In uno dei baluardi della “democrazia liberale”, difeso da anni da battaglioni “plurinazionali” della NATO dislocati in Polonia e nei Paesi baltici – nel caso specifico, vi sono impegnate anche forze italiane, sotto comando canadese – il 16 marzo si celebra ufficialmente e con fanfare, ciò che quotidianamente contraddistingue un ordine basato sulla sopraffazione di minoranze linguistiche e la eroicizzazione del nazismo. Questa è la Lettonia “democratica”, in cui alcune centinaia di migliaia di russi sono considerati “non cittadini”: privi di diritti elementari, compreso il diritto di voto.
Il 16 marzo di ogni anno, ormai da tempo, a Riga sfilano in parata, anche in uniformi grigioverdi, i rimasugli di veterani e i loro meno attempati simpatizzanti dei “legionari lettoni” (tanti decenni fa qualificati come raggruppamento criminale dal tribunale di Norimberga), agli ordini dei nazisti hitleriani durante la seconda guerra mondiale.
Nulla di eccezionale, ovviamente: a Bruxelles, nel tempio liberale della “civiltà” occidentale, dove si approvano regolarmente risoluzioni di equiparazione tra nazismo e comunismo, le sfilate in memoria delle SS, tedesche o collaborazioniste che fossero, costituiscono una prova di quello che un recentissimo ex presidente del consiglio italiano aveva definito la battaglia della “civiltà contro l'inciviltà”.
Per caratterizzare il ruolo “civile” di tali legionari “Komplizen”, è sufficiente ricordare alcuni degli episodi in cui i circa 40 battaglioni di “polizia ausiliaria” lettone arruolati dagli hitleriani si distinsero nelle stragi di connazionali ebrei o oppositori del regime fascista di Karlis Ulmanis: gli oltre quarantamila ebrei lettoni massacrati nella forsta di Bikernieki, o i quasi trentamila assassinati in quella di Rumbula, entrambe nei dintorni di Riga; le spedizioni terroristiche in territorio bielorusso o russo, che costarono la vita a migliaia e migliaia di partigiani sovietici: la cosiddetta “Febbre da palude”, o la Operation Winterzauber, condotte congiuntamente da reparti di polizia militare tedesca e nazionalisti baltici e ucraini.
A inizio 1944, gli hitleriani procedettero alla formazione di due distinte Divisioni lettoni (15a e 19a) inquadrate nella Legione volontaria lettone SS. In tale veste, reparti lettoni compirono altre stragi in territorio russo, nelle regioni di Novgorod e di Leningrado, incendiando centinaia di villaggi e massacrando, tra territorio russo e bielorusso, oltre ventimila persone.
Sembra che non meno di centoquindicimila lettoni siano stati inquadrati nei vari reparti al servizio dei nazisti.
Nel corso di tutta la guerra, nazisti hitleriani e loro complici baltici massacrarono nella sola Lettonia circa 315mila civili (di cui 40mila bambini) e oltre 330mila militari sovietici prigionieri.
Sin dal 1952, i rimasugli della ex 15a divisione, arresasi agli Alleati e riparati al''estero, presero a celebrare il 16 marzo: il giorno in cui, nel 1944, i legionari SS lettoni si erano scontrati con le truppe sovietiche nei pressi del fiume Velikaja. Già nel 1980, i nazionalisti lettoni presero a ricordare la data nella stessa Lettonia “sovietica”, con cerimonie che assunsero carattere di massa dopo il 1991, finché il Sejm lettone, nel 1998, non proclamò ufficialmente la data come celebrazione di Stato. La decisione venne annullata dopo un anno, ma le sfilate rimasero, e continua tutt'oggi con la partecipazione della massime autorità.
Lo storico russo Aleksandr Djukov ricorda che quest'anno il Ministero della cultura lettone, nell'ambito del programma "Progetti significativi per il patrimonio culturale", ha in programma di stanziare trecentomila euro per un film su Ernest Laumanis, comandante di una compagnia SS del 21° battaglione “Liepaja” del Schutzmannschaft, che nel 1941 si offrì volontario in un distaccamento di "autodifesa", che prese parte allo sterminio di ebrei e partecipò al blocco nazista di Leningrado. Trasferito nel 1943 alla 19a Divisione, fu insignito della Croce di ferro di 2° classe e nel 1944 di quella di 1° classe. Finito in un lager a Vorkuta, fu scarcerato nel corso delle amnistie khrusceviane.
Alcuni membri di primo piano del Governo sovietico lettone, infatti, già nel 1946 avevano cominciato a chiedere a Mosca di considerare gli ex legionari lettoni come “mobilitati sotto costrizione” e rivedere dunque l'atteggiamento nei loro confronti, considerata anche la carenza di forza lavoro locale e il fatto che, così sostenevano, il confino o il lager inflitti a così tanti lettoni avrebbe generato un atteggiamento negativo della popolazione verso il potere sovietico.
La “riabilitazione” non si fece attendere e riguardò principalmente gli ex legionari lettoni, estoni e lituani condannati a pene non superiori ai sei anni di lavori. Tra il 1946 e il 1947 tornarono così a casa 6.507 ex legionari estoni, 30.824 lettoni e 6.838 lituani.
Più o meno accadde lo stesso con molte migliaia di ex banderisti ucraini, i cui epigoni dettano legge e terrore e seminano massacri nell'odierna Ucraina nazigolpista, un esempio delle cui “gesta”, a testimonianza della loro “civiltà contro l'inciviltà”, è stato in questi giorni il ritrovamento, nei boschi attorno a Severodonetsk, nella Repubblica popolare di Lugansk, di una fossa comune coi cadaveri di sei miliziani, torturati con armi da taglio da ukronazisti e finiti con colpi di pistola alla nuca.
Come si è visto, le sfilate a celebrazione delle ex SS, lettoni, estoni i lituane che fossero, non sono una novità; ormai da qualche decina d'anni sono una ricorrenza fissa e hanno assunto carattere anche ufficiale dopo la fine dell'Unione Sovietica. Nella fase attuale, servono a ricordare da che parte stiano “libertà” e “democrazia”, con la pretesa di mettere fuori legge non solo i comunisti, ma addirittura “l'ideologia comunista”, come avviene nei Paesi baltici o in Polonia, in nome di un'ideologia di guerra che, del trascorso hitleriano, ha ereditato non solo le forme, ma il contenuto terroristico di classe.
Questa è l'Europa liberale e democratica, come quella terra in cui Davide «non lasciava in vita né uomo né donna».
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