domenica 16 febbraio 2020

Intervista a Ferruccio De Bortoli :"Manca un discorso di verità agli italiani".

De


L'editorialista e saggista all'Huffpost: "Gli italiani credono di aver ingoiato troppa austerità. Invece, ne hanno avuta pochissima e di cattiva qualità. Io credo che se ci fosse un leader capace di dire come stanno veramente le cose i voti li prenderebbe"



Si considera un patriota, non un sovranista: “La differenza è che il primo ritiene che gli interessi dell’Italia siano più garantiti se il Paese assume un ruolo serio e responsabile nella costruzione dell’Unione Europea, anziché – come fa il secondo – credere che esista una scorciatoia isolazionista in politica estera, che invece danneggerebbe il Paese”. Da ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli – 66 anni, editorialista, saggista – pensa di aver commesso un errore: “Un pezzo della classe dirigente italiana, me compreso, quando ero alla guida del Corriere, ha pensato – sbagliando – che il vincolo esterno europeo potesse servire a correggere i nostri difetti, aiutandoci a fare delle cose che da soli non saremmo riusciti a fare. Le opinioni contrarie a questo milieu europeista sono state marginalizzate, considerate culturalmente non proponibili, indegne di far parte del dibattito politico. Involontariamente, questo tipo di europeismo, troppo esclusivo, aristocratico, lontano dal sentire popolare, ha alimentato un’opposizione sovranista ostile sia all’Europa, sia all’euro, considerati, rispettivamente, una costruzione politica oligarchica e una moneta al servizio degli interessi delle banche”....

Insieme a Salvatore Rossi, ex direttore generale della Banca d’Italia, De Bortoli ha scritto un libro – La ragione e il buon senso. Conversazione patriottica sull’Italia (Il Mulino) – che riflette sulla crisi politica ed economica italiana, uscendo dalla prigione dell’attualità immediata e ragionando, invece, sull’attualità permanente: “È una distinzione che formulò Alberto Ronchey e che trovo pertinente. Noi giornalisti – e questa è un’altra autocritica professionale – ci occupiamo troppo dell’attualità immediata: la frase di un politico, l’episodio curioso, ciò che fa discutere un giorno e poi si dimentica in fretta. La chiamerei, parafrasando Milan Kundera, l’insostenibile leggerezza della cronaca quotidiana”. Invece, nel suo libro, De Bortoli si occupa dei problemi cronici del nostro paese, quelli che rimangono immutati nonostante cambino i governi, i partiti, le leggi finanziarie, i sussidi.
Il Governo Conte di quale attualità si sta occupando?
Il governo è nato per impedire a Salvini di prendere il potere. Come abbiamo visto negli ultimi giorni, è sostenuto da una maggioranza molto fragile. Non preoccupata più di tanto dalla struttura dei conti pubblici. Se fosse stato il centrodestra a parlare di riduzione del cuneo fiscale e della riforma dell’Irpef, credo oggi saremmo tutti molto più impegnati a domandare: “Dove trovate le risorse?”.
Invece?
Manca un discorso di verità agli italiani. Bisognerebbe avere il coraggio di dire che, se si vuole fare la riforma dell’irpef, allora bisognerebbe ridurre i sussidi, le detrazioni, le deduzioni. Tradotto: significherebbe più tasse.
La verità non paga elettoralmente?
Io credo che se ci fosse un leader capace di dire come stanno veramente le cose in Italia i voti li prenderebbe. Siamo un paese con una grande tradizione, una democrazia compiuta. Dovremmo rimboccarci le maniche e distribuire i sacrifici che ci sono da fare equamente. Sono convinto che non è la verità a non pagare: è l’inganno.
Ma quale sarebbe la verità?
La verità è che l’Italia continua ad accumulare debito e, allo stesso tempo, a perdere capitale fisico e intellettuale. Non accumuliamo più ricchezza. Al contrario, la de-cumuliamo. È come se il patrimonio nazionale fosse affetto da un osteoporosi economica. Spendiamo più di quello che possiamo permetterci. La popolazione non aumenta. In più, perdiamo i nostri talenti migliori – altro che invasione degli immigrati. Se continua così, l’Italia si condanna a non crescere più.
Ripropone l’austerità?
Gli italiani credono di aver ingoiato troppa austerità. Invece, ne hanno avuta pochissima – e di cattiva qualità. Il Governo Monti è durato un breve periodo di tempo. La sua ricetta si basava su un aumento delle tasse, anziché sulla riduzione della spesa pubblica. Non poteva fare altrimenti, perché il Paese si trovava in una situazione d’emergenza. Ma, nel dibattito pubblico, il termine austerità è stato criminalizzato. E le sue virtù, come la sobrietà e il rigore, sono state buttate nel cassonetto.
Il suo è un discorso anche morale?
Mi appartiene l’idea del cattolicesimo lombardo – quello venato da una certa dose di calvinismo – secondo cui è necessario sacrificarsi oggi per avere di più domani. Rinunciare ad avere tutto subito, per avere dei frutti maggiori in futuro.
L’Italia è troppo cattolico-romana per un discorso del genere?
No, i comportamenti della famiglie italiane non corrispondono affatto a quelli di chi li governa. Al contrario del nostro stato, gli italiani sono poco indebitati rispetto al reddito che hanno a disposizione, e hanno un risparmio privato elevatissimo. Non riesco a spiegarmi come un Paese del genere si riconosca in una politica che non gli assomiglia affatto. È come se si riflettesse in uno specchio deforme.
Il paese è migliore di chi lo rappresenta?
Io penso che se gli italiani fossero messi nella condizione di scegliere se continuare a spendere i loro soldi per pagare Alitalia, oppure smettere di farlo, risponderebbero: “Basta”. Il fatto è che non c’è più nessuno che parli di concorrenza. Si discute solo di intervento pubblico nell’economia. Senza che nessuno si scandalizzi più.
I populisti sono i primi a non scandalizzarsi, eppure hanno guadagnato voti.
Il populismo dà risposte sbagliate a domande che sono legittime. Fornisce soluzioni fasulle a problemi che sono reali. È una forma di inganno della buona fede degli elettori. Per questo, ritengo sia necessario un discorso di verità al Paese. Chi avrà il coraggio di farlo, potrebbe anche conquistare il consenso.
È vero che il sistema sta restaurando i privilegi come hanno detto ieri in piazza i 5 stelle?
I 5 stelle si aggrappano ai residui simboli della loro demagogia, come il taglio dei vitalizi, per resistere alla fase 8 settembre in cui sono precipitati. Se la prendono con i poteri forti, che starebbero arrestando la loro rivoluzione. Pongono un problema di quantità, mentre il vero problema è la qualità. Io sarei lieto di pagare per la politica ancora di più se chi mi rappresenta fosse ancora più all’altezza.
Il movimento delle sardine va in questa direzione?
Le sardine hanno dimostrato, pur nella loro ingenuità, che in Italia esistono degli anticorpi alle derive populiste. Rappresentano una parte del paese che vuole partecipare e dire la propria. Dovrebbero piacere anche a coloro che le sardine contestano. Poiché la cosa veramente da temere è l’indifferenza, la rassegnazione.

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