sabato 3 novembre 2018

“Il Ladrometro”, di Marco Travaglio

(pressreader.com) – 
“In Italia – diceva Ennio Flaiano – l’unica vera rivoluzione sarebbe una legge uguale per tutti”.
Bene, quella rivoluzione non è mai stata tanto vicina quanto oggi.
È racchiusa in due emendamenti aggiunti dal ministro Alfonso Bonafede al suo ddl Anticorruzione (o Spazzacorrotti”): prescrizione dei reati bloccata con la sentenza di primo grado e carcere vero per chi evade o froda il fisco (con pene più alte e soglie di impunità più basse).
Quando i 5Stelle si sedettero al tavolo con la Lega per stipulare il Contratto, dopo lo sciagurato Aventino del Pd, il Fatto pubblicò un decalogo con le 10 norme che ritenevamo imprescindibili per giustificare un “governo del cambiamento”. In cima alla lista c’erano l’anticorruzione con gli agenti infiltrati e i premi ai pentiti; la totale trasparenza sui soldi ai partiti, ora schermati da fondazioni e onlus; il blocco della prescrizione; la galera per evasori e frodatori. Quattro grimaldelli indispensabili per scardinare il Patto dell’Impunità che regge da sempre la classe dirigente più criminale del mondo libero: cioè la nostra....

Quattro bombe atomiche in grado di spazzare via per sempre la Costituzione materiale e occulta che garantisce a lorsignori, nell’ordine, che:
a) i loro reati non verranno scoperti (niente denunce, né pentiti, né intercettazioni, né custodia cautelare, né obbligo di dichiarare i finanziatori, dunque zero indagini);
b) anche se verranno scoperti, non saranno puniti (prescrizione garantita, dunque zero condanne);
c) anche se verranno puniti, sarà per finta, cioè il carcere non lo vedranno neppure in cartolina (per i pochi sfigati che si beccano una condanna, le pene sono risibili e comunque scontabili comodamente a casa propria o ai servizi sociali).
Ergo, per i ricchi e i potenti, delinquere conviene. Ora il ddl Bonafede smantella uno per uno i tre pilastri dell’impunità:
a) con gli infiltrati e i pentiti, sarà più facile scoprire le tangenti e, con le intercettazioni e la custodia cautelare (oggi impossibili per le soglie di impunità troppo alte e le pene troppo basse), anche le evasioni e le frodi;
b) con la prescrizione bloccata dopo il primo grado, basterà fare indagini, udienza preliminare e primo processo entro 5 o 7 anni e mezzo (a seconda del reato) e poi nessuno avrà più interesse a tirare in lungo per arrivare alla prescrizione in appello o in Cassazione, perché la sentenza di merito definitiva arriverà comunque (innocenti assolti e colpevoli condannati, nessun pareggio);
c) alzando le pene, abbassando le soglie, agevolando la scoperta dei reati e impedendo la morte dei processi, sarà molto più concreto il rischio di finire in galera.
Sia prima del giudizio (custodia cautelare) sia dopo (espiazione pena). Con forti effetti dissuasivi su chi oggi delinque perché non rischia nulla, salvo la parcella dell’avvocato. E con due formidabili effetti collaterali.
1) Ridurre la corruzione e l’evasione significa recuperare decine di miliardi, da usare per redistribuire la ricchezza agli onesti, anziché ai ladri.
2) Oggi al colpevole conviene allungare il brodo con ogni sorta di cavilli, soprattutto se può pagarsi per anni un legale. Dunque sceglie il dibattimento e si fa tutti e tre i gradi di giudizio puntando tutto sulla prescrizione e contribuendo all’intasamento della macchina giudiziaria. Se invece la prescrizione diventa una chimera, perché ogni processo che inizia arriva alla fine, il colpevole ha tutto l’interesse a patteggiare o a scegliere il rito abbreviato per incassare lo sconto di pena, deflazionando il contenzioso e contribuendo a decelerare anche i processi degli altri.
Secondo voi, chi può opporsi a questo circolo virtuoso? Non certo gli innocenti e gli onesti, che hanno tutto da guadagnarvi. Ma la lobby dei colpevoli e dei loro avvocati, che hanno tutto da perdervi.
E sono legione, una potentissima legione che trova nei giornaloni (persino Repubblica ora difende la prescrizione, dopo anni di campagne contro l’ex Cirielli) la sua cassa di risonanza e in Salvini il suo santo patrono e protettore.
La Lega non solo osteggia la blocca-prescrizione e nicchia sulle manette agli evasori, in barba al Contratto di governo e in perfetta sintonia con FI&Pd; ma presenta pure un emendamento alla Spazzacorrotti che neutralizza la norma Bonafede sulla trasparenza dei partiti e perpetua l’anonimato sulle “donazioni” private (cioè le tangenti mascherate) anche dall’estero a fondazioni e onlus legate ai partiti (tipo la leghista Più Voci e i suoi strani giri col Lussemburgo).
Quella che si sta giocando in queste ore è una partita decisiva, anzi mortale: non per il governo giallo-verde, di cui non ci importa un bel nulla; ma per la rivoluzione della legge uguale per tutti, che aiuterebbe l’Italia a ridurre il vero e unico spread davvero preoccupante (non quello dei titoli di Stato, che va e viene, ma quello della illegalità delle classi dirigenti, che ci vede sempre primi).
Per carità, parliamo pure dei decimali di deficit-Pil e dei rigurgiti di fascismo, che vanno sempre combattuti.
Ma, più che il Fascistometro, servirebbe il Ladrometro. In queste ore il sistema marcio che ci ha portati alla bancarotta si gioca tutto.
Se il Partito Trasversale dell’Impunità, nascosto nella pancia del cavallo di Troia leghista, riuscirà a respingere quelle quattro norme (corruzione, evasione, trasparenza, prescrizione), avrà vinto e continuerà a derubarci in saecula saeculorum.
Se invece i 5Stelle, grazie alla congiunzione astrale irripetibile che li vede a Palazzo Chigi da posizioni di forza, riusciranno a trascinare la Lega ad approvare quelle quattro norme, a costo di minacciare la caduta del governo, avranno reso il miglior servizio al Paese di questi vent’anni.
Fosse pure l’ultima cosa che fanno prima di sparire, le persone perbene gliene saranno grate.
“Il Ladrometro”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 3 novembre 2018

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