lunedì 26 marzo 2018

“L’ora dei saluti”: editoriale di Marco Travaglio

(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano del 26 marzo 2018) – 
1) È giusto che il partito e la coalizione che hanno vinto le elezioni, cioè i 5Stelle e il centrodestra, si dividano le presidenze delle due Camere? Sì, lo è: sbagliò di grosso il Pd nel 2013, quando pareggiò col M5S, a prendersi tutto, cioè le presidenze della Camera, del Senato, della Repubblica e del Consiglio, e alla lunga finì per pagare la ubris.
2) Si poteva adottare uno schema diverso, premiando ai vertici del Parlamento i primi due partiti, cioè i 5Stelle e il Pd? Certo che si poteva, anche se si sarebbe regalato al centrodestra escluso un formidabile argomento in più per pretendere Palazzo Chigi: ma il Pd, ancora in mezzo al guado fra il renzismo sconfitto e il futuro ignoto, ha deciso di non giocare proprio la partita, riducendosi a un patetico inseguimento notturno di Di Maio fuori tempo massimo, quando i giochi erano fatti.
3) Era possibile avere un presidente del Senato più presentabile o meno impresentabile della Casellati? No: nelle condizioni date, col Pd nel freezer dell’Aventino e la Lega misteriosamente rinunciataria a vantaggio di Forza Italia, è già un miracolo se Di Maio – con la sponda di Salvini – è riuscito a silurare il pregiudicato Romani, a costringere B. (senza mai parlarci) a cambiare cavallo a favore di una chiacchieratissima incensurata e contemporaneamente a far eleggere alla Camera il più movimentista, progressista e antileghista dei deputati 5Stelle (Roberto Fico). Sarebbe stata meglio Anna Maria Bernini, la berlusconiana dal volto umano proposta da Salvini e Di Maio, senza conflitti d’interessi e soprattutto senza figli da piazzare....
Mai però B. avrebbe accettato di farsi scegliere da altri il suo candidato: dunque sarebbe saltato tutto, il centrodestra avrebbe tirato diritto da solo e, visto che lì il più pulito ha la rogna, oggi magari ci ritroveremmo Giggino ‘a Purpetta sullo scranno più alto di Palazzo Madama e un renzusconiano a Montecitorio. Con gli sconfitti Renzi&B. resuscitati e i vincitori tagliati fuori.
4) Hanno ragione quelli del Pd, o quel che ne resta, e i loro giornaloni a strillare all’inciucio e alla “perdita della verginità” dei 5Stelle per il voto alla Casellati? Sull’inciucio avrebbero ragione se l’accordo istituzionale Di Maio-Salvini nascondesse contropartite occulte in vista di un governo insieme; invece avrebbero torto se l’asse fra i due vincitori finisse qui e ora ciascuno andasse per la sua strada. Quanto alla verginità, fa un po’ ridere sentirla evocare da queste vecchie maitresse che nel 2008 si astennero su Schifani (amico di vari mafiosi) presidente del Senato e poi lo applaudirono entusiasti.
Che con B.&C. (Casellati inclusa) hanno fatto due governi (Monti e Letta, più altri due con Alfano & C.), un presidente della Repubblica (Napolitano), un Patto del Nazareno, due leggi elettorali incostituzionali (Italicum e Rosatellum), una “riforma” costituzionale. Che nel 2014 han votato la Casellati al Csm, a vigilare sui magistrati. E che non han mosso un dito quando Barbara Degani, sottosegretaria all’Ambiente di Renzi e Gentiloni, ha nominato portavoce la figlia della Casellati.
5) Dopo aver eletto insieme i presidenti delle Camere, Di Maio e Salvini faranno insieme anche il governo? Tutto può essere, anche perchè i numeri ci sono (salvo compravendite berlusconiane nel gruppo leghista). Ma – fermo restando che non c’è alcun nesso fra una convergenza istituzionale per le cariche di garanzia (Quirinale, Camere, Consulta, Csm, Rai…) e un’alleanza per Palazzo Chigi- è piuttosto improbabile. Anzitutto, ve lo vedete Salvini in un governo Di Maio, o viceversa? E poi perchè Salvini, che aspira a succhiarsi la leadership di tutto il centrodestra, dovrebbe rompere il suo fronte, tradire il popolo di FI e regalarlo ad altri? E perchè Di Maio dovrebbe far incazzare gran parte dei suoi elettori (9 su 10 di centrosinistra e 3 su 4 del Centro-Sud) e pure dei suoi eletti? E come farebbero a varare insieme i rispettivi capisaldi programmatici, cioè il reddito di cittadinanza e la flat tax, quando già è un’impresa trovare le risorse per coprirne uno? Finora sono stati abili, ma chi fa troppo il furbo alla fine è fesso (Renzi docet).
Molto meglio per loro (e per l’Italia) che Matteo e Giggino si salutino, accontentandosi di aver tumulato B.&Renzi e di aver fatto capire chi ha vinto. Per quanto complicata e numericamente pericolante, la via più praticabile resta l’intesa fra le forze meno incompatibili: M5S e centrosinistra. Oggi nel Pd non si sa con chi parlare perchè il reggente Martina ha le mani legate da Renzi e dagli altri capiclan. Ma dopo la cura Mattarella – una mantecatura a base di due giri di consultazioni, con minaccia di elezioni senza un governo entro giugno – qualcosa potrebbe cambiare. Purchè Di Maio faccia ai centrosinistri cui già guardava in campagna elettorale (con una squadra di ministri tutti di quell’area) una proposta che non possano rifiutare. Se poi quelli la rifiuteranno, non potranno lamentarsi se il M5S guarderà altrove. O se si tornerà a votare e si estingueranno per sempre.---

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