Da dieci anni Massimo Cacciari non è più nel Pd, ma alla sinistra non ha mai smesso di dispensare consigli – e di assestare stoccate. La Verità l’ aveva ascoltato nei concitati giorni d’ estate in cui erano in corso le trattative per la formazione del governo giallorosso. Lo raggiunge di nuovo nelle ore in cui Matteo Renzi, l’ uomo che più aveva voluto l’ intesa con il M5s, sta terremotando il Conte bis.
(Alessandro Rico – la Verità) –
Professore, Renzi vuole far cadere il governo?
«No».
E qual è la sua strategia?
«Sostituire Giuseppe Conte». Che a sua volta vorrebbe sostituirlo con i «responsabili».
Sergio Mattarella, però, ha ribadito più volte che non c’ è altra maggioranza possibile in questa legislatura.
«Infatti il gioco è rischioso. Mattarella non può cedere su questo punto. Ormai si è troppo esposto».
Renzi non le avrà sentite le dichiarazioni del presidente?
«Forse non ci crede ancora. Come non ci crede Luigi Di Maio».
Di Maio?
«Anche lui manderebbe a casa Conte».....
Poi approfondiamo. Renzi ha un accordo con il centrodestra?
«In politica è del tutto naturale avere rapporti con l’ avversario. Ed è chiaro che, da quanto ha fondato il suo partito, Renzi pensa di poter attrarre voti dai residui di Forza Italia. Non vedo particolari problemi interpretativi: non è mica la Scienza della logica di Hegel».
Sa com’ è: Renzi ha voluto il governo giallorosso e ora è stato sul punto di farlo saltare.
«Del tutto logico anche questo».
Ah sì?
«Lui ha fatto nascere questo governo perché non passasse la linea Zingaretti: andare al voto e formare un nuovo gruppo alla Camera. Renzi sarebbe stato spacciato».
Senza dubbio.
«Ecco: primum vivere, deinde philosophari. Allora, il primum vivere di Renzi era impedire a Nicola Zingaretti di andare alle elezioni».
E adesso? Alza il tiro in vista delle nomine?
«Alza il tiro in vista delle nomine e per la contrattazione all’ interno della maggioranza, per mostrare che conta. Non è così pazzo da rischiare rotture drammatiche, che certamente avrebbero conseguenze all’ interno del suo gruppo».
A tal proposito, è vero che ci sono renziani delusi e che il Pd sta lavorando per riportarli all’ ovile?
«Non ne ho idea, ma mi pare logico che il Pd ci provi. Più Renzi spingerà la polemica nei confronti di Conte, più si creeranno dissapori all’ interno di Iv. E penso che lui l’abbia perfettamente calcolato».
Perché Zingaretti, che l’estate scorsa avrebbe preferito il voto, adesso insiste per tenere in piedi il governo?
«Perché vede che la linea della governabilità e del buon rapporto con Conte porta dei risultati presso l’ elettorato».
Non sta svendendo le battaglie ideali del Pd?
«E quali sono? Me ne vuol dire qualcuna?».
Visto che si parla di prescrizione, il garantismo.
«Quando mai è stato garantista il Pd? Forse lei è giovane e non ricorda quant’ erano garantisti questi, negli anni Settanta e Ottanta».
Il Pd, dopo la vittoria in Emilia, è in salute?
«Rispetto a un anno fa, è infinitamente più in salute. Ma la vittoria in Emilia è di Stefano Bonaccini e delle sardine, oltre che un suicidio di Matteo Salvini».
Allude al citofono?
«Con le citofonate deliranti s’ è magnato almeno un punto e mezzo. Ha fatto una cazzata di proporzioni galattiche».
Eh, addirittura?
«Almeno un centinaio di persone, orientate a votare a destra, non foss’ altro che per la voglia di cambiamento, dopo il citofono mi ha telefonato per dirmi: “Va bene, votiamo come ci dici tu”».
Ha citato le sardine: hanno incontrato il governo… proponendo l’ Erasmus Nord-Sud. Piazze a parte, quale contenuto vede in loro?
«Nessuno».
Nessuno?
«Nessuno. Ma chi è che ha contenuti in questo Paese?».
Intanto, hanno già dato un altolà a Bonaccini sull’ autonomia Non rischiano di diventare una scheggia impazzita nel Pd?
«Lo spero!».
Eh?
«Spronino, chiedano, esigano».
Conte è il nuovo Romano Prodi?
(Tono incredulo) «No, no, no».
Perché?
(Risatina sarcastica) «È tutta un’ altra storia. Prodi viene fuori dagli Andreatta, dal Mulino, da un ceto intellettuale e politico di primissimo livello».
Riformulo: Conte sarà il federatore della sinistra?
(Sempre incredulo) «No, no, no».
E quindi cos’ è?
«Una persona molto abile nel mediare. E fintantoché la situazione politica italiana sarà tale per cui nasceranno governi a caso, ci vorranno per forza i Giuseppi».
Le pare giusta la pretesa di precludere il Colle al centrodestra?
«Al Quirinale ci va chi ha i voti».
Sì, ma sembra che bisogni fare di tutto per evitare che quei numeri li abbia il centrodestra.
«Be’, se mi propongono come presidente Salvini o uno di Casapound, avrei qualche perplessità».
Non esageriamo. La Lega aveva tirato fuori Mario Draghi.
«Va benissimo allora».
Il Pd deve farla, l’alleanza organica con il Movimento 5 stelle?
«Il Pd intanto ha il problema di definirsi come partito e darsi un gruppo dirigente nuovo. Per il resto, si tratta solo di alleanze di governo. Quelle si possono fare persino con il centrodestra».
Con il centrodestra?
«In Germania sono 30 anni che vanno avanti con la grande coalizione, senza bisogno di pensare all’ alleanza organica».
La grande coalizione ha logorato Spd e Cdu.
«Le grandi coalizioni hanno iniziato a stentare dopo lo scoppio della crisi, perché hanno margini di manovra ristretti».
Appunto: al Pd conviene battere quella strada?
«È molto difficile, certo. Ma allora siamo coerenti per una volta».
Cioè?
«Vogliamo maggioranze solide? C’è un unico sistema: una legge elettorale con collegi uninominali e doppio turno. Se scelgono il proporzionale, non ci sono alternative alle coalizioni».
Il processo a Salvini?
«È una puttanata totale».
La tocca piano
«Da un lato c’ è una persona che cerca di farsi pubblicità. Dall’ altro ci sono persone che hanno dimostrato ipocritamente di essere interessate soltanto al rinvio, per evitare ricadute sul voto in Emilia».
Una farsa?
«Una “nobile tenzone” tra un demagogo e persone che hanno paura della loro ombra».
Prendiamo la cosa sul serio. Lei, studioso schmittiano, non crede che si crei un precedente pericoloso, destinato a minare l’autonomia della politica?
«Ma l’ autonomia della politica deriva dalla sua forza. Se la politica è debole, non sarà autonoma».
I decreti Sicurezza cambieranno? A sinistra lo dicono tutti e intanto stanno ancora lì
«Quello è un problema soprattutto per i 5 stelle, che hanno bisogno di bandierine per sopravvivere. Spero che il Pd tenga duro».
Come la rinnoverebbe la classe dirigente dei dem?
«Con un congresso serio, in cui Zingaretti si presenti con una sua linea sulle questioni sociali più importanti. Inclusa quella fiscale: in Italia non si può continuare così».
Così come?
«Uno come il sottoscritto versa il 60% del suo reddito in tasse. Non si possono considerare superflui i problemi del ceto medio e medio-alto. A me sta venendo voglia di prendere baracca e burattini e di trasferirmi a Vienna».
Zingaretti cambierà le cose?
«L’attuale Pd è una coorte di cooptati delle vecchie segreterie. Ho fiducia in Zingaretti, ma, Dio non voglia, a queste coorti potrebbe aggiungersi la sua. Se ciò avvenisse, sarebbe la fine del Pd».
Ma se le personalità non ci sono, il congresso da dove le tira fuori?
«Le personalità ci sono. Bonaccini, ad esempio: ha governato bene, s’ è fatto la campagna elettorale evitando che i capi si facessero vivi anche solo per telefono».
Bisogna pescare dai territori?
«Sì. Mica esistono solo i ministeriali romani, quelli che compaiono in tv e ritwittano le veline. Ci sono anche tanti giovani che vorrebbero fare politica seriamente, anziché rompersi i coglioni con riunioni su riunioni, in cui devono essere valutati da qualche cooptato».
Però s’ è parlato soprattutto di cambiare il nome al partito: si pensa al packaging e non a cosa c’ è dentro il pacchetto.
«Quello è il grande rischio che corre Zingaretti. Per il Paese però sarebbe importante avere un centrosinistra organizzato decentemente e, dall’altra parte, un centrodestra altrettanto decente».
Centrodestra decente? Mica si riferisce all’ affiorare di Giorgia Meloni come figura quasi «istituzionale», a paragone di Salvini?
«Ha un tono moderato. Poi è donna. E ciò oggi conta».
Sì, ma non è che la «gente che piace» la sta corteggiando per metterla contro Salvini? Un po’ come ai tempi di Gianfranco Fini.
«La sua estrazione lo rende difficile. Se si va al voto, tra lei e Salvini l’ intesa sarà immediata».
Citava Di Maio. Come lo vede?
«Non è stato fatto fuori perché Beppe Grillo non vuole correre il rischio di mettere il Movimento in mano a quell’ altro Quello che va in giro per il mondo».
Alessandro Di Battista?
«Sì, lui. I 5 stelle sono sostanzialmente divisi tra tre componenti».
Quali?
«Questa, che definirei nostalgica; quella che vorrebbe ragionare seriamente con il Pd; e la terza, che è la stragrande maggioranza nei gruppi parlamentari ed è abbarbicata allo stipendietto. Sarà questa a prevalere, finché non ci sarà un totale disastro elettorale. Lo vedremo alle regionali – dove, se fossi in loro, mi nasconderei».
In che modo?
«Accordi con il Pd tramite liste civiche».
In Umbria non ha funzionato.
«No, ma almeno non sono stati massacrati i grillini in prima persona. Se uno si presenta in coppia, può sempre dare all’ altro la colpa del massacro».-----
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