Così il Nordafrica ci fornisce energia russa, aggirando le sanzioni contro Putin
Da quando ci siamo liberati dalla nostra dipendenza energetica verso la Russia, il Nordafrica è diventato una delle fonti alternative per il nostro approvvigionamento in gas e petrolio. È ancora fresco il ricordo dei pellegrinaggi di diversi capi di governo europei nelle capitali nordafricane (Giorgia Meloni inclusa). Abbiamo più che mai bisogno di Algeria, Libia, Egitto; senza dimenticare i produttori dell’Africa subsahariana come Nigeria, Angola, Mozambico. Però mentre con una mano il Nordafrica aiuta noi, con l’altra aiuta la Russia ad aggirare le sanzioni. In particolare le ultimissime sanzioni: quelle che colpiscono i derivati del petrolio russo, i prodotti raffinati come la benzina per auto, il gasolio per trasporti o riscaldamento, la nafta usata per prodotti chimici e plastiche. La produzione russa di questi derivati, fino a prima della guerra, finiva per il 60% in Europa. Ora una parte viene venduta a Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto. I quali però molto spesso fanno solo da intermediari, e rivendono in Europa. Finiranno sotto sanzione, o i paesi europei chiuderanno un occhio, lasciando aperta così una falla enorme nel sistema delle sanzioni?
Il nuovo embargo ha appena iniziato il suo collaudo ma già ci sono alcune indicazioni sull’entità delle violazioni. A rivelare questo nuovo traffico «triangolare» è un’inchiesta di Will Horner sul Wall Street Journal. Descrive degli aumenti anomali di importazioni in Nordafrica di derivati del petrolio russo, dopo che questi sono stati colpiti (solo di recente) da un embargo dell’Unione europea. Il Marocco, che in un intero anno «normale» (2021) aveva comprato 600.000 barili di gasolio-diesel dalla Russia, nel solo mese di gennaio 2023 ha comprato 2 milioni di barili, e per febbraio ne ha ordinati almeno 1,2 milioni. Le importazioni di derivati del petrolio russo in Tunisia erano vicine a zero nel 2021, nel gennaio di quest’anno sono improvvisamente balzate a 2,8 milioni di barili tra gasolio per motori diesel, benzina e nafta; per febbraio Tunisi si è prenotata altri 3,1 milioni di barili di quei prodotti dalla Russia. Balzi negli acquisti sono avvenuti anche da parte di Algeria ed Egitto. Tutto il Nordafrica registra lo stesso fenomeno. A questo si accompagnano nuovi flussi di esportazione verso l’Europa e altri paesi: il Marocco per esempio ha inviato navi cariche di 280.000 barili di gasolio diesel in Spagna e in Turchia. Gli esperti consultati nell’inchiesta escludono che il boom di esportazioni dal Nordafrica all’Europa significhi che sta «rinascendo un’industria locale della raffinazione in Maghreb»
La verità sarebbe diversa: mescolando prodotti locali a prodotti russi, quei paesi pensano di poter aggirare le sanzioni. Se una nave petroliera mescola nelle sue cisterne il 51% di gasolio raffinato in Marocco e il 49% di prodotto russo, l’applicazione delle sanzioni può essere giuridicamente controversa. In ogni caso questo chiama in causa la capacità europea di effettuare controlli adeguati. La Spagna ha dato un esempio di efficienza in questo mese, a danno del più grosso armatore mondiale, la compagnia danese Maersk: Madrid ha negato l’accesso del porto di Tarragona a una nave petroliera di quel gruppo dopo che le verifiche spagnole avevano identificato un carico proveniente dalla Russia, anche se il cargo Maersk lo aveva caricato da un intermediario effettuando un trasbordo da nave a nave nel Mediterraneo. Un altro caso di sanzioni europee ha castigato di recente un intero armatore con sede a Dubai: è la filiale emiratina dell’ente di Stato russo Sun Ship Management, che opera decine di trasporti navali di petrolio e gas russo nel mondo intero. La filiale di Dubai è stata riconosciuta colpevole di violazione delle sanzioni, e Bruxelles ha deciso di congelare i suoi depositi in banche europee nonché di bloccare i crediti bancari a questa compagnia.
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