- NDRANGHETA & MAFIA: I POLITICI ARRESTATI-PROCESSATI NEL 2019. E l’“autostrada” dei massoni…
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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Nel breve volgere di una settimana la penisola si è ritrovata nella morsa della ‘Ndrangheta. Tre differenti inchieste hanno scoperchiato le connessioni tra politici di spicco ed alcuni Mammasantissima dell’organizzazione mafiosa che dalla Calabria ha esteso ramificazioni non solo in tutta Italia ma nel mondo intero.
Basti pensare che dall’ultimo rapporto semestrale della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) del giugno scorso emerge una circostanza eloquente: i boss siciliani di Cosa Nostra sono stati costretti a chiedere una raccomandazione ai capi delle ‘Ndrine per fare affari con i Narcos in Colombia...
Com’è possibile che un’associazione di stampo mafioso abbia potuto conquistarsi tale e tanto spazio nel mondo? La risposta giunge da due intercettazioni allegate al fascicolo dell’indagine “Rinascimento Scott” nell’ambito della quale il procuratore generale di Catanzaro Nicola Gatteri (conferenza stampa in fondo all’articolo) ha compiuto una maxi-retata nel Vibonese con 334 ordinanze di custodia cautelare in carcere (260) o ai domiciliari (70) firmate dal Gip del Tribunale per le collusioni con il potentissimo clan Mancuso di Limbadi.
DALLA MAFIA ALLA MASSONERIA IN AUTOSTRADA
«Il rito scozzese ti apre le strade e le autostrade mondiali». L’affermazione è stata riportata da L’Espresso ed attribuita all’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, arrestato nell’ambito delle indagini dei Carabinieri del Ros in merito ad un «coacervo di relazioni tra i ‘grandi’ della ‘ndrangheta calabrese e i ‘grandi’ della massoneria, tutti ben inseriti nei contesti strategici (giudiziario, forze armate, bancario, ospedaliero e via dicendo), è l’effetto del pactum sceleris in forza del quale Pittelli – scrive il Gip nell’ordinanza – si è legato stabilmente al contesto di ‘ndrangheta massona’, stabilmente a disposizione dei boss alla ‘mammasantissima’ e al ‘Crimine’ dei Mancuso”». Laddove per Crimine s’intende la Cupola della ‘Ndrangheta.
L’inchiesta di oggi, «la più grande operazione dopo il maxi processo di Palermo» ha commentato il magistrato Gatteri, riporta alla memoria l’insistenza del procuratore di Palmi, Agostino Cordova, nel dossier “Mani Segrete” aperto sul Grande Oriente d’Italia dopo le rivelazioni di un massone pentito della ‘Ndrangheta, rimasto senza scorta e “suicidato”. L’indagine, com’è noto, naufragò nelle sabbie di Roma.
In quello stesso anno 1992 i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino seguirono informalmente gli accertamenti dei Carabinieri del Ros di Palermo nella cosiddetta Informativa Caronte, sulle relazioni tra mafia, affari, politica e massoneria, subito archiviata in quell’estate di sangue dopo la loro morte nelle stragi di Capaci e Via d’Amelio.
Nei mesi scorsi un’altra inchiesta a Castelvetrano, paese del Trapanese del superlatitante Matteo Messina Denaro, ha portato all’arrresto politici di Forza Italia per una loggia coperta simile a quella di Trapani del Centro culturale Scontrino, i cui segreti costarono la vita al giornalista Mauro Rostagno.
Era stato invece il primo giudice ucciso da un’autobomba, Rocco Chinnici, a ribadire che in Italia c’è «un unico filo rosso che lega i grandi delitti» rimarcando che la mafia in Sicilia non esisteva prima dell’Unità d’Italia. Risale però al 1860 la fondazione del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico Accettato a Palermo ed il conferimento del 33° grado massonico all’allora terrorista Giuseppe Mazzini. Pochi anni prima negli Usa, a Charleston, era nata la Loggia Madre di tale rito successivamente trasferita a Washington.
15 POLITICI ARRESTATI PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Perché stupirsi, dunque, se in un anno ben 15 politici sono finiti in manette per relazioni con la ‘Ndrangheta o Cosa Nostra, altri sono indagati ed altri ancora già sotto processo? Tra questi ultimi ci sono quelli del cosiddetto “sistema Rende” per il quale la magistratura chiese lo scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni mafiose ma i commissari dell’allora Ministro dell’Interno Angelino Alfano non lo ritennero necessario. Pochi mesi dopo la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro richiese ed ottenne dal Gip quattro ordinanze di custodia cautelare per esponenti di spicco del Partito Democratico ora sotto processo per concorso esterno di stampo mafioso.
Un procedimento che mise a tacere la deputata Enza Bruno Bossio che, insieme ad altri parlamentari del centrosinistra, aveva diffuso una nota per rimarcare che non c’erano infiltrazioni mafiose così come oggi ha definito “uno show” l’inchiesta del procuratore Gatteri che ha portato all’emissione di un provvedimento restrittivo del divieto di dimora in Calabria nei confronti di suo marito Nicola Adamo…
L’ultima settimana è stata caratterizzata dallo “tsunami Gatteri” a Vibo Valentia e dintorni che ha spazzato via le velleità dell’avvocato berlusconiano Pittelli, destinatario dell’ordinanza di arresto, attraverso l’indagine da cui è emerso il suo ruolo nella massoneria.
Per il giudice che ha firmato gli arresti il boss Luigi Mancuso gode di «entrature in ogni settore sociale, anche in più alti e insospettabili, grazie soprattutto alla dedizione assoluta assicuratagli negli anni da dall’avvocato ed ex onorevole Giancarlo Pittelli. Quest’ultimo, accreditato nei circuiti della massoneria più potente, è stato in grado di far relazionare la ‘ndrangheta con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università, con le istituzioni tutte, fungendo da passepartout del Mancuso, per il ruolo politico rivestito, per la sua fama professionale e di uomo stimato nelle relazioni sociali».
Gli investigatori, grazie alle intercettazioni, hanno documentato contatti rilevanti di Pittelli con il gotha della massoneria italiana ed il suo tentativo di traslocare dalla loggia di Catanzaro a quella romana nella speranza di arrivare ad ottenere una nomina quale componente laico del Consiglio Superiore della Magistratura.
Ma negli ultimi giorni sono arrivate anche le clamorose dimissioni di altri due ex parlamentari per un presunto voto di scambio mafioso con la ‘Ndrangeta: il presidente della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson, esponente dell’Union Valdotaine, e l’assessore regionale del Piemonte, Roberto Rosso, capogruppo di Fratelli d’Italia. Se il primo risulta solo indagato il secondo è stato arrestato e tradotto in carcere dopo che i militari del Gico della Guardia di Finanza lo hanno filmato mentre pagava una bustarella a presunti intermediari del superboss Onofrio Garcea. Ma le loro clamorose vicende sono solo le ultime in ordine di tempo…
IL “SISTEMA RENDE” A COSENZA
«Ndrangheta e politica ancora insieme nelle carte della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Ai domiciliari sono finiti 4 esponenti del Partito democratico e del centrosinistra: l’ex sottosegretario al Lavoro dei governi Amato e Ciampi Sandro Principe (ex sindaco di Rende e ex consigliere regionale), Umberto Bernaudo (anche lui ex sindaco di Rende), l’ex consigliere provinciale Pietro Ruffolo e l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli, in passato vicino al Nuovo Centrodestra e all’ex presidente Giuseppe Scopelliti, ma candidato alle Regionali 2014 con il centrosinistra, nella lista Oliverio Presidente. Sono finiti tutti ai domiciliari».
Lo riporta un vecchio articolo de Il Fatto Quotidiano specificando che le accuse sono a vario titolo concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e corruzione in un’inchiesta sulla cosca Lanzino-Rua che ha portato all’arresto di 10 persone. Secondo la Procura l’intreccio politico-mafioso ha consentito ai candidati alle elezioni comunali di Rende dal 1999 al 2011, per il rinnovo del consiglio provinciale di Cosenza del 2009 e del consiglio regionale della Calabria del 2010, di ottenere l’appoggio elettorale da parte di personaggi di rilievo del clan.
La notizia è più che mai attuale perché quest’anno è iniziato il processo a coloro che non hanno aderito al rito abbreviato. Come riferisce un’Ansa del marzo 2018, infatti, ci sono state quattro condanne, 4 rinvii a giudizio e 2 assoluzioni davanti al gup di Catanzaro per le persone coinvolte nell’inchiesta “Sistema Rende”. Principe è stato rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione aggravata dall’articolo 7. Stessa decisione per l’altro ex sindaco di Rende, Bernaudo, e per l’ex consigliere provinciale Ruffolo. A processo anche Giuseppe Gagliardi, ex assessore di Rende.
Il gup ha inoltre pronunciato sentenza per gli altri indagati che avevano fatto richiesta di rito abbreviato. Assolti i due esponenti della cosca Lanzino-Ruà, Francesco Patitucci e Umberto di Puppo. Condannati invece a 4 anni e 8 mesi ciascuno Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo, anche loro ritenuti affiliati alla cosca. Due anni di reclusione sono stati infine inflitti all’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e a Marco Paolo Lento per la corruzione elettorale per le Regionali del 2010. Sconcerta che l’ispezione ministeriale non sia stata in grado di appurare quanto successivamente riscontrato dalla magistratura
DUE ARRESTI IN VALLE D’AOSTA
Lo scandalo delle presunte collusioni tra politici dell’Union Valdotaine con i boss delle ‘Ndrine non è un fatto recente per la regione che vede la presenza massiccia di immigrati calabresi. Nello scorso mese di agosto, come riportato da Aosta Sera, è stata chiusa l’indagine della Dda di Torino su presunte infiltrazioni di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. Gli indagati sono in tutto venti. Si tratta dei diciassette per cui i pm Stefano Castellani e Valerio Longi avevano chiesto gli arresti eseguiti lo scorso 23 gennaio dai Carabinieri del Gruppo Aosta e del Reparto Operativo Speciale nell’operazione Geenna, nonché di altri tre indagati a piede libero.
Secondo gli inquirenti, ad aver promosso, fatto parte e gestito la “locale” aostana sono stati, in particolare, il titolare della pizzeria “La Rotonda” di Aosta Antonio Raso (51 anni), l’artigiano edile Marco Fabrizio Di Donato (50) e il consigliere comunale di Aosta e dipendente della Casa da gioco Nicola Prettico (38), tutti accusati per questo di associazione a delinquere di stampo mafioso.
«Il “concorso esterno” nel sodalizio è stato contestato, invece, a due politici: il consigliere regionale (ora sospeso), già assessore alle Politiche sociali del Comune di Aosta, Marco Sorbara (51) e l’ex assessore con delega alla Programmazione, Finanze e Patrimonio di Saint-Pierre (nel frattempo dimessasi dall’incarico) Monica Carcea (44). Sono gli unici due arrestati per il filone “valdostano” delle indagini che, nel frattempo, hanno lasciato il carcere, ottenendo entrambi i “domiciliari”» riferisce l’articolo di Aosta Sera. Srobara, Carcera e Prettico erano tutti esponenti dell’Union Valdotaine da cui sono stati sospesi.
In questo ambiente già gravido di infiltrazioni mafiose si innesta l’ultima inchiesta che vede gli altri esponenti degli autonomisti UV, tra cui il presidente della Regione, Antonio Fosson, indagato per scambio elettorale politico mafioso nell’ambito di un’indagine condotta dalla Dda di Torino sul condizionamento delle elezioni regionali 2018 in Valle d’Aosta da parte della ‘ndrangheta. Le investigazioni sono state svolte dai carabinieri di Aosta. Oltre a Fosson (ex senatore della Repubblica) hanno ricevuto un avviso di garanzia nelle scorse settimane anche gli assessori regionali Laurent Viérin (turismo e beni culturali), ex presidente della Regione, e Stefano Borrello (opere pubbliche), e il consigliere regionale Luca Bianchi. Tutti gli indagati si sono dimessi in settimana.
L’inchiesta è coordinata dal pm Valerio Longi. Secondo quanto appurato dagli investigatori dell’Arma il 4 maggio 2018 l’allora “presidente della Regione autonoma Valle d’Aosta” Laurent Viérin “nonché prefetto in carica, ha incontrato uno degli esponenti di vertice del ‘locale’ di Aosta”, Roberto Di Donato, “presso l’abitazione di Alessandro Giachino” ad Aymavilles. Lo hanno scritto nel loro rapporto i carabinieri del Reparto operativo del Gruppo Aosta nell’annotazione dell’inchiesta Egomnia sulle elezioni 2018. L’incontro a fini elettorali, documentato dagli investigatori con fotografie, è durato un’ora circa. “Gli effetti”, scrivono i militari, “si vedono già il 12 maggio quando presso il bar ‘Nord’, sito nel quartiere Cogne di Aosta, ovvero quello a maggior densità di calabresi, viene organizzato un aperitivo in favore di Laurent Viérin al chiaro scopo elettorale”.
IL LIBRO NERO SUI POLITICI PD-FDI
E’ stata invece denominata Libro Nero l’inchiesta avviata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta del Procuratore Giovanni Bombardieri, con il coordinamento dei Sostituti Procuratori Stefano Musolino e Walter Ignazitto, gli investigatori della locale Squadra Mobile e del Servizio Centrale Operativo e con il supporto operativo del Reparto Prevenzione Crimine che nel luglio scorso ha portato all’arresto di 17 persone tra cui vari politici di rilievo nazionale del Partito Democratico e di Fratelli d’Italia accusati di varie relazioni illecite con la cosca dei Libri.
Oltre agli esponenti della ‘Ndrangheta le indagini hanno portato all’arresto dei seguenti personaggi di spicco della vita pubblica reggina indagati per associazione mafiosa e destinatari della misura cautelare della custodia in carcere.
Demetrio Berna, classe 1973, imprenditore del settore edilizio, immobiliare e della ristorazione, già consigliere al Comune di Reggio Calabria nel 2002 e 2007, oltre che Assessore al Bilancio tra il 2011 ed il 2012 con Forza Italia-Pdl. Suo fratello Francesco Berna, 1972 imprenditore del settore edilizio, immobiliare e della ristorazione, nonché Presidente, per la Calabria, dell’A.N.C.E. – Associazione Nazionale Costruttori Edili.
Alessandro Nicolò, classe 1961, Consigliere Regionale in forza al partito Fratelli d’Italia, eletto in occasione delle consultazioni regionali del 2014 in Italia, nonché capogruppo in Consiglio Regionale del partito Fratelli D’Italia.
Hanno invece ottenuto gli arresti domiciliari tutti gli esponenti del Partito Democratico. Giuseppe Demetrio Tortorella, 1953, medico odontoiatra, assessore all’urbanistica al comune di Reggio Calabria nella Giunta di centrosinistra alla fine degli anni ’90 indagato anche per estorsione e turbata libertà degli incanti, con l’aggravante per questi ultimi due delitti di aver commesso il fatto da parte di soggetto appartenente alla cosca di ndrangheta Libri.
Sebastiano Romeo, 1975, consigliere regionale, nonché capogruppo in Consiglio Regionale del Partito Democratico indagato per tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio in concorso. Concetto Laganà, 1967, segretario del Partito Democratico di Melito di Porto Salvo indagato per tentata corruzione per atto contrario a doveri d’ufficio in concorso.
Su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, la Squadra Mobile ha notificato un avviso di garanzia a Demetrio Naccari Carlizzi, 1967, avvocato ed esponente di spicco del Partito Democratico reggino e calabrese, per concorso esterno in associazione mafiosa. Pur ritenendo sussistente a suo carico la gravità indiziaria in ordine al suddetto, il G.I.P. non ha ravvisato l’esigenza per disporre una misura cautelare.
I POLITICI “FEDELISSIMI” DI MESSINA DENARO
Se si attraversa lo Stretto di Messina e si sbarca in Sicilia la musica non cambia. Risale al marzo scorso l’ultima indagine sulla mafia dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro che portò a un risvolto a sorpresa: i carabinieri del Nucleo Investigativo hanno arrestato un esponente del Pd siciliano, Paolo Ruggirello, ex deputato regionale e candidato (non eletto) alle ultime elezioni per il Senato. Un ras del voto arrivato quattro anni fa nelle fila dei renziani dopo una militanza nel movimento per le autonomie e nel centrodestra. Adesso, è accusato di associazione mafiosa, questa la contestazione pesante che gli viene mossa dalla procura distrettuale antimafia di Palermo nell’indagine che all’alba ha portato in carcere 25 persone, fra colonnelli e gregari del clan di Trapani.
«Intercettazioni e pedinamenti dicono che Ruggirello sarebbe stato a disposizione della “famiglia”, favorendo affari e assunzioni, avrebbe anche inserito persone segnalate dei boss nelle liste per alcune consultazioni elettorali locali; in cambio avrebbe ricevuto sostegno elettorale. Dice il procuratore capo Francesco Lo Voi: “Ruggirello ha rappresentato il ponte fra mafia e istituzioni”» scrisse Repubblica.
Mentre fu proprio Gospa News ad occuparsi di un deputato siciliano di Forza Italia, Giovanni Lo Sciuto, finito in manette con altri amministratori locali in quanto ritenuto la mente di un gruppo occulto di affari a cui, a vario titolo, furono stati reati differenti quali corruzione, concussione, traffico di influenze illecite, peculato, truffa aggravata, falsità materiale, falsità ideologica, rivelazione ed utilizzazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento personale, abuso d’ufficio e associazione a delinquere segreta finalizzata ad interferire con la pubblica amministrazione in violazione della cosiddetta legge Anselmi. Si tratta della normativa varata nel 1982 dopo lo scandalo P2.
La notizia ebbe molto risalto perché riguardava il comune di Castelvetrano, patria del superlatitante Matteo Messina Denaro, ma in quell’occasione i magistrati non contestarono agli indagati l’associazione di stampo mafioso.
LE MAZZETTE DELL’ASSESSORE PER I VOTI
Alla luce di queste ramificate consorterie tra politica e cosche, le cui responsabilità individuali devono essere provate negli eventuali processi, appare persino grossolano il tentativo di accaparrarsi i voti dei boss della ‘Ndrangheta messo in atto dall’assessore regionale Roberto Rosso di Fratelli d’Italia secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza. Dalle indagini che hanno portato all’arresto dell’ex parlamentare di Forza Italia emerge la promessa di 15mila euro in due tranche, di cui soltanto una da 8mila euro è stata pagata agli intermediari del boss Onofrio Garcea, Enza Colavito e Carlo De Bellis.
L’attività investigativa è stata condotta dal Nucleo Polizia Economico – Finanziaria di Torino – G.I.C.O. della Guardia di Finanza e costituisce sviluppo dell’operazione denominata “Carminius” che già aveva portato, nel marzo 2019, all’esecuzione di un analogo provvedimento a carico di numerosi soggetti organici alla medesima struttura ‘ndranghetista radicata nel territorio di Carmagnola ed operante nell’area meridionale di Torino.
Secondo gli inquirenti dalle indagini è emersa la piena consapevolezza del politico e dei suoi intermediari circa la intraneità mafiosa dei loro interlocutori, in particolare il superboss Onofrio Garcea. «Per accaparrarsi dei voti – ha spiegato il procuratore generale Francesco Saluzzo – Rosso è sceso a patto con i mafiosi, attraverso degli intermediari. Un accordo che ha avuto successo». L’esponente di Fratelli d’Italia, con circa 5mila voti, è stato in effetti eletto e poi nominato assessore dal presidente Alberto Cirio che ha subito preso le distanze dall’arrestato al pari della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
Il 16 ottobre 2018 la prima sezione penale della Corte d’Appello di Genova ha condannato nove imputati nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Maglio 3” sulle presunte infiltrazioni della ’ndrangheta in Liguria. Quale vertice del “locale” di ‘ndrangheta di Genova è stato infatti condannato Onofrio Garcea, 68 anni, originario di Pizzo Calabro, imparentato con i Bonavota di Sant’Onofrio. Per lui 7 anni e 9 mesi di reclusione per aver diretto insieme a Lorenzo Nucera, originario della Locride (4 anni e 8 mesi per lui la pena) una struttura di ‘ndrangheta al cui vertice assoluto viene collocato Domenico Gangemi, la cui posizione è stata stralciata. Tale “locale” avrebbe mantenuto stretti rapporti anche con Domenico Oppedisano di Rosarno, ritenuto il “capo crimine” dell’intera ‘ndrangheta.
IL SINDACO PD DI PIZZO CALABRO IN MANETTE
Oltre all’avvocato del centrodestra Pittelli l’inchiesta “Rinascita-Scott” del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha colpito vari esponenti del centrosinistra i cui nomi emergono dalle 13.500 pagine dell’inchiesta. Sono quelli di Gianluca Callipo, giovane sindaco di Pizzo Calabro e Luigi Incarnato, ex assessore regionale e ora commissario liquidatore della società Sorical che gestisce le risorse idriche calabresi; di Nicola Adamo, ex vicepresidente della Giunta regionale ed esponente del Pd; di Pietro Giamborino, con un passato da assessore provinciale e consigliere regionale sotto le insegne di Margherita e Pd; di un consigliere comunale in quota Dem Alfredo Lo Bianco e di un ex assessore di Vibo Valentia, Vincenzo De Filippis, già di Alleanza Naionale candidato alle ultime elezioni con la lista Civica Popolare di Beatrice Lorenzin,. Pittelli e Callipo sono in carcere, Incarnato, Lo Bianco e De Filippis ai domiciliari, Adamo, marito della deputata del Pd Enza Bruno Bossio, ha il divieto di dimora in Calabria. Indagato a piede libero Giamborino.
Tra gli indagati spicca il nome di Ugo Bellantoni, classe 1936, di Vibo Valentia, esponente di primissimo piano della massoneria vibonese e non solo, gran maestro aggiunto di Palazzo Giustiniani ed ex responsabile dell’Ufficio tecnico comunale.
In particolare, si legge nell’ordinanza del gip del Tribunale di Catanzaro sulla richiesta di applicazione delle misure cautelari, Bellantoni ‘come concorrente ‘esterno’, “utilizzava a favore della consorteria e metteva a disposizione degli associati il proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati e la conseguente solida ed affidabile rete di contatti (alla quale poteva ricorrere in quanto esponente di rilievo della massoneria vibonese), con particolare riferimento a politici, professionisti privati e dipendenti pubblici, operanti in diversi settori lavorativi ma tutti orbitanti nel medesimo contesto massonico”. Secondo l’ipotesi accusatoria Bellantoni avrebbe fornito all’organizzazione mafiosa “un contributo causale determinante alla realizzazione, almeno parziale, del programma criminoso dell’organizzazione delinquenziale”.
A sancire l’importanza del ruolo della Massoneria ci sono anche le intercettazioni del boss Luigi Mancuso in altre precedenti inchieste ed allegate agli atti dell’ultimo procedimento. Nel provvedimento del Gip Barbara Saccà è stata riportata anche una intercettazione inquietante del boss Luigi Mancuso, già citata nell’operazione “Mammasantissima”: “La ‘ndrangheta non esiste piu’! … una volta, a Limbadi, a Nicotera, a Rosarno, a …c’era la ‘ndrangheta! … la ‘ndrangheta fa parte della massoneria! … diciamo … e’ sotto della massoneria, pero’ hanno le stesse regole e le stesse cose … ora cosa c’e’ piu’? … ora e’ rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla ‘ndrangheta! una volta era dei benestanti la ‘ndrangheta! …dopo gliel’hanno lasciata ai poveracci agli zappatori …e hanno fatto la massoneria!».
Parole che pesano come macigni sulla coscienza di una Repubblica Italiana che ancora non ha saputo rendere giustizia alle vittime delle stragi di Via Fani (sequestro Aldo Moro), Ustica (Dc9 Itavia), Capaci (attentato a Giovanni Falcone), Via d’Amelio (attentato Paolo Borsellino) nel corso delle inchieste in cui sono emersi depistaggi e menzogne di Stato nel mezzo di una ragnatela di troppe collusioni tra massoneria, mafia, servizi segreti e il cosiddetto Deep State.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
© COPYRIGHT GOSPA NEWS
divieto di riproduzione senza autorizzazione
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