Via libera a una battaglia storica del governo: approvato in manovra l’emendamento sull’oro. È ufficiale: le riserve auree appartengono al popolo italiano.
Oro italiano: l’emendamento non gradito alla BCE
Una frase apparentemente semplice che però negli ultimi mesi è stata oggetto di discussione: da una parte l’esecutivo, che voleva affermare un principio con il senatore Lucio Malan; dall’altra parte la Banca d’Italia, che quelle riserve le gestisce: 2.452 tonnellate da 300 miliardi di euro che posizionano il nostro Paese al terzo posto nel mondo.
A mettersi di traverso era stata la BCE. Da Francoforte hanno esercitato pressioni per modificare l’emendamento. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva dovuto rassicurare Christine Lagarde.
Emendamento oro: la versione definitiva
Il testo aveva subito modifiche. Inizialmente, affermava che l’oro gestito dalla Banca d’Italia appartenesse allo Stato e di riflesso al popolo italiano. Alla fine, resta sì il popolo ma viene menzionato il rispetto dei trattati europei, secondo cui le riserve sono gestite dalle banche centrali nazionali, che si coordinano proprio con la BCE. Un compromesso per accontentare le istituzioni sovranazionali e per ribadire un concetto, qualora non fosse chiaro: il nostro resta comunque un Paese a sovranità limitata.
Via libera all’emendamento sull’oro: Borghi esulta, Marattin contesta
Resta il valore politico. Con l’approvazione in Commissione Bilancio, comunque, adesso toccherà alla Banca d’Italia riformulare la definizione sulle riserve auree. “Una grande vittoria“, secondo Guido Liris, relatore della manovra: “Le riserve verranno messe al riparo da qualsiasi azione futura che possa intaccarle”, spiega il senatore di Fratelli d’Italia.
Esulta anche Claudio Borghi. L’emendamento è sì firmato da Lucio Malan ma è figlio di una proposta avanzata dal senatore leghista già nel 2019: “È un momento storico. Una vittoria dopo più di dieci anni che dà il senso a tutta la mia attività politica“.
Borghi cita anche altri successi del governo in campo economico, come la mancata riforma del MES. Dall’opposizione, non la prende bene il deputato Luigi Marattin: “Il vero ministro dell’Economia non è Giorgetti ma Borghi“.
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