L’idea è rilanciare il club di Serie C lanciando giovani italiani. Colombo socio di minoranza?
IL RAPPORTO Certo, ci sono pure gli aspetti finanziari e tutte quelle faccende lì a invogliarlo, magari la possibilità di far diventare l’area attorno al Brianteo una zona commerciale sul modello di ciò che si vede in giro per l’Europa e per il mondo, ma l’inizio di tutto il disegno è il pallone. Che il pallone, in seguito, diventi strumento per fare affari rientra nella logica dell’economia moderna. Per realizzare questo progetto, con Berlusconi alla presidenza, non poteva non essere chiamato Adriano Galliani, che a Monza è nato. Il loro sodalizio è molto più di un matrimonio: dura dal 1° novembre del 1979, quando Galliani cedette la sua azienda, l’Elettronica Industriale, a Berlusconi e ne divenne stretto collaboratore. In quei giorni, accordandosi sul ruolo, proprio Galliani disse a Berlusconi: «Ci sto, ma a un patto: di poter sempre seguire, in casa e in trasferta, le partite del Monza». Già, perché al tempo lui era socio e vicepresidente della società brianzola. Berlusconi, pur stupito per una richiesta così particolare, accettò. Poi assieme, dopo averlo acquisito nel febbraio del 1986, hanno portato il Milan in cima al mondo.
IL PIANO Adesso, non potendo impegnarsi direttamente con altri club importanti, perché non si potrebbe nemmeno immaginare un Berlusconi proprietario di una società diversa dal Milan o un Galliani amministratore delegato di una squadra che non avesse le maglie a strisce rossonere, i due giocano una partita che a molti può sembrare folle: comprare il Monza dalla famiglia Colombo (che conserverebbe una quota di minoranza) e portarlo, dalla Lega Pro in cui naviga, per la prima volta in Serie A, lì dove non è mai stato. Più che una partita, è un’impresa. Tanto affascinante quanto rischiosa, perché ai primi insuccessi (che ci saranno, come ci sono stati quando la coppia guidava il Milan) sarà impossibile non ascoltare le critiche di quelli che pontificheranno: «Ve l’avevo detto che non era il caso di fare un simile passo!». Loro, però, sembrano molto determinati e, al di là del comprensibile riserbo e delle ovvie «bocche cucite», studiano piani d’investimento, progettano ristrutturazioni societarie, pensano al calciomercato. L’idea è quella di avere una squadra di ragazzi italiani che faccia anche da serbatoio per le nazionali giovanili. Grande importanza, e dunque notevoli investimenti, avrà il vivaio, proprio come nel Milan che fu: da dove sono usciti i Baresi, i Costacurta, i Filippo Galli e i Paolo Maldini?
IL CONTATTO A parlare della trattativa, che è già a buon punto e si pensa di chiuderla entro la fine di settembre, è Nicola Colombo, attuale presidente del Monza e figlio di quel Felice che fu numero uno del Milan all’epoca dello scudetto della stella con Liedholm (1978-79). Colombo ha avuto un contatto con un gruppo industriale americano per la cessione della società, ma appena si è manifestata l’intenzione di Berlusconi di rilevare il pacchetto di maggioranza ha dato una decisa sterzata. «Per me sarebbe un grande onore avere come socio il gruppo Fininvest e Silvio Berlusconi. E sarebbe molto importante per la città di Monza e il territorio brianzolo. Il Monza non è mai stato in Serie A e questo potrebbe essere uno stimolo per chiunque, quello di raggiungere un obiettivo mai raggiunto in 106 anni di storia». E Galliani, leggendo queste parole, andrà indietro a quel primo luglio del 1979 quando il Monza perse lo spareggio per la promozione contro il Pescara al Dall’Ara di Bologna. C’era anche lui in tribuna, lui che negli uffici della società brianzola ha imparato a conoscere il calcio e i suoi meccanismi fino a diventarne uno dei massimi esperti. Ripartire dalle origini, ecco che cosa muove Berlusconi e Galliani. Prima i sentimenti e poi gli affari. Con l’idea fissa di piantare radici solide in una terra che amano.
Nessun commento:
Posta un commento