venerdì 29 dicembre 2017

Stefano Maria Chiari - Ma perchè o prelati non smettete di offendere Cristo, e noi che vi paghiamo?
























Dalla Nuova Bussola Quotidiana:  “:.Uno degli scempi compiuti a Terni da monsignor Vincenzo Paglia negli anni del suo episcopato (2000-2013  è l’enorme affresco  che copre tutta la controfacciata della Cattedrale di Terni, dipinto dall’artista argentino Ricardo Cinalli dieci anni fa,  sodomita militante,  ma che dai media e dai social è stato “riscoperto” in questi giorni.  Questa opera, in  una cattedrale antica, rifatta nel XVII secolo su progetto del Bernini,  costruita su una chiesa precedente la cui origine risale addirittura al VI secolo, è stata piazzata una Resurrezione post-moderna, dominata dalla figura di Cristo che sale al cielo tirandosi dietro due reti cariche di figure umane nude o seminude, con diverse figure di omosessuali e trans.
“Tra di loro c’è raffigurato anche monsignor Paglia (su richiesta del committente), nudo anche lui, abbracciato a un povero che lo solleva (ma c’è chi ha dato altre interpretazioni)”...


Monsignor Paglia sale  in Cielo con gli altri. 

Ci si pregia di  ricordare che questo monsignor Paglia è stato Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II per la famiglia.   Trattasi della “famiglia omosessuale” che impazza in Vaticano pagata da noi fedeli con l’8 per mille?
Due domande: come mai l’ascesa al soglio di “Francesco”  ha autorizzato tanti prelati a dare la stura alle loro pulsioni  più ripugnanti, che prima almeno nascondevano?
Perché noi  pochi cattolici dovremmo mantenere questi, che  continuamente offendono noi (e passi) ma soprattutto Cristo? Perché non vanno a cercarsi un lavoro vero, magari nel mondo dello spettacolo osceno?



Dileggio in affresco


L’invito ai lettori, qualora non avessero ancora provveduto, è quello di visionare accuratamente il video (https://youtu.be/CmdX89lmQOQ); allorchè sembri di essere immersi nel battere incessante di pioggia lavica, come descritto da Dante a degno contrappasso nel punire il lascivo accomodare alle passioni dei violenti contro natura nel terzo girone del VII Cerchio, ci si accorgerà come sia necessario “scendere ancor di più”, imbattendosi nel tradimento di Giuda, che solo riceve degna mercede all’esser masticato da lo ‘mperador del doloroso regno, immerso nel gelido Cocito, quindi Cocito tutto s’aggelava, dove prigionia è causata non da altri che da se stessi, come ben spiega il Libro della Sapienza (17,20) “ma erano a se stessi più gravosi della tenebra”.
Con sei occhi piangea, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.
L’impatto visivo
L’impressione iniziale infatti non è quella di trovarsi al cospetto di una resurrezione per la vita; un Giudizio finale dove Gesù porta in Cielo gli uomini; tutt’altro; di primo acchito sembra più una rappresentazione dell’Inferno dantesco che una narrazione profetica dell’Ultimo giorno. Nulla di etereo, sereno, sublime, foriero di pace e serenità emerge dal “disegno”; le scene, al contrario, mostrano volti in preda ad emozioni forti, quasi eccitazioni sessuali, coito o quant’altro e sebbene vi sia stato, dichiaratamente ammesso, il residuo timore di non rappresentare una copula, forse l’intento di tratteggiarne i “dintorni” sembra palese.
Oggettivo è non poter comunque prescindere dall’intenzione dell’opera, così come spiegata dall’autore: opera di erotismo, volto a giustificare i contagiati da tale addiction , che, senza sforzi o necessità di convertirsi, si salvano a prescindere; opera commissionata da colui che invoca e loda lo spirito di chi volle dell’infanticidio un diritto (Paglia che loda Pannella: https://www.youtube.com/watch?v=4IKrd1L-zpc) e che fece delle battaglie contro la vita e la Chiesa il suo vanto e ragion d’essere.

Un’altra opera del Maestro Ricardo Cinalli, amato da  Paglia. Si vede che non riesce  mai a pensare ad altro. 

Una cloaca di contraddizioni, ancor prima che morali, razionali. Ciò che appare evidente è un crollo del livello del pensiero, seguito dall’inevitabile caduta nel baratro della morale. Un dileggio a 360 gradi.
Non possiamo infatti dimenticare il carattere etico della ἀλήθεια (come intuito già da Socrate), come disvelamento; processo che impegna tutto l’essere verso il “diacriticon” tra vero e falso; mai passiva inerzia delle evidenze (sono omosessuale e subisco tale scelta come ineluttabile evento), ma investigazione delle reali ragioni fino a terminare nella corrispondenza isomorfica tra linguaggio e realtà (guerreggio con la preghiera, l’ascesi e la grazia gli impulsi disordinati e contro natura che mi assalgono), che si imbatte nel rinvenimento del “vero”. Processo che, se da un lato implica sforzo intellettivo, austero se autentico, dall’altro suppone la realtà ontologica dell’ente investigante, l’intelletto umano, per definizione spirituale, proprio perché libero di effettuare tale processo cognitivo, capace di conoscenza universale. Questa potenzialità sembra essere azzerata completamente nel sotteso a tutto ciò occamismo nominalista (come spiega bene don Curzio Nitoglia), riducendo il campo di indagine della gnosi all’interno dei confini dell’individuo (“nihil est praeter individuum”); tali premesse porteranno all’autolimitazione kantiana della ragion pura fino all’idealismo “creativo”, per poi scadere inesorabilmente nel dominio della prassi sulla verità, l’ultima dalla prima determinata e dipendente. Un percorso filosofico che dipinge anche in modo antropologicamente efficace la caduta del pensiero nella prassi, con ritorno ad effetto quasi karmico della seconda sul primo: vivere non come si pensa, ma pensare come si vive, per l’inesorabile imporsi del principio di autoconservazione della apparente sanità mentale (dissonanza cognitiva).
Tutto questo vive nell’affresco di Terni; c’è resa totale ad una realtà che si considera invincibile; e se questo certamente offende, eticamente parlando, l’operare della divina grazia e pecca contro lo Spirito Santo (ritenendo la sua azione incapace di portare all’uomo consenziente la vittoria sul male), stride anche con i principi filosofici dell’umano potere di conoscere il vero con l’intelletto e di tendere al bene con la volontà. Come spiega bene S.Tommaso “voluntas per hoc quod vult finem, movet seipsam ad volendum ea quae sunt ad finem” , questo suppone capacità di comprendere e di “aderire” al fine che si vuole raggiungere; l’uomo in grazia infatti possiede sempre gli strumenti per associare il proprio intelletto alla verità rivelata (fede) e per farla pro


Monsignor Paglia ha esaltato la “spiritualità” di Pannella.

È Gesù che assicura tale possibilità; senza di me non potete far nulla; chiedete quel che volete e vi sarà dato: totale dipendenza dal Salvatore e dalla potenza del suo Spirito eppure inesauribile efficacia della preghiera umile ed insistente, centrata nel suo Nome.
È quanto apprendiamo leggendo il CCC 2466: « In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. “Pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14), egli è la “luce del mondo” (Gv 8,12), egli è la Verità [Gv 14,6]. “Chiunque crede” in lui non rimane “nelle tenebre” (Gv 12,46 ). Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi [Gv 8,32 ] e che santifica [Gv 17,17]. Seguire Gesù, è vivere dello “Spirito di verità” (Gv 14,17) che il Padre manda nel suo nome [Gv 14,26] e che guida alla verità tutta intera” (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l’amore incondizionato della verità: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no” (Mt 5,37)».
L’opera di Terni invece palesa un altro intento, l’opposto: la piena giustificazione non del peccatore convertito, ma del peccato praticato; proprio perché esclude l’opera santificatrice di Dio, essa si connota come anticristiana in essenza.
Dio può salvare chiunque, ma non costringe nessuno al Paradiso. Se vuoi entrarvi, devi sforzarti. Lo insegna Gesù. Il cambiamento è obbligatorio.

Opera dell’artista argentino che non sa pensare ad altro

In tutta questa estrema confusione, infatti, si dimenticano due aspetti essenziali del problema: da un lato come l’inferno sia una scelta personale; dall’altro, quello che è il vero nocciolo della questione dell’omosessualità: il sesso, per il Vangelo e quindi per la Chiesa, è ordinato sempre alla vita!
Anche quando i coniugi sono sterili segue la regola della vita, la semplicità della natura. Ogni atto sessuale fuori da questo contesto, è disordinato e non possiede ragion d’essere. Si capisce bene l’obiezione del mondo sessista e sesso-dipendente: impossibile! Senza sesso non si vive! Questa menzogna freudiana riceve risposta nella vita di grazia, nella preghiera e nei sacramenti; la continenza e la castità non sono mere illusioni; sono alternative possibili dell’esistenza.
Del resto, forse si dimentica che molte delle medesime, quanto mai ammirate, filosofie orientali consigliano la castità come via per l’immortalità; le stesse pratiche della ritenzione del seme (yogiche, tantriche e taoiste), pur passando attraverso la sublimazione orgasmica dell’energia, mirano di certo ad un dominio totale sulla dipendenza sessuale (ricordate l’ascesi di Siddharta Gautama?).


Altra opera odell’ossesso 

La castità non è stata certamente inventata da Gesù; si capisce bene dal testo del Vangelo, che si tratta di un costume presente all’epoca di Cristo “εἰσὶν”, “vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli” (Mt 19, 12 καὶ εἰσὶν εὐνοῦχοι οἵτινες εὐνούχισαν ἑαυτοὺς διὰ τὴν βασιλείαν τῶν οὐρανῶν), a causa del Regno dei Cieli; a causa della vita eterna.
Gesù la porta alla sua significanza più eccelsa, collegandola alla consegna totale di sé per vivere di Dio.
A valle di queste piccole considerazioni, cosa mi meraviglia di più?
Non mons. Paglia, che addirittura si è fatto inserire nudo con tanto di “berretto vescovile” all’interno del quadro!!! Non tanto il sacerdote che ha seguito i lavori, che ora sembra sia passato a “miglior” vita (tutto da dimostrare!! C’è da tremare!), quanto la quiescenza inerte dei fedeli; pecore senza pastore, sbandate, incapaci del minimo sussulto di sdegno!

Kulandra cacante?

Eppure, se i soldi dell’8 per mille finiscono in blasfemie del genere, ci si chiede davvero se non sia lecito chiudere i rubinetti.







“Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro”. (Isaia 5:20-25)
“..Proferirà insulti contro l’Altissimo e distruggerà i santi dell’Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge…”(Daniele 7,25)

Stefano Maria Chiari

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