giovedì 16 giugno 2022

Byoblu24 -- LA RUSSIA "costretta" A CHIUDERE I RUBINETTI: ALL’ITALIA SOLO IL 65% DEL GAS RICHIESTO


16 Giugno 2022  

E alla fine lo scenario più temuto sta per diventare realtà: la Russia ha iniziato a ridurre la fornitura di gas verso l’Europa. Lo ha annunciato Gazprom, la principale compagnia russa del settore energetico-minerario. Cos’è successo esattamente?

Il guasto al Nord Stream 1

Tutto è partito da un guasto ad una turbina del gasdotto Nord Stream 1, il canale di approvvigionamento che attraverso il mar Baltico trasporta il gas dalla Russia direttamente in Germania. Bene, la società che avrebbe dovuto fornire il pezzo di ricambio è la tedesca Siemens Energy che a sua volta ha inviato la turbina da riparare presso uno stabilimento del Canada.

Tuttavia il pacchetto di sanzioni imposto alla Russia ha impedito che il materiale di ricambio potesse essere nuovamente inviato alla controparte russa per mettere nuovamente in funzione a pieno regime il gasdotto. E così Gazprom ha annunciato una prima riduzione delle forniture verso la Germania stimata del 40%, passando quindi da 167 milioni di metri cubi giornalieri a 100 milioni.

Una questione tecnica e politica

Inizialmente la questione del guasto tecnico e della conseguente riduzione di flusso è stato interpretato come un pretesto politico e come ritorsione alla crescente ostilità occidentale. Tuttavia la società tedesca Siemens ha confermato la versione di Gazprom. La vicenda però non si è fermata qui. Perché al primo annuncio ne è poi seguito un secondoGazprom ha infatti reso noto che i metri cubi di gas giornalieri forniti con il Nord Stream 1 non saranno più 100, bensì 67. Con una riduzione quindi complessiva del 60%.

Questa seconda decisione potrebbe essere effettivamente interpretata come un’occasione che la Russia ha colto per mettere in difficoltà l’Europa, come confermato dalle parole di Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia: “Sono le prime risposte alle nostre sanzioni sul carbone, che conta poco, e sul petrolio, che conta parecchio”. Che si tratti di ragioni politiche o tecniche, si tratta in ogni caso di uno scenario che era ormai facilmente prevedibile.

Dopo quattro mesi di guerra, inasprimento di sanzioni accompagnate da dichiarazioni belliciste era perfino strano che la Russia avesse tenuto finora i rubinetti del gas completamente aperti.

Quali scenari per l’Italia?

La decisione di Gazprom avrà un impatto sui Paesi che maggiormente dipendono dall’approvvigionamento russo. In primis la Germania che da Mosca riceve il 49% del fabbisogno energetico di gas, mentre subito dietro c’è l’Italia con il 46%. “Eni ha ricevuto comunicazione di una limitata riduzione dei flussi dal proprio fornitore russo relativamente all’approvvigionamento gas verso l’Italia. Eni continuerà a monitorare l’evoluzione della situazione e comunicherà eventuali aggiornamenti”. Lo si legge sulla piattaforma di informazioni privilegiate (pip) per il monitoraggio Remit del Gestore dei mercati energetici.

A seguito di questa decisione, l’Italia si sarebbe dovuta ritrovare con il 15% in meno delle forniture previste. Il Ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani ha tentato di rassicurare i cittadini sostenendo che al momento non si riscontrano criticità rispetto alla decisione di Gazprom. È evidente che al momento non ci possano essere criticità, visto che siamo in estate, tuttavia per l’inverno non sembrano essere state ancora trovate alternative al gas russo.

La situazione è tuttavia in continua evoluzione e si prospetta un’ulteriore imminente riduzione. Gazprom ha infatti annunciato che il flusso di gas verso l’Italia non potrà essere superiore al 65% della quantità che ENI aveva richiesto alla controparte. Secondo la ricostruzione fatta da ENI “Gazprom ha spiegato che la mancata consegna dipende dai problemi alla centrale di Portovaya che alimenta il gasdotto Nord Stream”. 

Nel frattempo l’Italia non sembra essersi molto attrezzata per sopperire alla mancanza delle forniture dalla Russia e i viaggi del Ministro Di Maio in Algeria, Qatar, Egitto e Congo finora hanno prodotto qualche pacca sulla spalla, un paio di promesse, ma nulla di più. Oggi parliamo di una riduzione di oltre il 30%, ma cosa succederà quando la Russia chiuderà il 100% del flusso, magari alle soglie dell’inverno?

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