giovedì 2 agosto 2018

Salvini e l’«opa ostile» su Forza Italia: «Chi è attratto da noi ora è benvenuto»



PS: (Il no a Foa alla presidenza Rai apre lo scontro nel centrodestra. Il leader leghista all’attacco: «Non fermerò più la migrazione dei loro eletti» )...ecco finalmente smascherati i gionalisti( !?!?)...giornali Il Fatto Q...Corriere della Sera...Stampa...Repubblica...e semplici persone che improvvisamente ...godono... del ritorno di Berlusconi che si allinea al RenziPD...Bersani/GrassoLeu...FrantoianniSI/Vendola/Civati...pur di fermare Salvini-Lega... Illusi, non ci riuscirete! Il popolo e non solo i suoi elettori ( io mai...)lo vogliono!

umberto marabese
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ROMA - Sulla carta il centrodestra «esisterà sempre», come testimoniano tante giunte regionali e comunali e come ha messo nero su bianco Silvio Berlusconi a sera, intervistato da Huffington Post. Matteo Salvini però è furibondo, grida al «tradimento» e minaccia un’opa ostile su Forza Italia: «Fino a oggi ho lavorato per fermare la migrazione di parlamentari e consiglieri che sono attratti da noi. Ma adesso devo prendere atto che Forza Italia sta col Pd». Nell’anatema del leader del Carroccio c’è il clima della giornata più tesa nei rapporti tra gli storici alleati.
La visita «di cortesia» di Salvini a Berlusconi, ricoverato al San Raffaele di Milano per «esami di routine», come chiarisce una nota ufficiale del partito, non ha portato schiarite: anzi è stata la scintilla che ha innescato lo scontro...
Gli azzurri l’hanno vissuta come un blitz, mentre in via Bellerio ne parlano come di un incontro annunciato. Dal quale il vicepremier, dopo aver ammesso «un problema di metodo» e promesso di porvi rimedio, era uscito convinto di aver incassato il via libera dell’alleato sul nome di Marcello Foa. Dopodiché, stando alle ricostruzioni dei leghisti, in Forza Italia «è scoppiata la rivolta dei Tajani boys», che avrebbe innescato il ripensamento di Berlusconi.
L’ex premier si era svegliato all’alba assalito dai dubbi: «Ha senso far saltare la storica alleanza di centrodestra sul nome del presidente della Rai?». A spazzar via dilemmi e incubi è stata un’ondata di orgoglio azzurro, che ha consentito a Berlusconi di conquistare la prima vittoria politica dalla nascita del governo.
Uno dopo l’altro i «big» di Forza Italia hanno chiamato il leader per convincerlo a non accettare alcuna contropartita e resistere sulla linea della fermezza. Dopo Antonio Tajani, che martedì a mezzanotte aveva parlato con Salvini per annunciargli la bocciatura di Foa, si sono fatti sentire Letta, Confalonieri, Ghedini, Gelmini, Bernini, Gasparri, Brunetta e Mulè. Tutti a implorare Berlusconi di non cedere alle sirene di Salvini, tutti a sottolineare l’«arroganza» del leader della Lega: «Non può trattarci come i suoi attendenti. Se cediamo, finiamo per essere la ruota di scorta leghista».
Per i luogotenenti azzurri l’apertura di credito di Salvini è stata fuori tempo massimo e Tajani, che non perdona all’alleato il mancato sostegno per la presidenza del Parlamento europeo, sarebbe arrivato a minacciare le dimissioni da vicepresidente del partito: «Silvio, se fai marcia indietro io non posso seguirti».
E adesso? Non sarà il ministero delle Finanze, in qualità di azionista Rai, a risolvere un problema che riguarda in primis i partiti. Giovanni Tria non si è mai pronunciato sul presidente e non sarà certo lui a chiedere che si cambi cavallo. Quanto a Salvini, chi lo conosce sa che farà di tutto per non uscirne sconfitto. «I sondaggi dimostrano che gli elettori hanno le idee chiare», ha ammonito dopo aver letto i tanti messaggi poco amichevoli piovuti contro Forza Italia sui siti di centrodestra.
Per lui Foa «è il massimo a cui ambire» e Salvini non intende nemmeno riproporlo, convinto com’è che «il Cda della Rai è nel pieno delle sue funzioni, presieduto dal consigliere anziano». La tentazione del vicepremier è di arrivare fino a martedì per nominare i direttori di rete e dei Tg. In realtà la situazione è più complessa, poiché qualunque decisione presa da un Foa sarebbe a rischio ricorsi. Si profila un braccio di ferro che, salvo accelerazioni, potrebbe continuare fino a settembre, se non salterà fuori un’intesa su un nome condiviso. Giovanni Minoli? I leghisti ne parlano. Il consigliere eletto dai dipendenti, Riccardo Laganà? Possibile soluzione interna. Giampaolo Rossi? La Lega non conferma accordi sull’ex presidente di RaiNet. Antonio Marano? Dallo staff di Salvini frenano: i nomi che girano sono solo autocandidature.----

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