Marco Travaglio - (pressreader.com) –
Siamo il Paese più credulone, o più disinformato, o tutt’e due le cose insieme, del mondo occidentale. Lo dice una ricerca di Bobby Duffy, direttore della sezione inglese di Ipsos, che ha interpellato un campione di 50 mila cittadini di 13 diverse nazioni e sta per pubblicarla nel libro I pericoli della percezione. Chi volesse spiegare la cosa con la solita litania sulle fake news del web filopopulista si legga la classifica degli altri Paesi e scoprirà che le balle attecchiscono e proliferano tanto in quelli governati dai cosiddetti “populisti” (come il nostro e l’America di Trump), quanto in quelli governati dalle vecchie élite mainstream (la Francia di Macron, la Spagna di Sánchez, il Canada di Trudeau ecc.). La spiegazione del nostro record è un po’ meno semplice e semplicistica. E risale all’annosa tara che ammorba l’informazione italiana da ben prima dell’avvento dei social, quand’era ancora monopolio incontrastato di tv e giornaloni: il gigantesco conflitto d’interessi tra affari, politica e media....
Esempio: la maggioranza degli italiani pensa che gli islamici siano il 20% della popolazione, invece sono il 3,7%. E secondo l’istituto Cattaneo, gl’immigrati percepiti in Italia sono il 25%: cioè crediamo di avere il quadruplo di immigrati rispetto a quelli reali e pensiamo pure che siano tutti musulmani, mentre lo sono soltanto per la metà. Sarà tutta colpa di Salvini, o dei 5Stelle, o di Minniti che hanno preso di petto la questione? Chi lo pensa dimentica che per vent’anni e passa non solo la Lega, ma anche FI e il Pd hanno cavalcato l’“emergenza immigrazione”, associandola disinvoltamente all’“emergenza sicurezza”, a puro scopo propagandistico: o per raccattare voti a buon mercato, o per creare armi di distrazione di massa da altri problemi più urgenti.
I “pacchetti sicurezza”, che spacciavano per sicurezza la rassicurazione senza far nulla per rendere le persone più sicure, si sono susseguiti sotto i governi (e le amministrazioni locali) di centrodestra e centrosinistra. Che, essendo padroni delle tv, gonfiavano o sgonfiavano l’allarme a seconda delle esigenze del momento. Non c’è Paese al mondo con tanta cronaca nera, tanti delitti, tanto sangue e tanti migranti (non certo esclusivisti del crimine) nei tg e nei talk politici. Come i generali argentini che invasero le Falkland per distrarre il popolo dalla devastante crisi economica, così oggi Salvini (e ieri tanti suoi emuli) drammatizza il tema degli sbarchi (peraltro ormai ridotti al lumicino rispetto al passato) perché nessuno gli chieda conto delle promesse passate in cavalleria.
Ecioè la flat tax, l’abolizione della legge Fornero, il rimpatrio dei 600 mila clandestini (derubricato a “grossa sparata” dallo stesso sottosegretario leghista Giorgetti), la legittima difesa (anzi offesa) per tutti. Ma anche il centrosinistra che trascura le paure delle persone più deboli e indifese sbattendo loro in faccia le statistiche sul calo percentuale dei reati non aiuta una corretta percezione della realtà: se le rapine sono meno che in passato, non è che chi viene rapinato s’incazzi di meno. Anzi, se qualcuno tenta di consolarlo con la statistica sulla diminuzione delle rapine, s’incazza due volte. Idem per vitalizi e pensioni d’oro: se uno non ha un euro per campare e un politico gli dà una pacca sulla spalla e gli spiega che vitalizi e superpensioni incidono sul bilancio dello Stato solo per poche centinaia di milioni, come minimo gli prudono le mani.
Per quanto abile a dirottare dove vuole lui gli occhi, la testa e soprattutto la pancia di milioni di italiani, Salvini non è né l’unico né il principale artefice delle nostre percezioni sballate. Molto più grave e preoccupante – ricorda Nando Pagnoncelli – è “il nostro livello di istruzione troppo basso, con il 16,3% di laureati sulla forza lavoro”. E soprattutto l’asservimento alla politica e alla finanza dell’informazione che dovrebbe smentire le imposture del potere, ristabilire la verità e dettare l’agenda con la giusta scala di priorità.
Prendiamo il crollo del ponte Morandi a Genova, con 43 morti. Chi, dalle cattedre improbabili del pensiero unico mainstream, punta il dito contro i social populisti come depositari delle fake news dovrebbe rispondere a una domanda molto semplice: cosa avremmo saputo della gestione delle nostre autostrade e dunque delle responsabilità politico-amministrative della catastrofe, senza un paio di quotidiani liberi (fra cui il Fatto) e una moltitudine di siti e social indipendenti? Quasi nulla. Nei primi giorni nessun giornalone o grande tg osava nominare i Benetton, preferendo parlare genericamente di “Atlantia” e“Autostrade per l’Italia”, come se fossero entità astratte, o idee platoniche. Poi, a furia di insistere, abbiamo imposto il tema del concessionario privato che ingrassa da 20 anni su un bene pubblico senza obblighi né controlli.
E anche gli altri – quelli che a loro volta ingrassano sulla pubblicità e le sponsorizzazioni della nota famiglia trevigiana – hanno dovuto arrendersi e fare quel nome. Le peggiori fake news sono quelle che non si vedono: si chiamano omissioni e non temono smentite. Se uno mi racconta una cosa, mi domando se sia vera o falsa; ma, se uno non mi racconta nulla, non mi viene neppure la tentazione di andare a verificare. Per questo, da nove anni, prendendoci gl’insulti da destra e da sinistra, da sotto e da sopra, passiamo ai raggi X le “verità” ufficiali e riempiamo il Fatto di fatti, senza tacere nulla di ciò che sappiamo e allegando i documenti perché tutti possano controllare. L’abbraccio di migliaia di lettori, ogni giorno in edicola e in abbonamento e anche quest’anno alla festa della Versiliana, ci fa sentire almeno un po’ utili.
“Balle percepite”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 2 settembre 2018
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