martedì 18 febbraio 2020

Tommaso Labate - Domani a “Porta a Porta” Renzi dovrebbe ufficializzare l’addio alla maggioranza



(Tommaso Labate – il Corriere della Sera) – 
«Nessuna tregua, nessun passo indietro. Hanno avuto tre giorni per trovare i numeri per sostituirmi. Ma evidentemente questi numeri non ci sono. Io vado avanti fino all’ obiettivo finale». Non che ce ne fosse bisogno, anche perché il testo della newsletter diffusa nel primo pomeriggio sarebbe stato sufficientemente chiaro, condito da espliciti riferimenti alla crisi di governo («Se cade il Conte bis, nuovo governo e niente elezioni»), chiarificatore sulla sua spasmodica voglia di chiamarsi fuori dalla maggioranza («Noi saremo all’opposizione»), con giusto un ramoscello d’ulivo destinato ai parlamentari che temono di finire anzitempo quella che per tantissimi sarà l’ultima legislatura («Niente elezioni»)....

Ma prima di lanciare la enews sul suo sito, Matteo Renzi ha fatto un giro di telefonate a quelli del giro ristretto, giusto per spiegare senza giri di parole le sue intenzioni.
«Nessuna tregua, nessun passo indietro», è il refrain consegnato al pacchetto di mischia di Italia viva. A meno di clamorosi colpi di scena, al ritorno sulla scena pubblica previsto per domani a Porta a Porta chez Bruno Vespa, Renzi consegnerà la sua personale sfiducia nei confronti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il resto – la partita sulla prescrizione e lo scontro muscolare con Alfonso Bonafede – è, ormai, quasi come l’insalatina messa in un piatto a mo’ di ornamento.
La portata forte, nella testa del leader di Italia viva, è l’ assalto al cuore di Palazzo Chigi.
Nella cerchia ristretta del presidente del Consiglio, dopo giorni a toccare di sciabola, capiscono che si può tentare la strada del fioretto. A metà pomeriggio, quando la enews renziana ha già fatto il giro delle agenzie di stampa, Rocco Casalino alza il telefono e si mette alla ricerca dei renziani considerati più dialoganti. Il senso del messaggio che Conte manda a Renzi attraverso una catena di ambasciatori è, di fatto, che «non c’è nessun Conte ter, andiamo avanti così, non c’è ferita che non si possa curare mettendosi a un tavolo».
E qui comincia un’altra partita. Renzi fa il conto di quanti, tra i suoi, potrebbero voltargli le spalle. «Finora non ne ho trovato neanche uno». Presto per dirlo, ovviamente. Il senatore Leonardo Grimani, che secondo molti sarebbe stato tentato da un ritorno nel Pd, passa la giornata a confezionare lettere di rettifica che dirama con la posta di Facebook: «Sono con Matteo da sette anni e continuerò al suo fianco perché è l’unico leader in grado di interpretare battaglie concrete. Sono convinto delle mie scelte, che rifarei cento volte».
Certo, il gruppo dei responsabili al Senato, agevolato da un’accelerazione verso la crisi di governo, è pronto per nascere a prescindere dagli effettivi di Iv, sorretto dai centristi e da un pezzo di FI. Ma questo, ribadisce ai suoi Renzi, «a me sta benissimo. Si chiama Conte ter e noi ne staremmo fuori».
Certo, alla partecipazione dell’ex premier a Porta a Porta mancano ancora più di ventiquattr’ore. Spazi di mediazione potrebbero essercene ancora. Ma se non succede nulla di clamoroso prima, Renzi giocherà la sua ultima partita nel modo più spregiudicato. «Con Conte per noi è finita. Vogliono fare il Conte ter? In bocca al lupo. Se invece ci vogliono ancora in maggioranza, allora bisogna cambiare il presidente del Consiglio.
Che lo indichi il Pd a noi sta bene», sussurra in serata uno degli esponenti più vicini al leader.
In tanti, nel Pd, sospettano che l’ ex premier abbia un patto non scritto con Salvini. Ma sono solo congetture, per ora. La realtà, e questo nelle conversazioni riservate Renzi l’ ha spiegato, è che se salta la maggioranza in Parlamento salta tutto. Un secondo dopo l’ esplosione, i consiglieri regionali di Iv sarebbero invitati dal leader a lasciare i gruppi e le maggioranze col Pd. Per andare in un «altrove» che ancora non ha forma.
L’ULTIMA CARTA DI CONTE

(Monica Guerzoni – il Corriere della Sera) – I ministri che entrano ed escono da Palazzo Chigi descrivono un Giuseppe Conte «sereno e tranquillo», determinato a rilanciare il governo attraverso i tavoli tematici. Ma dietro l’ apparente quiete, la tempesta politica infuria. Nulla è cambiato dai giorni dello scontro plateale con Renzi, se non la voglia di sopirlo e di non replicare alle provocazioni. Zingaretti ha chiesto ai suoi ministri e parlamentari di gettare acqua sulle polveri e la stessa intende seguire il premier. Ma il fantasma della crisi svolazza su Palazzo Chigi, i cui inquilini si sono convinti che Renzi non deporrà le armi e presto uscirà dalla maggioranza, per passare all’ appoggio esterno.
Conte ha apprezzato la presenza ai tavoli degli esponenti di Italia viva e si aspetta che i renziani votino la fiducia sulle intercettazioni al Senato. Ma il premier non si illude che la «crisetta», come l’ ha chiamata Rosato, segretario di Iv, possa rientrare a breve. Il gioco del cerino rischia di appiccare l’ incendio. Sulle prime la enews dell’ ex capo del governo è stata accolta con sollievo.
«Renzi manda segnali di resa», ha commentato Conte con i collaboratori. Ma poi il clima a Chigi è bruscamente mutato: «Il nuovo atteggiamento di Renzi va preso con le pinze. Cosa chiederà in cambio, per deporre le armi?». A Palazzo Chigi si sono convinti che Renzi abbia alzato la tensione perché «vuole sedersi a tutti i tavoli dove si prendono le decisioni, nomine comprese». Essere stato escluso dalle trattative e aver saputo che i 5 Stelle non vogliono lasciare ai renziani neppure uno strapuntino al vertice delle aziende partecipate, gli avrebbe «fatto saltare i nervi».
Adesso per ricucire ci vorrebbe un chiarimento. Conte assicura di non avere problemi a invitare Renzi a un confronto – faccia a faccia o per interposta delegazione – ma non può farlo, finché non avrà in tasca la certezza che l’ ex segretario del Pd sia pronto a sedersi al tavolo. «Io li ho invitati a chiarirsi al proprio interno, anche prendendosi qualche giorno – ripete Conte nelle conversazioni private – Tocca a loro valutare se vogliono proseguire, in modo leale e collaborativo, a realizzare il programma di governo». I pontieri hanno ripreso a parlarsi e da quel che trapela il prezzo della pace è alto.
«Deve dire che non lavora al Conte ter, che non vuole buttarci fuori e che non cerca i “responsabili”», è la richiesta di Renzi. Tutte garanzie che il presidente pensa di aver già offerto. Ma il leader di Iv non si fida e ai suoi ha confidato di avere «le prove» che il premier sia andato a caccia di voti al Senato per sostituirlo.
«Il gruppo dei nuovi responsabili è pronto – assicurano le truppe governative – Verrà allo scoperto quando ci sarà un fatto nuovo». L’ azzurro Gasparri parla di «sei o sette» senatori renziani pronti a sostenere Conte, ma Rosato smentisce fughe: «Le nostre chat sono piene di risate». In effetti delusi e pentiti si guardano bene dal fare outing, almeno per ora. «Hanno paura», commentano nel Pd, dove temono che Renzi stia preparando lo strappo finale.----

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