sabato 15 maggio 2021

Caso Gregoretti, il Giudice Sarpietro: «Salvini a giudizio? Dovevamo processare anche Conte e Di Maio e Toninelli ...»

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Parla il giudice di Catania che ha prosciolto l’ex ministro

 dell’Interno




«Il rinvio a giudizio del senatore Salvini avrebbe comportato l’incriminazione dell’ex premier Conte e dei ministri dell’epoca Di Maio e Toninelli, perché erano tutti d’accordo sulla redistribuzione dei migranti, invocata allora come adesso», spiega il giudice Nunzio Sarpietro. Dopo la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere per l’ex ministro dell’Interno, davanti al fascicolo che raccoglie gli atti di un’istruttoria durata sette mesi, il presidente dell’Ufficio gip-gup illustra a grandi linee i criteri che l’hanno portato a quella decisione: «La politica del ricollocamento in Europa è stata un obiettivo di tutti i governi, come ha testimoniato anche la ministra Lamorgese, e com’è dimostrato dall’attività della nostra diplomazia di cui abbiano acquisito ampia documentazione».


Quindi Salvini non ha commesso alcun reato?
«Io ho ritenuto non sussistente alcuna violazione della normativa internazionale e nazionale. Salvini s’è attenuto alle convenzioni disponendo che venissero salvati i migranti in difficoltà e ritardando lo sbarco di due o tre giorni, facoltà concessagli da un provvedimento amministrativo del febbraio 2019».

Perché dice che dispose il salvataggio dei migranti?
«Dagli atti risulta che fu il ministero dell’Interno a disporre il soccorso in acque internazionali dal momento che Malta non poteva o non voleva farlo. E sarebbe abbastanza strano che avesse preso questa iniziativa con l’intento di sequestrare quei migranti. Dopodiché il regolamento approvato nel febbraio 2019 gli consentì di trattenere le persone a bordo in attesa di definire il loro ricollocamento».

È quello che lei definisce il lavoro della diplomazia?
«Esattamente. Gli ambasciatori Massari e Benassi si sono subito messi al lavoro chiedendo collaborazione degli altri paesi dell’Unione, anche durante il fine settimana che per gli europei è sacro. Del resto lo stesso Conte l’ha detto chiaramente: appena c’era una nave in arrivo la diplomazia si attivava immediatamente per ottenere questo risultato».

Perché ha deciso di fare un’istruttoria così ampia e approfondita, nonostante la sua fosse soltanto un’udienza preliminare?
«Perché avevo sul mio tavolo la relazione del tribunale dei ministri che portava degli elementi di accusa contro Salvini, ma anche una memoria difensiva molto curata che contraddiceva quella ricostruzione. Lì io ho intravisto delle tracce di non colpevolezza dell’imputato che ho ritenuto necessario approfondire, e così ho fatto. Fino ad arrivare alla mia determinazione».

Ma in questo modo ha quasi celebrato un processo, andando oltre i confini dell’udienza preliminare...
«No, perché l'articolo 422 del codice di procedura penale prevede espressamente la possibilità di integrare l’attività istruttoria quando questa può dimostrare l’estraneità dell’imputato al reato contestato. Ed è esattamente ciò che è accaduto. Gli approfondimenti svolti mi hanno convinto che in un eventuale dibattimento non potesse uscire nulla di più di ciò che è emerso, e dunque ho pronunciato la sentenza di proscioglimento».

L’ha fatto anche perché era consapevole delle ricadute politiche della sua decisione?
«Quando è arrivato il fascicolo ci siamo riuniti con i giudici della Sezione e abbiamo stabilito che fossi io a condurre l’udienza. Serviva un magistrato di esperienza, con l’autorevolezza derivante dalla carica di presidente della Sezione e con le spalle abbastanza larghe per reggere l’impatto che ci sarebbe stato sull’opinione pubblica e sul sistema politico. È stata una decisione di opportunità condivisa da tutti».
Nel frattempo a Palermo, per il caso Open Arms, Salvini è stato rinviato a giudizio.
«Non entro nel merito delle decisioni altrui, ma mi pare ci siano differenze fattuali che pongono i due episodi su piani diversi».

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