mercoledì 23 gennaio 2019

MAURIZIO BLONDET - L’ESCALATION DEI GIORNI SCORSI...e domani...Bis?



Il 12 gennaio, caccia israeliani sparano missili sull’aeroporto internazionale (civile) Damasco. E’ il primo attacco israeliano contro la Siria nel 2019, ed  è una palese provocazione contro la Russia, e non solo. Compagnie di bandiera del Bahrein, Oman ed Emirati  hanno espresso l’intenzione di  riprendere i loro voli civili verso Damasco;  Netanyahu dice loro che mai quei voli saranno sicuri,  mai lascerà in pace la Siria. Inoltre, cosa insolita, Netanyahu ha fatto dichiarare apertamente l’incursione  ai suoi generalii, che anzi hanno vantato di aver colpito la Siria dal cielo fin dal 2011, l’inizio della guerra, “migliaia di volte”, a sostegno dei terroristi islamici.













Il 17, una delegazione militare russa s’incontra con militari israeliani. Mosca fa sapere che ditte russe hanno intrapreso le operazioni di rammodernamento tecnico e  rimessa in funzione  del suddetto aeroporto, quindi ogni nuovo attacco sarà considerato un attacco agli interessi russi...

21 gennaio: fortissima attività aerea israeliana sulla Siria.  Questo secondo raid del 2019 è massiccio, ha impiegato decine di aerei , missili da crociera e missili terra-terra, e viene messo a segno durante la super-eclissi lunare,  la Luna di Sangue.  Uno degli obiettivi dei generali israeliani è di “far reagire” e  quindi identificare la posizione, delle batterie di S-300, di cui chiaramente non conoscono l’ubicazione. Una volta localizzate le  batterie possono essere distrutte con missili HARM di nuovo tipo di cui dispongono. I siriani hanno risposto con BUK, Pantsir S-1 e i  vecchi S-2000’, con cui sostengono  di aver intercettato molti missili nemici.












Stesso giorno, tutt’altro teatro: Mar Nero, precisamente lo stretto di Kerch, preteso dal regime di Kiev  come sue acque territoriali  e attraversato dal lunghissimo ponte che unisce la Crimea  alla madrepatria, costruito  d’urgenza dopo il golpe ispirato dalla Nuland – il cui scopo finale era di impadronirsi della grande base russa di Sebastopoli  per interposto governo amico di Kiev. 
Ebbene: specchio ‘acqua così sensibile (e dove Kiev  ha minacciato più volte di far saltare il ponte) due navi prendono fuoco ,  una  dopo un’esplosione, e affondano.  A tutto prima non è chiaro se si tratti di disgrazie accidentali, avvenute magari per incuria.  Sono due  navi-cisterna che battono bandiera della Tanzania. Muoiono almeno 14 membri dell’equipaggio (turchi, indiani) ed altri vengono soccorsi da navi russe. Passano poche ore e
22 gennaio:  il ministero dei Territori Temporaneamente Occupati di Ucraina (insomma il regime di Kiev) dichiara ufficialmente  che le due navi che hanno preso  fuoco e sono colate a picco, Venice e Maestro,  “erano coinvolte nella fornitura illegale di gas e greggio alla Siria dal 2016, secondo l’Ufficio per  il controllo dei beni esteri presso il Ministero del Tesoro Usa  (OFAC).
Aggiunge che una delle navi, la Venice, aveva il trasponder spento,  aggiungendo:  “Simili azioni di compagnie straniere impegnate nel trasporto marittimo sono un tentativo di evitare la responsabilità ai sensi della legislazione ucraina ed evitare possibili sanzioni internazionali per tali violazioni”. “Ora è difficile stabilire l’origine del gas che è stato trasportato, ma secondo le informazioni disponibili, le navi di Venice e Maestro sono state coinvolte nella fornitura di gas sia prodotto [dalla Russia illegalmente in]   sulla piattaforma  ucraina e consegnato da altri paesi “.  Insomma l’accusa è di aver venduto  gas  liquefatto  dell’Ucraina,  perché prodotto su una piattaforma   rivendicata dal regime di Kiev. A questo punto pare evidente che i due incendi ed affondamenti non abbiano nulla di accidentale: sono due atti di sabotaggio – di guerra  –  messi  segno dal regime di Kiev su  mandato USraeliano, contro la Siria e contro Mosca.

Israele ed Ucraina, accordo di libero scambio

Non è certo un caso se  il 21 sera, mentre esplodevano le due cisterne  nello stretto di Kerch, Netanyahu e Poroshenko hanno annunciato al mondo intero che “Israele e Ucraina hanno firmato un  accordo  di libero scambio”, a Gerusalemme, dopo la visita del milionario ucraino alla Yad Vashem. “E’ una giornata storica. [L’accordo di libero scambio] è un messaggio importante per gli uomini d’affari dei due paesi”, ha detto Poroshenko.
Il 21 gennaio  è avvenuto qualcosa anche nel Baltico : due  cacciatorpediniere lanciamissili USA, la USS Porter e  la Gravely, sono apparse improvvisamente mentre sembravano puntare verso la base russa di Kaliningrad. Due corvette russe immediatamente  mandate dalla base  hanno “scortato”  le due lanciamissili americane.  Armate di 56  Tomahawk, le due navi USA hanno voluto fare una provocazione, costeggiando le  acque territoriali russe.
Si tenga conto che anche nel Mar Nero, in questi stessi giorni, è ricomparso  il cacciatorpediniere americano USS Donald Cook, che viene tallonato anch’esso da vicino da navi da guerra russe. USA e navi degli alleati  NATO hanno aumentato la loro presenza nel Mar Nero dopo il misterioso “incidente” di tre piccole  e veloci navi da guerra  ucraine che sono penetrate oltre il ponte di Crimea senza avvertire, come  è obbligo  legale, l’autorità portuale (russa) di Kerch,  e senza fermarsi alla ripetute richieste di stop; alla fine  sono state mitragliate,   commandos russi se ne sono impadroniti e le navi catturate.
A proposito del Donald Cook, bisogna capire le affermazioni estemporanee  del politico israeliano Yaakov Kedmi  ad una tv russa: “Questa nave, se susciterà sospetti  [della marina russa] ha i minuti contati. Forse verrà  lanciato un missile, non ne sono sicuro. Il prossimo sarà lanciato dal fondo del mare, per quanto capisco degli eventi del Mar Nero”.
Una speranza o un progetto  di false flag?
Questo Yakov  Kedmi è nato nel 1940 a Mosca,  e allora aveva cognome  Kazkov. All’età di 19 anni irruppe nel consolato israeliano a Mosca e iniziò una pubblica battaglia per aiutare gli ebrei dall’Unione Sovietica a trasferirsi in Israele. Dopo due anni riuscì a trasferirsi in Israele da solo e alla fine divenne il capo di Nativ – responsabile per l’Aliyah degli ebrei dell’Est europeo. Adesso è molto intervistato in Russia, dove continua per lo più ad abitare.
La densità temporale di queste provocazioni della superpotenza e del suo manovratore, l’aumentata letalità (si valutano fra 11 e 23 morti iraniani in Siria), la rapida escalation su vasti  teatri lontani fra loro, è  tremendamente significativa.  Spiega perfettamente la risposta dell’Iran, una minaccia (peraltro vuota) di distruggere Israele,  la promessa  di Damasco di ”bombardare Tel Aviv se il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non mette fine alle intrusioni di Israele” nel suo territorio nazionale; e la Cina ha invitato “tutte le parti interessate  ad astenersi da qualsiasi iniziativa  che possa portare a crescenti tensioni”, dichiarando che “si deve rispettare e difendere la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale della Siria”.

Berlino: eh sì, l’Iran è davvero terrorista

Il quadro non sarebbe completo se non si ricordasse che lo stesso 21 gennaio, la Germania ha vietato  alla compagnia aerea iraniana Mahan, la seconda del Paese (la prima è la Iran Air) di operare nei suoi aeroporti  tedeschi, misura “necessaria”  per proteggere “gli “interessi di politica estera e di sicurezza” della Germania, ha detto il portavoce del ministero degli esteri Christofer Burger.  La  Mahan è nella lista nera americana dal 2011,  perché accusata di portare “attrezzature  ed altro personale militare  in Siria”. “Non si può escludere  -ha rincarato il portavoce di Berlino  –  che questa compagnia aerea possa anche trasportare merci in Germania che minacciano la nostra sicurezza, basandosi sulla conoscenza delle attività terroristiche passate dall’Iran in Europa”. Attività terroristiche iraniane in Europa di cui non si è  mai  avuto notizia.  Ma  la Germania, probabilmente per salvarsi dalle sanzioni sul NorthStream 2, adesso – messe da parte le passeggere velleità di autonomia –   aderisce in tutto alle posizioni israeliane . Dopo  alcuni mesi in cui l’Europa ha fatto pietosi  tentativi per salvare l’accordo sul nucleare iraniano,  mantenendo una posizione di equidistanza con Teheran, ora essa  si adegua in pieno: l’Iran è il nostro nemico. Insieme a Putin, ovvio.
E’ la preparazione  al grande incontro  di Varsavia previsto per il 13-14 febbraio,  con la partecipazione di 70 ministri degli esteri fra cui gli stati arabi wahabiti.  E’ un incontro fortemente voluto da Netanyahu con il sostegno di Mike Pompeo, per formare una “NATO araba”  da  lanciare contro l’Iran  – con  l’appoggio militare di Israele e la sua aviazione, e del Pentagono.  Ovviamente l’Europa sarà della partita. Infatti, ciò di cui abbiamo bisogno  è  “Più Europa”.---

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