Il ragionamento che fanno Olanda, Austria, Danimarca, Svezia è semplice, stando a quanto riportano fonti europee. Ed è questo: la Commissione europea ha già disposto un pacchetto di 540 miliardi. Vale a dire: i 240mld del Mes, i 200 della Bei e i 100 del piano Sure per la disoccupazione. Dunque: perché gli Stati a corto di soldi non usano queste risorse, nel frattempo che vanno avanti i negoziati sul recovery fund? E’ per questo che i paesi rigoristi si oppongono ad una soluzione ponte per il 2020: si parla di 11 miliardi e mezzo, modifica che deve essere apportata all’attuale bilancio 2014-2021. Il governo di Roma ci spera per avere risorse da poter usare subito dopo l’estate in attesa del piano di ricostruzione europeo. Ma domani i frugali porranno il tema alla videoconferenza dei leader. Della serie: potete chiedere aiuto al Mes, se siete in difficoltà. Non c’è bisogno di altri strumenti.
E’ un punto delicato della trattativa, visto che i negoziati sul recovery fund in sé e sul bilancio pluriennale europeo che dovrebbe ospitarlo vanno a rilento. Intervenendo al Parlamento tedesco, Angela Merkel oggi esorta a trovare “un’intesa prima dell’estate”. Anche il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni lancia lo stesso appello. Ma questo esito non è per niente scontato. Il vertice di domani servirà solo per uno scambio di vedute su posizioni distanti. Al massimo potrà emergere una roadmap per il prosieguo delle trattative, con una data del prossimo consiglio europeo di luglio. Si parla del 9 luglio, ma anche del 17 luglio, le date sono ancora ballerine e potrebbero servire anche due riunioni, soprattutto se ci si avvicina ad un possibile accordo.
Domani i frugali, soprattutto l’Olanda, esprimeranno i loro dubbi proprio sull’architettura del recovery fund, oltre che sulla proporzione tra sussidi a fondo perduto e prestiti. Per la Commissione dovrebbero essere ripartiti in 500mld di sovvenzioni e 250 mld di prestiti: proposta sostenuta dai paesi più ‘ambiziosi’, cioè l’Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo e altri. Poi ci sono i paesi dell’est, interessati a difendere i fondi di coesione europei dai quali dipende il loro pil. La Germania invece dovrebbe proporre di tornare all’idea franco-tedesca: 500mld di sussidi e basta, tanto i prestiti vengono garantiti dagli altri strumenti messi in campo, tra cui il Mes.
Ma la partita sul bilancio pluriennale 2021-2027 complica ancor di più la trattativa. I frugali vogliono che il bilancio non venga aumentato, interessati a difendere i cosiddetti ‘rebates’, gli sconti ai contributi al budget europeo di cui beneficiano per il fatto che usano meno i fondi Ue. E’ possibile che la spuntino su questa richiesta. Ma la battaglia resta difficile. Perché la proposta della Commissione prevede di aggiungere 40mld al bilancio.
La discussione tra gli Stati si annuncia calda anche sul capitolo ‘risorse proprie’, cioè le nuove tasse sui giganti del web, della finanza, sull’export in Europa da parte di industrie non europee che inquinano. Non c’è unità di vedute tra gli Stati membri su questi punti, tanto che la stessa digital tax, si apprende da fonti europee, non partirà subito. Se va bene, se ne parlerà a metà percorso del prossimo bilancio, cioè indicativamente intorno al 2023.
Del resto, proprio oggi sulla web tax l’Ue è entrata di nuovo in rotta di collisione con Donald Trump. Per difendere le aziende Usa che ne verrebbero colpite, il presidente degli Stati Uniti ha disposto il ritiro di Washington dai negoziati avviati in sede Ocse per giungere ad un accordo globale sulla digital tax. Immediata la reazione europea. “Spero che questo sia un passo indietro temporaneo e non uno stop definitivo – dice Gentiloni - La Commissione Europea vuole una soluzione per portare la tassazione delle imprese nel XXI secolo. Crediamo che l’approccio dell’Ocse, basato su due pilastri, sia quello giusto ma, se si dovesse rivelare impraticabile quest’anno, siamo stati chiari nel dire che presenteremo una nuova proposta a livello Ue”. Senza un accordo globale, ci sarà una proposta europea l’anno prossimo, minaccia anche la Francia.
Ma sulla digital tax gli Stati membri hanno diversi approcci, a seconda della distanza da Trump. Dunque, non se ne parla per ora. E, per inciso, non se ne parla per ora nemmeno della proposta della Commissione europea sull’immigrazione: Roma aspetta un pacchetto in netta discontinuità con il regolamento di Dublino, che obbliga gli Stati di primo approdo a dare asilo a chi arriva. La proposta era attesa per luglio: non andrà così. La materia è troppo sensibile, soprattutto nell’est Europa. Priorità ai negoziati sul recovery fund: il resto si vedrà.
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