6 Novembre 2021
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Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra interessante riportare questa riflessione fatta da Jacopo Coghe, Vicepresidente di Pro Vita & Famiglia, a proposito dell’ultimo trucco strisciante per censurare in pubblico chi sia contrario all’Utero in Affitto e ad altre nefandezze del genere. Un trucco che ha funzionato, grazie a un piccolo emendamento, proposto da due parlamentari del PD. E di cui chi sostiene a parole di voler difendere vita famiglia e altri bei valori, non si è accorto. Proprio vero che “I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”…Buona lettura, e svegliamoci.
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IN PARLAMENTO QUALCUNO HA DORMITO MENTRE IL GENDER PASSAVA INDISTURBATO
Occhio, si era detto, perché la guerra è ancora lunga. Ora, vuoi per i troppi festeggiamenti per la morte politica della legge contro l’omofobia, vuoi per distrazione, quell’invito a restar lucidi e vigili non è purtropo stato ascoltato. E non lo è stato neanche nei mesi scorsi a quanto pare.
Solo così si può spiegare quanto avvenuto con il decreto legge 10 settembre 2021, n. 121 – più noto come decreto Infrastrutture -, che, nel corso dell’esame alla Camera dei Deputati prima e successivamente in Senato (proprio ieri), ha visto, tra le modifiche introdotte, un emendamento – il numero 1294 – proposto dal Pd ed approvato senza illustrazione né discussione, che strizza l’occhio al mondo arcobaleno.
Come già Pro Vita & Famiglia ha avuto modo di denunciare, infatti, esso vieta espressamente «sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga» dei «messaggi lesivi» in tema di «diritti civili» o in ordine «all’identità di genere». Già, si tratta della stessa identità di genere di cui parlava la lettera d) dell’articolo 1 della legge contro l’omobilesbotransfobia.
Per questo serpeggia un certo malcontento tra chi ha sempre difeso la famiglia e la libertà di pensiero e per questo, vista ormai l’impossibilità di togliere quella polpetta avvelenata inserita nel decreto Infrastrutture, un dubbio sorge: dov’erano i politici che hanno a cuore i valori non negoziabili, quando il Pd preparava e serviva quell’emendamento gender? Perché, soprattutto alla Camera dei Deputati, si sono così alacremente distratti e non si sono accorti di questo “piccolo” dettaglio?
Al Senato, lo si è già detto, grazie ad oltre un anno di campagne informative e manifestazioni che hanno visto Pro Vita & Famiglia in prima linea il ddl Zan è stato fermato. Bene, anzi benissimo.
Quanto accaduto col Dl Infrastrutture dimostra però che questo, da solo, non può bastare. I politici di centrodestra e quanti, in generale, hanno a cuore valori come la vita, la famiglia e la libertà educativa, non possono cioè sperare che ci si sia sempre qualcuno che spieghi loro cosa fare. Devono combattere anch’essi, prepararsi, rimboccarsi le maniche, studiare; e, soprattutto, prestare attenzione a ciò che accade attorno a loro.
Da questo punto di vista, inutile negarlo, tanta parte della sinistra, dei radicali e della galassia Lgbt ha ancora parecchio da insegnare: per determinazione, combattività e costanza. Già, la costanza è probabilmente quello che maggiormente ancora manca, nelle istituzioni, a quanti hanno a cuore i valori non negoziabili. Il che, beninteso, non è un problema solo, si fa per dire, per quanto accaduto per il decreto Infrastrutture.
Dall’eutanasia all’utero in affitto, dalla cannabis legale alle adoziono omogenitoriali, dal «cambio di sesso» per i minori alla minaccia alla libertà educativa, sono infatti molteplici le sfide che ci attendono.
Il punto è che per continuare questa battaglia, a livello politico, non basta più essere – con tutto il rispetto – brave persone. Che è un requisito fondamentale, ovvio: ma non sufficiente. Occorrono anche la capacità di studiare ogni singolo provvedimento, di setacciarne le pieghe, nonché quella di proporre iniziative e atti che possano aiutare la vita, la maternità, la famiglia, i malati, i disabili, la libertà educativa ma anche religiosa.
Tutti temi di enorme spessore antropoligico che però, si badi, non ammettono improvvisazione né distrazione. Cioè quello che si è verificato alla Camera con il Dl Infrastrutture e che ha portato lo stesso decreto ad arrivare “blindato” al Senato.
Risultato: l’ideologia gender, pur non è entrata nelle scuole di ordine e grado, come voleva il ddl Zan, ora è libera, ahinoi, di circolare «sulle strade e sui veicoli». E tutto ciò grazie ad una svista che no, non deve più ripetersi, soprattutto per le sfide che ci attendono.
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