Mentre i media sollevano il polverone utile ai mandanti, e sviluppano la “narrativa” conseguente , mi limito a sottolineare solo tre o quattro dati su Amri.
- Il calibro ridicolo, un .22, della sua arma. Con la quale il terrorista ritiene opportuno sparare ai due agenti, dando così loro la motivazione legale per “rispondere al fuoco” (capirai, ne ha”ferito uno”) e freddarlo immediatamente. Nemmeno ferirlo, ma farlo secco subito.
- Il piazzale Primo Maggio dove è stato fulminato è a 300 metri dal Centro Islamico di via Tasso, dove c’è movimento continuo giorno e notte. Ma soprattutto, dove probabilmente il tunisino ha bussato o provato a bussare ad alcune porte che conosceva e riteneva ‘sicure’ (non aveva nemmeno ricambi d’abito), e che può aver trovato “chiuse”.
- Il TIR polacco – mi indica un amico – prima di andarsi a schiantare a Berlino aveva fatto un carico alla OMM srl. In via Cesare Cantù 8, a Cinisello. Ossia a un chilometro dal piazzale della Stazione di Sesto dove Amri ha trovato la morte.
- Dunque, Amri si è fatto ammazzare là dove il camion polacco era partito per il suo ultimo viaggio; e forse dal punto in cui anche lui era venuto. Siamo sicuri che all’andata, oltre alle merci da portare a Berlino, il polacco non portasse anche Amri, caricato anche lui a Cinisello? Spesso i guidatori di TIR caricano clandestini dietro compenso.
- L’autista del TIR valica il Brennero il 16, e rimane fermo a Berlino 3 giorni. Non è un comportamento normale per nessuna ditta di autotrasporti, lasciare inoperoso camion e guidatore (che paga anche quando è fermo).
- Infine il video in cui Amri si dichiara vendicatore dell’IS e bla bla bla. E’ firmato dalla solita e nota sigla (che i media hanno generalmente nascosto): SITE di Rita Katz....
A mio parere è una firma. Secondo me, bisognerebbe indagare se l’organizzazione che sta dietro la sigla SITE fa’ fare questi video a gente che ha condannato alla morte jihadista, e che convince con qualche soldo. Compito facile, si tratta di marginali
Da valutare insieme alle altre che rendono la strage di Berlino così simile a quella di Nizza il 14 luglio.
Anche qui, alla strage è presente un israeliano, Shlomo Shpiro. Un esperto di terrorismo, docente di “terrorismo” (sic) nell’università Bar-Illan di Tel Aviv, uomo dei servizi, decorato per non si sa quali meriti da Shimon Peres nel 2010.
Naturalmente i nostri quattro lettori ricordano che a Nizza, proprio nel momento, si trovava il fortunato giornalista tedesco Richard Gutjahr, marito di Einat Wilf, deputata israeliana, estremista e interna ai servizi. Ma non basta: colui che ha fatto il video più completo sulla sparatoria degli agenti francesi che, di notte, circondano il camion del terrorista, è un ebreo: Ynet News (l’agenzia dei coloni) lo chiama Silvan Ben Weiss. Il suo vero nome (o il suo altro nome) è Sylvain Ben-ouaich. Uno che ha lavorato come uomo della security per la ditta vinicola Baron Edmond de Rotschild, nonché, per 12 anni, per lo Israel Export Institute, una agenzia del governo sionista, che è stata a lungo diretta da Rafi Eitan, un leggendario dirigente del Mossad.
(Per vedere il suo video e il suo profilo di fanatico israeliano, qui:
Ricordo che anche il giorno della strage “islamista” di Charlie Hebdo, il primo video col telefonino fu preso – da chi? Nelle prime ore, si disse: da Amchai Stein. Nientemeno che il vicedirettore della tv israeliana Channel 1, che si disse, s’era rifugiato sul tetto. Poi la notizia è scomparsa, e si è dichiarato autore del video tale Martin Boudot, giornalista di agenzia, precario, che dice di essere andato a trovare quel giorno l’agente di guardia a Charlie Hebdo, suo amico di sempre . Che quel giorno non c’era.
Anche al Bataclàn
Anche nella spaventosa strage del Bataclàn c’è stata una “firma” israeliana. E’in quella che pare esser l’unica foto dell’interno del teatro, sparso di cadaveri tra fiumi di sangue, un’immagine orrenda che, dopo, è stata mostrata solo sfocata. Chi ha diffuso per primo quella foto? La fonte più strana: Israel Hatzolah, il gruppo – con sede a Gerusalemme – di soccorritori ultra-sionisti che, spesso, vediamo intervenire (con la kippah e i cernecchi) a portare i feriti in attentati in Israele. Ma come mai uno dei volontari si trovava all’interno del Bataclàn subito dopo la strage?
(per tutti i particolari vedere qui: http://www.panamza.com/151215-bataclan-jerusalem/).
Così informati, torniamo al nostro esperto che era a Breitscheidplatz pochi minuti prima che avvenisse la strage. Lo ha raccontato il Juedische Allgemeine, giornale ebraico di Berlino:
Lo stesso giornale poi intervista l’esperto, e gli chiede: “Cosa la Germania può imparare da Israele” nella lotta al terrorismo islamico?
“Fare come Israele”, “impariamo da Israele”, è il leitmotiv che è risonato anche dopo la strage di Nizza.
“Facciamo come in Israele. Ognuno diventi sentinella “ Dureghello (presidente della Comunità ebraica romana). Civiltà in pericolo. Va > alzata l’attenzione da parte di tutti” di Filippo Caleri (Il Tempo, > 18 luglio 2016)_
“Finalmente, con anni di ritardo, molti comprendono in Italia e in Europa che l’unico modo per ridurre – non per annullare – la minaccia terroristica è imparare dagli israeliani, che convivono da sempre con un terrorismo islamico feroce, ma sanno contrastarlo e contenerlo come nessuno al mondo” (Meno comfort e privacy valgono il prezzo della libertà” Carlo Panella (il famoso neocon) (Libero, 21 luglio 2016):
“Dovete tutti sentirvi parte di un esercito in guerra di Fausto Carioti (Libero, 21 luglio 2016): «…
“Sicurezza negli aeroporti: perché adottare il sistema israeliano ” di Gabriele Mirabella (Voci di Città, 22 luglio 2016).
Sono solo alcuni dei titoli che sono apparsi sui media italici subito dopo l’attentato di Nizza (potrei mettercene dozzine). Quanto agli articoli, il tono è- come definirlo? – pubblicitario. Sono consigli per gli acquisti della insuperabile security che Israele ha sviluppato nella repressione alla resistenza palestinese. Ecco un esempio di pubblicità.
“L’efficacia di questo sistema risiede principalmente nell’abilità di un personale di sicurezza altamente qualificato più che nell’utilizzo accentuato dei body scanner o di qualche altro macchinario all’avanguardia. Poco importa se i passeggeri sono costretti ad attendere tre ore prima di imbarcarsi, passando attraverso ben cinque livelli di sicurezza, se ciò significa assicurare l’incolumità fisica di fronte alla minaccia globale del terrorismo…”.
E pullulano ditte (start up) che vendono la sicurezza alla israeliana con grande successo, tutte fatte da ex militari o mossadiani. Una di queste appartiene a Marco Carrai, l’amico israeliano di Matteo Renzi, o il suo “controllo”…. Ma non precorriamo i tempi.
E’ certo che la security israeliana – ovviamente creata e gestita da “ex” agenti del Mossad dotati di esperienza repressiva – è un gran business. O può esserlo, se nell’opinione pubblica europea si crea un sufficiente allarme per il terrorismo. “Dovete tutti sentirvi parte di un esercito in guerra”, e allora chiederete al governo di comprare il know how israeliano. A caro prezzo, ma che importa? Ne va della vostra vita.
Ora non fatemi dire che coloro che propongono la rinomata juden-security possono benissimo anche provocare gli attentati terroristici – come forma di marketing. E che il Mossad lo sa e può fare senza il minimo scrupolo, come ha già dimostrato più volte nella storia. Se avete questa idea, io me ne dissocio con forza.
Mi limito a ricordare che pochi mesi prima della strage islamica del 14 luglio, Olivier Rafowic, colonnello della riserva di Tsahal, si trovava a Nizza con una “equipe israeliana” proprio per “valutare” la sicurezza della città; l’ha trovata scarsa, e quindi ha proposto al Comune un ottimo sistema di juden-security chiavi-in-mano.
L’ha spiegato lo stesso colonnello Rafowic alla tv i24, israeliana- francese:
Si doveva anche tenere un congresso di israeliani, proprio a Nizza. Un convegno internazionale sulla sicurezza e le sue falle, più volte rimandato, e infine cancellato dopo la strage del 14 luglio. Guardate qui gli organizzatori:
Boaz Ganor, il rettore della Lauder School of Government and Diplomacy at the Interdisciplinary Center. Fondatore e direttore esecutivo International Policy Institute for Counter-Terrorism, è anche membro della Israel’s National Committee for Homeland Security Technologies.
Un lettore del sito francese ha commentato: “Sembra la Mafia che propone ‘protezione’ a un commerciante, che se non paga il pizzo trova le vetrine del negozio rotte…”. Ma è un’idea mostruosamente cospirativa e antisemita, da cui tutti noi ci dissociamo con forza.
Forse questo articolo richiederà un’altra puntata, sul lato italiano della cyber security.
Per intanto buon Natale a tutti, e godetevi la narrativa mediatica.
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