domenica 11 marzo 2018

Salvini apre a Di Maio. Pronto il patto Lega-M5s




11 marzo 2018
Niente streaming, due sparring partner a testa, in luogo neutro. E’ in queste condizioni che il leader della Lega, Matteo Salvini, chiede di vedere il capo politico del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio. I due dirigenti politici usciti vincitori dalle elezioni di domenica scorsa, l’uno rappresentante del blocco del Nord, l’altro di quello del Sud, si incontreranno verso la fine della settimana prossima per la prima volta. Rappresentanti delle prime forze in Parlamento, considerati “anti-establishment” saranno chiamati a concorrere ad un accordo generale tra i partiti che consenta di avviare la legislatura, breve o lunga che sia. Ad annunciare il faccia a faccia è stato Salvini, che, dopo avere convocato il Consiglio federale della Lega lunedì e dato il via al tesseramento del suo partito col nuovo nome senza la scritta “Nord”, ha confermato di voler vedere i leader di tutti i partiti, gestendo personalmente la pratica-accordi. Per il Pd incontrerà non l’ex segretario dimissionario, bensì il vicesegretario reggente, cioè il ministro Maurizio Martina....

Sulla carta sarebbero autosufficienti per eleggersi

Con il Parlamento così frammentato e nessuno schieramento in grado di esprimere un governo, è necessario evitare che a partire dal giorno venerdì 23 marzo, quando Camera e Senato inizieranno a votare per scegliere i successori di Laura Boldrini a Montecitorio e Pietro Grasso a palazzo Madama, a giocare la partita sia il caso. Sulla carta Salvini-Di Maio sarebbero autosufficienti per eleggersi – dalla quarta votazione, quando il quorum scende – un presidente ciascuno, “Noi siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche, ma chiaramente pretenderemo il riconoscimento del voto degli italiani che ci hanno indicato come forza politica del Paese”, ha detto, in un video su Facebook, il capo politico dei Cinquestelle.

Il toto-nomi

Il toto-nomi segnala in crescita i nomi del pentastellato Roberto Fico per Montecitorio e quello del leghista Roberto Calderoli per il Senato, anche se è circolata anche una voce clamorosa: che i due segretari, dato per scontato che non riusciranno a diventare premier, potrebbero essere coinvolti personalmente ed occupare la seconda e la terza carica dello Stato. Salvini presidente del Senato e Di Maio presidente della Camera? Strano, ma non sarebbe la prima volta che su poltrone istituzionali siedono leader politici così in vista: sono stati numero uno a Montecitorio Fausto Bertinotti, Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini, per dire, e tutti erano segretari di un partito. L’accordo necessario per far partire i lavori del Parlamento include anche le commissioni di garanzia come quella che controlla i Servizi e la Vigilanza Rai, una traccia del Def che sarà presentato dal governo di Paolo Gentiloni entro il dieci di aprile e, soprattutto, una condizione: la legislatura dovrà durare almeno un anno.

Le intenzioni di Mattarella

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto trapelare di non avere intenzione di sciogliere le Camere prima di avere tentato tutte le strade previste dalla Costituzione, che sono numerose, e che questa sua intenzione ha anche una ragione di carattere economico: aprire le urne costa e destabilizza. Tra poco più di dodici mesi, però, ci saranno comunque le elezioni Europee, per eleggere i deputati a Strasburgo e far votare con una o tre schede non comporta (quasi) nessun aggravio.

L’idea del programma minimo per 12 mesi

Ecco perché sarebbe sufficiente che Lega-M5s ed eventualmente tutti gli altri individuino un programma minimo realizzabile in dodici mesi e che tra i punti ci sia ovviamente l’approvazione di una nuova legge elettorale che consenta di avere un vincitore chiaro all’indomani del prossimo voto. Coi numeri del nuovo Parlamento potrebbe essere approvata in mezza giornata il sistema elettorale alla tedesca con premio, che fu ribattezzato “Germanicum” su cui Forza Italia, Pd, M5s e Lega avevano trovato un accordo nel giugno scorso, poi affossata dai franchi tiratori in Aula.

Ma chi siederà a Palazzo Chigi?

I quattordici mesi che ci separano dal prossimo voto potrebbero consentire al centrodestra di recuperare Silvio Berlusconi e di riorganizzarsi e ai dem per aprire una fase nuova, senza più Matteo Renzi alla guida del partito. Quest’ultimo, neo eletto al Senato, avrebbe chiesto di poter guidare il Comitato di controllo dei Servizi segreti, mentre l’accordo generale prevederebbe un riconoscimento in un ruolo istituzionale anche per il premier uscente – e ancora in carica – cioè Paolo Gentiloni. Raggiunto attraverso il confronto un accordo minimo, resta il problema di chi siederà a Palazzo Chigi per i prossimi dodici mesi. “Un governo senza i Cinquestelle non si può fare, un governo contro di noi sarebbe un insulto alla democrazia, in quel caso prepariamo i pop corn perchè sarebbe la loro fine”, ha aggiunto l’ex candidato premier del partito di Beppe Grillo.

Berlusconi teme lo spareggio

Nessuno sembra avere preclusioni sul fatto che il leader dei Cinquestelle faccia personalmente un tentativo, sulla base di un programma scritto e condiviso, e possa governare grazie all’astensione del centrodestra e del Pd, grazie alla non-belligeranza degli altri. “Siamo responsabili, ma niente pastrocchi”, risponde il leader della Lega. A Via Bellerio smentiscono che siano in campo ipotesi b che possano coinvolgere un leghista diverso dal segretario (come Luca Zaia o Giancarlo Giorgetti) o un forzista a lui vicino (come il governatore della Liguria Giovanni Toti).  Il Cavaliere sarebbe d’accordo a tamponare la situazione per un anno, dal momento che teme più di ogni altra cosa l’assenza di un governo e vuole evitare – come ha chiarito anche con una nota – il ritorno immediato alle urne che rischierebbe di tramutarsi in uno “spareggio” tra M5rs e Lega che taglierebbe fuori lui e tutte le altre forze politiche moderate.

Lo stop di Meloni: noi fedeli ai nostri elettori

Questo piano che vede come registi Salvini e Di Maio sta mettendo però in crisi quello che un tempo veniva definito l’ “asse dei sovranisti”. Giorgia Meloni e il leader della Lega già da molti mesi non sono più allineati come lo erano fino al giugno scorso, ma ieri è arrivato quello che è apparso un vero e proprio stop: “Una cosa è certa: Fratelli d’Italia, con i suoi 50 parlamentari eletti, ribadisce l’impegno preso con gli elettori. Non siamo disponibili a governi diversi da quello di centrodestra”, ha chiarito in una nota. Niente maggioranze diverse da quella – al momento impossibile – di centrodestra allargato ad eventuali  “responsabili”: “Una pessima legge elettorale ha prodotto un Parlamento nel quale non c’è una chiara maggioranza di governo. Era tutto facilmente prevedibile. Ben venga il sostegno esterno di chi voglia condividere le priorità’ del centrodestra: riduzione delle tasse, contrasto all’immigrazione clandestina, maggiore sicurezza, aiuto agli italiani in difficoltà.”, ha aggiunto l’ex candidata premier. Ma se il partito più a destra del Parlamento si sfila, cosa faranno ora i Cinquestelle?---

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