Strastoterpzy
In Ucraina orientale, le persone sono pronte a battersi e a morire sfidando il regime corrotto installatosi dopo un rovesciamento governativo pianificato dagli Stati Uniti, così come i russi erano pronti a combattere e ad immolarsi durante la Seconda Guerra Mondiale, che ne ha visti perire trenta milioni: le loro case bombardate, le famiglie distrutte e le donne violentate. Ecco ciò che emerge: il popolo è pronto a morire. E voi lo siete? O tutto questo fa parte della vostra realtà hollywoodiana…? (Vladimir Putin).
Ecco il dramma insospettato della guerra globale che, fino a poche settimane fa, si stava profilando: per noi, da settant’anni, la guerra è una realtà cinematografica, un divertimento da videogiochi, un soggetto di fantasia… Non lo diciamo perché – come siamo stati stigmatizzati da un giornalista di regime – adoriamo il presidente russo, ma semplicemente perché è vero. Putin non ha fatto altro che aiutarci a prendere coscienza di una realtà che preferiamo non vedere: il precedente governo americano si era lanciato, dall’Europa dell’Est al Medio Oriente, in un pericolosissimo gioco di provocazioni, probabilmente aizzato dai suoi finanziatori circoncisi. Ora, dopo l’inattesa vittoria di Donald Trump, questi ultimi sembrano aver optato per un lavorio di captatio benevolentiae, visto come alcuni influenti rabbini d’Israele si sono dati ad esaltarlo quale improbabile figura messianica scelta da Dio per la ricostruzione del Tempio. Prima dell’elezione, invece, un’importante rivista statunitense specializzata in diritto, di proprietà di un magnate ebreo, aveva pubblicato uno studio sulla procedura da seguire nel caso in cui un presidente eletto si fosse improvvisamente trovato nell’impossibilità di assumere le sue funzioni: quanto meno curioso…
Ma non conviene creare un altro martire alla Kennedy; per ora – dato che non mancano certo gli appigli – continuano perciò ad usare armi più comuni (come i ricatti giudiziari e la manipolazione dell’opinione pubblica) per costringerlo a circondarsi di collaboratori giudei. Ad analoga tattica sleale e proditoria, d’altronde, si era prestato, qualche mese prima, nientemeno che il capo della Chiesa Cattolica Romana con due parole al volo, in senso proprio e figurato. Schierarsi così platealmente per la concorrente abortista e bombarola, promotrice di califfati, primavere arabe e rivoluzioni colorate, potrebbe sembrare come minimo fuori luogo, se non altro per il bon ton della diplomazia vaticana; ma una sbirciatina nei misteriosi intrecci dell’alta finanza internazionale potrebbe fornire un abbozzo di spiegazione degli aspetti più inquietanti della realtà nascosta di quest’anomalo pontificato. La “Chiesa dei poveri” sognata da Francesco sembra più che altro consegnata agli speculatori delle grandi banche mondiali – e non è mica colpa nostra se esse appartengono a membri di un’etnia ben precisa.
Risulta sempre più chiaro che la degenerazione dottrinale e morale della Chiesa, cui Bergoglio ha impresso una vertiginosa accelerazione, è inscindibile da fattori di ordine finanziario e geopolitico. In una recente intervista, un anonimo funzionario di Curia rivela retroscena estremamente complessi, capaci però di gettare qualche luce sugli eventi degli ultimi quattro anni. Nei nove mesi di “sede vacante” dello IOR seguiti alla cacciata dell’uomo scelto da Benedetto XVI (ancora regnante!) per il risanamento delle finanze vaticane, la maggior parte dei capitali è stata trasferita in altre banche, per lo più controllate dalla Goldman & Sachs e dalla J.P. Morgan. Oggi lo IOR è in regola con le norme internazionali di trasparenza e di lotta al riciclaggio, ma l’organismo che amministra il patrimonio più ingente è un altro, l’APSA, che non pubblica bilanci e non può quindi essere controllato dall’esterno. Guarda caso, il suo responsabile, il bertoniano cardinal Calcagno, è l’unico che resista ai tentativi, messi in opera dal sovrano, di centralizzare la gestione finanziaria della Santa Sede mediante la creazione di nuovi dicasteri: il Consiglio per l’Economia, presieduto dal fidato braccio destro tedesco, il cardinal Marx (un nome, un programma), e la Segreteria per l’Economia, guidata dall’australiano cardinal Pell (molto indebolito, tuttavia, dalla pretestuosa inchiesta su casi di pedofilia verificatisi nella sua diocesi quando egli non era ancora nemmeno vescovo).
L’indiretto controllo sull’immenso patrimonio dell’APSA, valutabile in centinaia di miliardi, può spiegare come mai l’ex-Segretario di Stato, anziché finire defenestrato chissà dove come altri cardinali sgraditi, continui a dormire sonni tranquilli nel suo smisurato attico all’interno delle mura leonine, in stridente contrasto con lo stile ostentato dal Pontefice. Ma questo non è affar nostro, bensì di Chi gli chiederà conto di questa e di tante altre singolarità, come le sue amicizie a livelli politici altissimi. Il tesoro dell’APSA, in ogni caso, dovrebbe trovarsi in buona parte depositato… a Cuba e a Francoforte. Che la riconciliazione con il líder maximo, testè defunto, abbia avuto moventi collaterali molto prosaici? Si può ben accettare che il Venerdì Santo sia civilmente giorno festivo perfino nella patria della revolución, se dal Vaticano arriva un fiume di denaro da investire. Ad ogni modo, le ricchissime e ultraprogressiste diocesi tedesche (con a capo il summenzionato Marx) sono vere e proprie holding finanziarie che da decenni foraggiano l’America Latina – oltre all’Africa che, nonostante gli accorati appelli dei vescovi locali a non partire, sta perdendo la migliore gioventù in nome dell’accoglienza, un valore per il quale qualcuno è pur disposto a pagare il viaggio a decine di migliaia di “migranti” indotti…
Come minimo, pare trattarsi di una lotta tra squali che si stanno spartendo l’enorme torta delle finanze vaticane. Se lo strapotere di Bertone e soci, nel 2012, sembrava ormai consolidato in modo irreversibile, ecco che le dimissioni di Benedetto XVI e l’elezione di Francesco hanno riaperto il gioco. Non per nulla, evidentemente, un altro maneggione di prim’ordine, di cui il buon Tarcisio si era sbarazzato spedendolo nunzio a Washington (scelta quanto meno imprudente), si è alacremente adoperato con i cardinali nord- e sudamericani per convincerli a eleggere Bergoglio come salvatore della Chiesa dalla dilagante corruzione romana. Anche in questo caso, non sta a noi ringraziarlo, giacché se ne occuperà qualcun Altro; ma già da prima le occulte manovre di monsignor Carlo Maria Viganò erano ben note per la fuga di documenti riservati di cui fu materiale artefice un povero cameriere pontificio. Lo scandalo successivo (finito poi in una bolla di sapone), imputato a un monsignorino poco moralista e a una rampante ragazzetta in affari inserita da Francesco stesso in un ganglio vitale del suo sistema di controllo, dev’essere stato voluto, viceversa, per squalificare l’ambiente curiale impiantato da Bertone onde far spazio agli scagnozzi del nuovo uomo forte. Si vocifera che la cosiddetta banda dei maltesi, lanciatasi all’assalto dell’ultima fortezza, sia stata imposta proprio da oltreoceano, da colei che aveva preso a programma il “ridimensionamento” delle religioni.
In soldoni, ci sono incalcolabili somme di denaro gestite, da una parte e dall’altra, da ecclesiastici traditori che sono probabilmente, a loro volta, burattini manovrati dall’alta finanza ebraica e da chissà chi altri. Da questi fondi si è attinto per sostenere la campagna elettorale della Clinton e forse – Dio non voglia – anche i suoi interventi bellici in Medio Oriente (in altre parole, gli orrori dei tagliagole che stanno facendo strage di cristiani e distruggendo i loro venerandi monumenti). Perché Bergoglio, tolte le chiacchiere, non interviene efficacemente in quella tragedia? Perché ha fermato “con la preghiera” un intervento diretto dell’Occidente in Siria? Conviene di più appoggiare sotto banco gli estremisti islamici in una guerra che si sta trascinando all’infinito? Non voglio farvi perdere la fede: Gesù ha promesso che non prevarranno, ma questa è l’ora in cui i nemici di Dio, una volta penetrati nel Santuario, ne hanno preso il controllo; unico inconveniente per loro, a quanto pare, è che la questione si gioca tra due opposte fazioni. Niente di nuovo sotto il sole: il diavolo divide anche quelli che lo servono per accrescere i danni e la confusione, oltre che per spingerli infine a divorarsi a vicenda, quando non gli serviranno più.
Che c’entrano, in tutto questo, Putin e Trump? Forse – e sottolineo: forse – sono l’inizio di un cambiamento di scena; la Provvidenza sceglie chi vuole. L’uno, però, è alla guida di uno Stato massonico asservito al sionismo che da un secolo e mezzo non sperimenta guerre sul proprio territorio, ma le provoca altrove; l’altro di un popolo la cui fede sta rinascendo dopo una prova apocalittica ed è abituato a soffrire l’inverosimile fin dall’inizio della sua storia. Non so a che cosa andiamo incontro in questo 2017 che sta per iniziare. Se Trump sarà succube del ricchissimo genero ebreo e lo accontenterà nelle nomine, la guerra potrebbe essere solo momentaneamente rimandata: il Piano Kivunim, all’attuazione del quale si sono ugualmente prestate amministrazioni americane di opposte sponde, prevede infatti la destabilizzazione e lo smembramento di una serie di Stati arabi che circondano Israele, ai quali manca solo l’Iran, legato alla Russia. In Siria le truppe di Assad, grazie al potente alleato, hanno quasi ripreso Aleppo; gli altri staranno a guardare?
Fra i santi russi più amati, c’è una categoria caratteristica della loro spiritualità: gli strastoterpzy (approssimativamente: imitatori della Passione), ossia coloro che si sono resi somiglianti a Cristo crocifisso mediante l’accettazione pacifica, per amore di Dio e del prossimo, della violenza loro inferta; i più recenti sono le vittime della persecuzione comunista recentemente canonizzate dal Patriarcato di Mosca. Familiarizzarsi con loro ci farebbe spiritualmente bene. Dobbiamo essere pronti a soffrire, non solo per fedeltà alla verità che salva, ma anche per l’intervento purificatore che potrebbe giungere, per la società e per la Chiesa, da dove meno ce l’aspettiamo. Chi non l’abbia ancora fatto, si consacri al Cuore immacolato di Maria e preghi perché ciò si realizzi anche per la Russia, in un modo o in un altro. Le promesse del Cielo non deludono, ma bisogna pur ascoltarlo.
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