Maurizio Landini se la ride quando pronuncia quella parola: “manifestazione”. Perché accoppiata al Papa e non ad un corteo Fiom effettivamente fa anche ridere. Ma è una risata di complicità o che almeno aspira ad essere tale. Landini, segretario di un sindacato dei metalmeccanici che ha dato battaglia alla Fiat anche in tribunale riuscendo a ottenere “giustizia”, accetta volentieri di parlare di questo ‘strano’ Papa che riesce a far breccia anche a sinistra. Certo, riconosce, è stato anche “il papa precedente a permettere alla Chiesa una scelta di rinnovamento e cambiamento”. Ma, pur evitando inutili idolatrie di singoli personaggi, è chiaro che questo Pontefice rappresenta un “elemento di novità”, sul quale si può contare per “combattere le ingiustizie” e cercare una via d’uscita da un’epoca segnata dalla “rottura dell’equilibrio tra capitalismo e democrazia”. Insomma i punti di incontro Oltretevere ci sono e non sono nemmeno tabù. Tanto che Landini non esclude nulla. Nemmeno di poter incontrare il Papa. Perché no? “Se fosse possibile mi farebbe anche piacere, ne sarei onorato”......
Questo è un Papa che piace anche a sinistra. E quindi piace anche al segretario della Fiom, c’è da scommetterci…
La chiesa è stata capace di avviare un processo di profondo cambiamento e trasformazione anche per ricostruire un rapporto con il malessere, il disagio, la difficoltà che esiste tra le persone. Invece in politica vedo tantissime resistenze, il perdurare di una logica da gattopardo per non cambiare nulla. I punti di fondo restano uguali e non si prende in considerazione il fatto che siamo in una fase di trasformazione e non davanti ad una semplice crisi. Io penso che si siano rotti gli equilibri di fondo generali, siamo in presenza di una rottura dell’equilibrio tra capitalismo e democrazia che ha proprio nella libera circolazione dei capitali l’elemento che sta squassando tutto il resto. Bisognerebbe ripartire da qui. Sarebbe importante tracciare un progetto di società, non c’è più da guardare che succede domani mattina.
Cosa l'ha colpita di più delle mosse di Papa Francesco?
Oltre al linguaggio, mi ha colpito molto come ha agito sulla crisi siriana. Chi è stato capace di organizzare una vera manifestazione contro la guerra e per la pace con messaggi fortissimi? E’ stato lui, ha parlato anche a mondi di religione diversa dalla sua, ha indicato il fatto che di fronte a situazioni di questo genere bisogna guardare lontano, non bisogna aver paura di difendere il proprio punto di vista, ma dentro l’interesse generale. Sicuramente siamo di fronte ad un grande elemento di novità. E’ importante anche l’apertura alla Teologia della Liberazione, che il Papa ha fatto in Brasile all’assemblea dei giovani. E poi penso a quando è andato nel Sulcis, dove ha detto ai lavoratori che bisogna lottare per il lavoro. La cosa dovrebbe far riflettere tutti, anche i sindacalisti. Mi ha colpito: quando il governo Monti è andato in Sulcis, è dovuto venir via con gli elicotteri. Noi invece abbiamo visto che il Papa è andato lì, in mezzo ai lavoratori, parlando a braccio ed è diventato un elemento di riferimento. Questo indica che la fase attuale richiede un ritorno ai fondamentali.
Per lui sarà il Vangelo, per voi la Costituzione, visto che con Stefano Rodotà scendete in piazza il 12 ottobre per chiedere l’applicazione dei principi costituzionali.
Io non so se, nel tornare ai fondamentali, questo Papa pensa che il riferimento debba essere il Vangelo. Per noi tornare ai fondamentali vuol dire tornare ai valori principali della Costituzione perché c’è anche una rivoluzione culturale da fare. Ho la sensazione che questo Papa si sia reso conto che dentro la Chiesa ci sono cose che non funzionano e che necessitano di grande cambiamento. E’ il problema che abbiamo anche noi: il paese, l’Europa, il mondo. Bisogna rimettere al centro la persona e la sua realizzazione come punto centrale della ricostruzione di una società. Il che vuol dire entrare in rotta di collisione e in critica radicale con il liberismo e la logica secondo cui il mercato da solo può fare tutto. In questo, con il Papa, non vedo solo un punto che condivido ma anche una questione che mi interessa approfondire.
Non vede un rischio di emarginazione del Papa, proprio perché fa tanto il rivoluzionario? Parlo di emarginazione politica, mediatica…
Io credo di no, anche perché in questa fase è importante avere il consenso delle persone e parlare alle persone, non avere il consenso dei poteri che dicono di rappresentare le persone.
E’ sicuro che sui diritti dei migranti il Papa riscuota consenso?
Ma per cambiare la cultura e affermare dei valori a volte bisognerebbe andare oltre il senso comune. La paura del diverso, l’idea che il migrante ci ruba il posto di lavoro, queste cose sono state costruite in una logica di sfruttamento dei migranti, servono per fare il lavoro che gli italiani non vogliono più fare, per farti pagare i contributi e poi non riconoscerli. Quindi, dentro una logica in cui il mercato decide tutto, è fuor di dubbio che in questi anni c’è stata una regressione culturale. Quando parlano del ventennio berlusconiano… il problema non è Berlusconi, il problema è la cultura che è passata in questi anni, la cultura che se uno evade il fisco è furbo ed è fesso chi paga le tasse. E’ passata l’idea che uno individualmente può fare quello che voleva, senza più regole, né legami: qualsiasi vincolo sociale è stato considerato come vincolo insopportabile. Il fatto che la JP Morgan arrivi a dichiarare che il problema dell’Europa è cancellare le costituzioni antifasciste è per me sintomo di regressione spaventosa. Non a caso, c’è stato un arretramento non dico del socialismo o del comunismo ma della socialdemocrazia in Europa, perché ha prevalso un unico pensiero: quello secondo cui il mercato è l’elemento che libera tutto. Se la guardo da un punto di vista finanziario economico, io vedo che c’è una concentrazione del potere finanziario ed economico in mano a pochi che decidono le sorti del mondo senza precedenti. Da qui nasce la crisi della politica, della democrazia, della partecipazione ed il rischio è che per risolvere i problemi ci sia lo scontro tra le persone. Da sindacalista non ho mai visto il rischio di una competizione tra persone come è adesso. Il rischio è di una guerra tra poveri. E quando è così, è chiaro che devi tornare ai fondamentali, tornare a combattere le ingiustizie, tornare a fare investimenti, avere un ruolo pubblico e per questo io penso che sia importante che una istituzione come la Chiesa riparta dagli elementi fondamentali di critica all’esistente per rimettere al centro la persona.
Magari presto parlerà dei diritti dei detenuti, come ha fatto Giorgio Napolitano nel messaggio alle Camere chiedendo indulto e amnistia. A proposito, che ne pensa?
Giustamente anche qui bisogna andare all’origine delle cose e non parlare in termini generali. Le carceri sono piene perché ci sono leggi come la Bossi-Fini per cui ci sono migranti in carcere non per reati particolari, ma perché si sono ritrovati clandestini perché non avevano più da lavorare. E questo è folle. Se si pensa alla Fini-Giovanardi….siamo di fronte a leggi sbagliate e ingiuste che anziché risolvere i problemi li hanno alimentati. Un tema di questa natura ti pone il problema di come fai le leggi.
Ci starebbe bene Papa Francesco alla manifestazione del 12 ottobre?
Non abbiamo escluso nessuno. Come sintonia, di sicuro: partiamo dalla costituzione. Devo dire che nelle manifestazioni della Fiom in questi anni ha spesso parlato una persona che oggi purtroppo non c’è ma che se ci fosse sarebbe in piazza, questa persona è don Gallo. Io ho imparato da lui che c’era il vangelo e la costituzione per un prete come riferimento sostanziale. Questa idea di vedere il mondo dalla parte degli ultimi, di chi sta peggio è importante. Poi possono rimanere delle perplessità, dei punti di vista diversi, ma se i fondamenti e le radici sono comuni è chiaro che vuol dire far rifiorire una giustizia sociale che assolutamente non c’è. Dal mio punto di vista, ripartire dal lavoro è giusto perché le persone devono lavorare per vivere ma perché questo apre una discussione su cosa produci, su che senso ha il lavoro che fai, oggi siamo lì. Dobbiamo riaprire una discussione sul modello sociale che vogliamo e quindi anche su quali prodotti servono e a cosa deve essere finalizzato il lavoro delle persone. E qui torna anche il problema che non può esistere solo il profitto, ma c’è anche una responsabilità sociale dell’impresa, c’è anche una redistribuzione della ricchezza che deve andare in un’altra direzione. Ora in questo, senz’altro, se ci sono anche dei punti di contatto, sono importanti e credo che in questa fase sarebbe utile trovare anche il modo e la forma di potersi incontrare, di poter discutere, approfondire.
Vuole incontrare il Papa?
Non escludo nulla se fosse possibile mi farebbe anche piacere, ne sarei onorato. Penso all’esperienza che stiamo facendo adesso per arrivare alla manifestazione del 12 ottobre, dal momento che abbiamo fatto l’appello ho visto il fatto che tante persone diverse, laici e cattolici, si sono incontrate e ritrovano una ragione per le battaglie che stanno facendo. Questo a me convince: nei momenti difficili devi proprio ripartire dalle radici comuni.
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