sabato 31 marzo 2018

“Bistecche di tigre”: editoriale di Marco Travaglio

(di Marco Travaglio – da Il Fatto Quotidiano 31 marzo 2018) – 
Nel 1997 Romano Prodi aveva vinto le elezioni da appena un anno e già gli “alleati” Bertinotti & C. cannoneggiavano il suo primo governo. Indro Montanelli, sul Corriere, raccontò di aver sognato il Professore che li strapazzava con un piglio tanto risoluto quanto insospettato: “Via via che il presidente parlava, un’espressione di incredulità si soffondeva sul volto degli astanti. ‘Ma da dove esce, questo Prodi?’, si udiva sussurrare. E già cominciava a circolare la voce – poi attribuita naturalmente al Cavaliere – ch’era stata sua moglie, la brava e previdente signora Flavia, a spedire pochi giorni prima un fiduciario da alcuni suoi amici in Bengala per procurarle un filetto di tigre – ma di tigre da giungla, non da circo equestre – che poi aveva somministrato al marito come castrato della Padania. Sciocchezze naturalmente, ma che servono a rendere il clima creato nell’aula dal discorso del presidente. L’unico che riuscì a raggiungerlo e ad aggrapparglisi alle falde della giacca non fu… né un cronista né un fotografo, ma un ansimante Bertinotti che Prodi, con quella bistecca di tigre in corpo, si trascinò dietro per un buon tratto....
E a questo punto mi svegliai, perché, come avrete capito, si trattava soltanto di un sogno”. Voi non ci crederete, ma anch’io nel mio piccolo ho fatto un sogno sulla bistecca di tigre. Ero nascosto dietro una porta del Nazareno e origliavo una riunione fra Matteo Renzi, Maurizio Martina, Dario Franceschini, Andrea Orlando e Luigi Zanda....
Renzi: “Che volete, ragazzi? Io ’un ci ho tempo da perdere, tanto s’è già deciso tutto collegialmente quel che volevo io, no? Riassumo: ’un si parla con nessuno, men che meno coi populisti scrocconi ignoranti della Casaleggio&Associati. Manco se li si incontra per strada. Metti che uno ci dice a tradimento: ‘Facciamo insieme qualcosa per i poveri’. E noi ’un si sa che rispondere: manca solo che ci costringano a fare una cosa di sinistra, così poi i nostri ci chiedono perché noi ’un ci si era mai pensato da soli. Che poi i grillini son di destra: ora li si manda al governo con Salvini e poi si ride di gusto”.
Orlando: “Ridi, ridi. Che avrai tu sempre da ridere non si sa. Ma perché dovremmo dire no a chi ci chiede aiuto per fare qualcosa di sinistra? E in che senso loro sarebbero di destra e noi di sinistra?”.
Renzi: “Sta forse parlando quell’Orlando che Napolitano mi implorò di promuovere ministro della Giustizia e io magnanimo accondiscesi? Quello che mi fece la riforma delle intercettazioni per imboscare quelle ancora segrete fra me e il mi’ babbo?”.
Orlando: “Pardòn, Matteo, come non detto”.
Franceschini: “L’Aventino è assurdo: siamo il secondo partito, possiamo evitare un governo Di Maio-Salvini, perché mai stare all’opposizione prima di sapere chi va al governo? E che facciamo se Mattarella ci chiede di entrare in partita? Diamo del populista pure a lui?”.
Renzi: “Franceschini… Franceschini… questo nome non mi è nuovo… Ah sì, quello che mi appoggiò alle primarie fin dal 2013, poi tradì Letta per far fuori quel governo di pippe e metterci il mio, poi ’un disse bah sulle mie grandi riforme finché non perdemmo il referendum, e anche all’ultimo congresso si schierò con me per garantire ai suoi un bel po’ di posti sicuri in lista?”.
Franceschini: “Ma no, Matteo, che hai capito, mi sarà scappato un contro, ma io sono sempre pro. Volevo dire che nemmeno Mattarella ci schioderà dall’opposizione a prescindere, senza se e senza ma! E poi l’Aventino è un bellissimo posto, ci sto da Dio”.
Renzi: “Bravo, a cuccia. Altri interventi?”.
Zanda: “Io penso che stiamo sbagliando tutto: se Mattarella ce lo chiede, noi dovremmo…”.
Renzi: “Alt! Se non sbaglio sei il nostro ex-capogruppo al Senato che mi dava sempre ragione anche quando avevo torto? E avallava fiducie, canguri e tagliole quando riducevamo il Parlamento a un’aula sorda e grigia? E ripeteva a pappagallo le puttanate che m’inventavo per coprire i miei su Consip, tipo ‘attacco eversivo alle istituzioni’ che a ripensarci divento rosso?”.
Zanda: “Ma no,Matteo, c’è un equivoco. Io dicevo che, se Mattarella chiama, non dobbiamo parlare neanche con lui”.
Renzi: “Ecco, meglio così. Allora tutti d’accordo?”. (…)

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