Dopo 12 anni tremendi fatti di neoliberismo e brogli elettorali, Xiomara Castro, esponente della sinistra nonché moglie di Manuel Zelaya, ex presidente rovesciato da un golpe militare, detenuto nottetempo e poi inviato all’estero, vince le elezioni presidenziali con un ampio vantaggio e porta l’Honduras fuori dall’orbita statunitense spostando il baricentro di Tegucigalpa decisamente verso sinistra.
Il 2009 anno cruciale
L'anno 2009 ha segnato un cambiamento definitivo nella vita di Xiomara Castro, la candidata del partito Refundación y Libertad (Libre) presidente eletta dell’Honduras.
All'alba del 28 giugno 2009, membri delle forze armate honduregne fecero irruzione nella residenza presidenziale e arrestarono suo marito, il presidente Manuel Zelaya. Ancora in pigiama, fu trasferito con la forza alla base aerea a sud di Tegucigalpa e un aereo militare lo deportò illegalmente in Costa Rica, dove venne ricevuto dal presidente Oscar Arias. Si inaugurò così quello che fu chiamato il "ciclo dei golpe blandi” in America Latina.
Con lo stesso scenario poi ripetuto in Paraguay, Brasile e Bolivia e ha minacciato di concretizzarsi nel resto dei paesi con governi progressisti nella regione.Allora Xiomara Castro trovò rifugio nell’ambasciata degli Stati Uniti per paura di essere assassinata mentre le strade dell'Honduras erano teatro di violente proteste in difesa della democrazia. Il 7 luglio guidò una manifestazione indetta contro il colpo di Stato e da allora la sua presenza nelle mobilitazioni fu costante, e la sua popolarità in forte aumento in ampi settori progressisti.
Víctor Meza, ex ministro degli Interni di Zelaya, sottolinea che una delle principali virtù di Xiomara Castro è che si tratta di «una candidata nata nelle piazze, nella protesta pubblica e nelle marce che sono durate più di un anno. Questo, senza dubbio, le ha fatto guadagnare una meritata simpatia e il sostegno di tutti i settori politici e sociali che si sono opposti al colpo di Stato».
Per Meza, Xiomara Castro ha un altro vantaggio: è una donna in un Paese dove le donne sono la maggioranza.
Per un socialismo democratico
"Ci sono solo due posizioni qui; il vero cambiamento rappresentato da una donna impegnata per questo popolo honduregno, nel cambio di un un modello che negli ultimi anni si è dedicato a creare povertà e miseria, o votare ancora per gli stessi, con il risultato di maggiore povertà, miseria, omicidi ed esclusione”, ha affermato Xiomara Castro in un comizio tenuto a giugno nella capitale Tegucigalpa.
Nella presentazione del suo programma, Castro ha assicurato che uno degli assi principali è la costruzione di uno Stato socialista democratico in cui «l’obiettivo supremo della società e dello stato è l'essere umano».
Xiomara Castro ha inoltre assicurato uno dei suoi obiettivi sarà «abrogare le leggi che sostengono la dittatura». A sua volta, ha annunciato che chiederà alle Nazioni Unite (ONU) una Commissione internazionale contro la corruzione e l'impunità in Honduras.
Un'altra delle sue priorità è convocare un'Assemblea Nazionale Costituente per riformare la Costituzione della Repubblica, nonché per emanare un nuovo Codice Penale. «Il primo giorno del mio governo, convocherò una consultazione popolare affinché il popolo organizzi ed elegga un’Assemblea Nazionale Costituente e per redigere una nuova Costituzione».
Ha inoltre confermato di volere abrogare la Legge Organica delle zone per l'occupazione e lo sviluppo economico (ZEDE) approvata nel maggio di quest'anno e che istituisce zone del territorio nazionale soggette a un "regime speciale" in cui gli investitori sono responsabili della politica fiscale, della sicurezza e della risoluzione dei conflitti, tra le altre competenze. «Per generare occupazione e sviluppo nel Paese, non abbiamo bisogno di vendere la nostra sovranità. Genereremo quella speranza che il popolo chiede».
Per risollevare il paese dal baratro dove il neoliberismo l’ha gettato la presidente eletta prevede di creare un «Segretariato per la pianificazione economica e lo sviluppo sociale affinché lo Stato organizzi le sue risorse a favore dello sviluppo umano, abbandonando l'applicazione del modello neoliberista».
Secondo Castro «l’Honduras è andato avanti, ma verso l'autoritarismo, il saccheggio e l'espropriazione. Il sistema produce corruttori e corrotti. Dobbiamo cambiare questo sistema e il popolo deve essere custode dei propri diritti».
Un terremoto geopolitico
Grossi cambiamenti in ambito geopolitico si annunciano con la vittoria della candidata socialista. Xiomara Castro ha indicato che stabilirà "immediate relazioni diplomatiche e commerciali con la Cina continentale”, prendendo le distanze, al contempo, dalle autorità secessioniste di Taiwan.
La «massiccia affluenza» alle urne, hanno spiegato osservatori cinesi citati dal quotidiano Global Times, mostra che gli honduregni si stanno stufando dell'amministrazione appoggiata dagli Stati Uniti e che la popolazione è stufa della "diplomazia del dollaro" portata avanti dall’isola di Taiwan. Riconoscere invece il principio della Cina unica potrebbe portare loro benefici più tangibili, anche se la politica diplomatica potrebbe non essere il fattore decisivo nelle elezioni del paese centroamericano.
A commento della probabile elezione di Xiomara Castro, Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha dichiarato che la Cina è disposta a sviluppare legami amichevoli e cooperativi con qualsiasi paese sulla premessa di sostenere il principio di una sola Cina.
L'Honduras è uno dei restanti 15 paesi al mondo che mantiene ancora i cosiddetti "legami diplomatici" con l'isola di Taiwan, e se la vittoria di Castro sarà ufficialmente confermata e lei manterrà la sua promessa, il cambio di atteggiamento della nuova amministrazione dell'Honduras sulla questione potrebbe avere un effetto anche sui restanti 14, ha spiegato al Global Times Jiang Shixue, professore e direttore del Centro per gli studi latinoamericani presso l'Università di Shanghai.
Se l'Honduras interromperà "i legami con Taiwan", infliggerà un duro colpo ai secessionisti e accenderà un campanello d’allarme in paesi come la Lituania che di recente ha allacciato relazioni diplomatiche con i secessionisti di Taiwan.
L’Honduras può invece prendere come metro di paragone il vicino El Salvador. Nel 2018 il paese centroamericano ha tagliato "legami diplomatici" con l'isola di Taiwan e al contempo stabilito legami formali con la Cina. Gli aiuti e gli investimenti di Pechino, al contrario delle poco chiare donazioni di Taiwan, hanno portato benefici tangibili alla società.
I dati ufficiali mostrano che nel 2020 il commercio tra Cina ed El Salvador ha raggiunto 1,11 miliardi di dollari e che le esportazioni da El Salvador alla Cina hanno raggiunto un valore di 172 milioni di dollari, con un aumento del 51,6% su base annua. La Cina si è anche offerta di aiutare a costruire diversi importanti progetti infrastrutturali in El Salvador, tra cui uno stadio e un impianto di trattamento delle acque, invitando il paese ad aderire alla Belt and Road Initiative (BRI).
La Cina ha anche fornito vaccini Covid per sostenere il contrasto alla pandemia in El Salvador. Grazie all'aiuto tempestivo della Cina, è stato inoculato oltre il 55,6% della popolazione di El Salvador, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Xinhua nello scorso ottobre.
Al contrario, l'Honduras aveva tentato di ottenere i vaccini prodotti in Cina quando nel paese scarseggiavano. Tuttavia, il coordinatore capo del gabinetto della nazione, Carlos Alberto Madero, dichiarava al Financial Times che essere "alleato" di Taiwan gli aveva impedito di acquisire vaccini dalla Cina.
Secondo gli analisti cinesi, però, gli Stati Uniti non rinunceranno a interferire nel processo. Una delegazione statunitense in visita guidata da Brian Nichols, l'assistente segretario di Stato nordamericano per gli Affari dell’Emisfero Occidentale in Honduras, ha chiarito la scorsa settimana ai candidati presidenziali honduregni che gli Stati Uniti vogliono che l'Honduras mantenga le sue relazioni "diplomatiche" di lunga data con l'isola di Taiwan.
Gli Stati Uniti hanno anche avvertito le nazioni centroamericane dei "rischi associati all'approccio della Cina alla regione”, secondo quanto riferisce l’agenzia Reuters.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha risposto che non è l'approccio della Cina di cui il popolo latinoamericano dovrebbe diffidare, ma dell’approccio egemonico statunitense che considera i paesi centro e latino americani come il proprio ‘cortile di casa’.
Gli Stati Uniti sono preoccupati. Sentono la sensazione di perdere un ulteriore tassello del proprio ‘cortile di casa’ poiché temono che l'Honduras stabilisca legami con la Cina. Per questo motivo sono pronti a esercitare pressioni a tutti i livelli per ostacolare il processo, sanzioni e cancellazioni degli aiuti compresi.
Ma non finisce qui perché Xiomara Castro potrebbe voler seguire la strada già tracciata da suo marito Zelaya prima del golpe quando aveva portato il paese nell'ALBA-TCP, e rafforzato i legami con il Venezuela bolivariano.
Uno dei primi leader a congratularsi con Xiomara Castro per la vittoria è stato proprio Nicolas Maduro che tramite Twitter ha scritto: «A 12 anni dal golpe contro il fratello Manuel Zelaya, il popolo di Morazán riprende il cammino della speranza, concedendo una storica vittoria alla presidente-eletta, Xiomara Castro. La Patria Grande celebra il trionfo della democrazia e della pace in Honduras. Congratulazioni!». Xiomara Castro ha risposto con un tweet molto chiaro: «Grazie presidente Maduro». L’Honduras era stato uno dei primi paesi a riconoscere come presidente del Venezuela il fantoccio golpista Juan Guaidò.
Insomma, come affermavamo in precedenza, la vittoria di Xiomara Castro - in un paese che ospita basi statunitensi e che gli USA ritengono strategicamente importante - rappresenta un vero e proprio terremoto geopolitico per gli Stati Uniti che hanno già subito un forte smacco in Centro America non riuscendo a rovesciare il governo sandinista del Comandante Ortega in Nicaragua. Adesso un altro paese potrebbe riprendere la strada dell’integrazione regionale nel segno delle politiche avviate da Hugo Chavez e Fidel Castro.
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