengono il Popolo palestinese sono antisemite.
Il montaggio del filmato delle FDI
Le Forze di difesa israeliane (FDI) hanno realizzato un filmato montato con spezzoni di video girati dagli assalitori, con registrazioni delle telecamere di sorveglianza, nonché con loro riprese. Il video vuole convincerci che la Resistenza palestinese è un’accozzaglia di barbari antisemiti. Vi si vedono insopportabili scene di una famiglia dove il padre è ucciso sotto gli occhi dei figli; un jihadista che tenta di staccare la testa con una pala a un cadavere. Ma non si vedono stupri né smembramenti di corpi. Si vedono anche corpi carbonizzati, che lo spettatore pensa siano stati bruciati dai resistenti. In realtà sono stati colpiti da missili terra-aria dell’esercito israeliano, accorso per fermare gli assalitori. La Direttiva Hannibal precisa infatti che i soldati devono uccidere i «terroristi» senza preoccuparsi delle vittime collaterali israeliane.
Il filmato è stato proiettato ai deputati della Knesset, poi al Congresso degli Stati Uniti, infine in diversi parlamenti degli Stati membri della Nato. Soltanto il parlamento belga si è rifiutato di vedere questo prodotto propagandistico, non convalidato da perizie esterne. Il filmato è stato inoltre mostrato in diverse capitali a giornalisti selezionati.
Le autorità israeliane hanno diffuso al grande pubblico solo lo spezzone di dieci minuti che riportiamo sotto. Affermano di non voler diffondere il filmato integrale al grande pubblico per rispetto delle vittime. Ma perché un pubblico ristretto dovrebbe essere più rispettoso? In realtà l’intento è impedire che specialisti denuncino la frode dopo essersi chiesti per ciascuna vittima da chi sia stata uccisa.
Le manifestazioni contro l’antisemitismo
Per far aderire le opinioni pubbliche occidentali alla propria causa e relativizzare il massacro che sta compiendo a Gaza, Israele fomenta in tutto l’Occidente manifestazioni a proprio sostegno. Giacché sarebbe impossibile sollecitare il sostegno a un esercito che compie un genocidio in diretta televisiva, il Mossad suggerisce manifestazioni contro il comprovato antisemitismo di Hamas.
Senonché Hamas è intriso dell’ideologia dei Fratelli Mussulmani. È un movimento suprematista sunnita che ha combattuto prioritariamente e a lungo i mussulmani sciiti e drusi. È sicuramente antisemita, ma in verità è contro le altre confessioni mussulmane, nonché ogni altra religione.
Sicché il Mossad ricorre talvolta a un’altra argomentazione: gli immigrati arabi sostengono Hamas, quindi sono antisemiti; gli Stati europei dovrebbero prendere misure per proteggere i loro cittadini ebrei.
La manifestazione di Washington ha perciò denunciato soprattutto la supposta barbarie di Hamas; la manifestazione di Parigi ha invece messo in primo piano la lotta all’antisemitismo. Ma entrambe non hanno ottenuto l’auspicata massiccia partecipazione. Quella di Washington è stata boicottata da molte associazioni ebraiche. Vi hanno partecipato solo 200 mila persone, in prevalenza cristiani sionisti. I partecipanti erano più interessati ad ascoltare il telepredicatore evangelista John Hagee che a vedere il presidente dello Stato d’Israele, Isaac Herzog. La manifestazione di Parigi è stata aperta dai presidenti delle due assemblee e da tutti i loro predecessori, nonché dal presidente del Consiglio costituzionale e dai suoi predecessori. Al loro seguito solo alcune decine di migliaia di persone. Tra gli assenti spiccavano gli ex ministri degli Esteri Roland Dumas (nonché ex presidente del Consiglio costituzionale) e Dominique de Villepin (nonché ex primo ministro); entrambi eminenti oppositori dell’imperialismo, quindi dei governi statunitensi e israeliani.
Da decenni Israele accusa gli antisemiti di nascondersi dietro un antisionismo di facciata. Progressivamente amalgama i due concetti. Ma l’antisemitismo europeo è una forma di xenofobia iniziata con l’impero romano, proseguita con la Chiesa cattolica e prolungatasi nel nazismo: dapprima gli ebrei sono stati collettivamente accusati d’insurrezione; poi di aver ucciso Cristo; infine di corrompere la razza ariana. L’antisionismo è invece un’opinione politica secondo cui il nazionalismo ebraico non deve mettersi al servizio di un progetto colonialista. Oggi la maggior parte degli ebrei statunitensi sono antisionisti, mentre la maggioranza degli ebrei europei sono sionisti.
Il senatore francese Stéphane le Rudulier (Repubblicani) ha recentemente presentato una proposta di legge che inasprisce le pene per ingiuria, istigazione all’odio o alla violenza nei confronti dello Stato di Israele. Oltre al fatto che non si capisce perché questi reati siano più gravi se commessi contro Israele, è bene ricordare che nel 1975 il mondo fu scosso da un dibattito sulla natura del sionismo. L’Organizzazione dell’Unità Africana affermò che «il regime razzista nella Palestina occupata e il regime razzista in Zimbabwe e in Sudafrica hanno un’origine imperialista comune, sono un’unica cosa, hanno la medesima struttura razzista e sono organicamente connessi in una politica comune destinata a opprimere la dignità e l’integrità dell’essere umano». L’Organizzazione dei Paesi non-allineati definì a sua volta il sionismo «minaccia per la pace e la sicurezza del mondo» e si appellò «a tutti i Paesi affinché si oppongano a questa ideologia razzista e imperialista». Infine l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione in cui il sionismo veniva definito «forma di razzismo e di discriminazione razziale» [5].
La risoluzione delle Nazioni Unite fu abrogata nel 1991 per favorire l’applicazione da parte di Israele delle risoluzioni della Conferenza di Madrid sulla Palestina. Gli altri due testi sono tutt’ora in vigore. Considerata la non-applicazione da parte di Israele delle decisioni di Madrid, come del resto di ogni altro testo internazionale sulla Palestina, la questione del ripristino della risoluzione 3379 è stata più volte sollevata.
LA MESSINSCENA DELL’OSPEDALE AL-SHIFA
In questo contesto le FDI hanno inscenato la scoperta del quartier generale militare di Hamas sotto il più grande ospedale di Gaza. Un ufficiale addetto alle pubbliche relazioni ci ha spiegato che sono state scoperte armi, nonché una corda attaccata alla gamba di una seggiola, tutte prove che dimostrano la presenza degli ostaggi.
Il pubblico, impegnato a dibattere se si tratti di prove convincenti, si è dimenticato la storia dell’ospedale. Fu costruito nel 1983 da Israele [6], quindi le FDI ne possiedono tutti i piani. Il Mossad ha installato Hamas nel sottosuolo di Al-Shifa quando combatteva Al Fatah. In seguito l’ospedale è divenuto luogo d’incontro tra i responsabili di Hamas e i giornalisti stranieri. Ma questo non ne fa un arsenale né un quartier generale militare.
Nell’attuale episodio della guerra israelo-palestinese, le FDI hanno accusato Hamas di aver scavato un tunnel sotto Al-Shifa. In un primo tempo hanno deciso di distruggerlo con bombe penetranti in grado di raggiungerne le viscere. Ma, di fronte alle rimostranze dell’Organizzazione mondiale della Sanità, gli israeliani hanno ammesso che l’obiettivo non legittimava la distruzione di un ospedale. Hanno perciò rinviato l’ordine di evacuazione e l’hanno accerchiato. 2.300 persone tra pazienti, personale sanitario e rifugiati si sono arresi all’esercito israeliano, che li ha perquisiti senza troppi riguardi. Le FDI non hanno mai dichiarato di aver trovato i tunnel che cercavano.
Le FDI hanno dichiarato solo due giorni dopo l’assalto di aver scoperto il quartier generale di Hamas sotto l’ospedale Al-Shifa. Le immagini diffuse dimostrano che un pozzo, vicino all’ospedale, conduceva a delle gallerie, ma non che queste conducevano a un luogo che potesse fungere da quartier generale.
I bombardamenti, le interruzioni di corrente e la perquisizione dell’ospedale hanno provocato numerosi decessi; le FDI hanno portato una decina di incubatrici che ovviamente non possono funzionare a causa delle interruzioni di corrente, come riferito anche da Reuters e BBC. L’influenza del Mossad si fa comunque sentire: la BBC si è infatti scusata con i telespettatori per non aver riportato né la notizia della donazione di incubatrici né della presenza di traduttori dall’ebraico all’arabo.
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