giovedì 15 novembre 2018

Salvini: “Se arrivano i commissari ci prenderemo un caffè insieme e li rimandiamo via”



L'Austriaco...l'Italiano...l'Olandese.
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(Sandro Iacometti – Libero Quotidiano) – 
Il verdetto di Bruxelles sulla manovra arriverà mercoledì prossimo. Ma il solco è già ampiamente tracciato. Le piccole modifiche apportate dal governo, infatti, hanno cambiato pochissimo la sostanza del documento programmatico di bilancio, lasciando assolutamente invariati sia i saldi sia le stime di crescita.
In primo luogo il ministro dell’ Economia, Giovanni Tria, ha inserito nel testo l’ assicurazione esplicita che il deficit il 2,4% «per il 2019 sarà considerato un limite invalicabile», con un monitoraggio costante dell’ andamento della finanza pubblica e l’ impegno ad assumere «tempestivamente, in caso di deviazione, le conseguenti iniziative correttive nel rispetto dei principi costituzionali». Poi, c’ è l’ accelerata sulle privatizzazioni per recuperare risorse.
Il piano vale l’ 1% del Pil nel 2019, circa 18 miliardi di euro, e lo 0,3 nel successivo biennio, per un totale di 30 miliardi di euro, cioè più del doppio di quanto previsto nel Def. Una sorta di mission impossibile a cui probabilmente non crede neanche lo stesso governo, ma che permette di ipotizzare una discesa del rapporto debito/Pil più marcata rispetto a quella prevista, pari a 0,3 punti quest’ anno, 1,7 nel 2019, 1,9 nel 2020 e 1,4 nel 2021, passando così dal 131,2 per cento del 2017 al 126 del 2021....

Il governo ha, infine, chiesto flessibilità alla Commissione per eventi eccezionali legati all’ emergenza maltempo e a quella per il ponte di Genova, per una cifra pari allo 0,2% del Pil. Una strada già seguita dai precedenti governi, con Pier Carlo Padoan alla guida del Mef, che avevano fatto appello alle spese straordinarie per il terremoto e all’ emergenza migranti nell’ interlocuzione con Bruxelles sul deficit, ottenendo spazi maggiori di manovra. E in effetti escludendo questo 0,2 dal calcolo del deficit la percentuale calerebbe dallo 2,4% al 2,2%, un valore sì alto ma più accettabile. Le risorse, si legge nella lettera, saranno destinate «a un piano straordinario di interventi tesi a contrastare il dissesto idrogeologico e per il solo 2019 anche a misure eccezionali volte alla messa in sicurezza della rete di collegamenti italiana».
INFRASTRUTTURE Il piano del governo prevede circa un miliardo di euro per la ricostruzione del ponte Morandi e la messa in sicurezza delle infrastrutture autostradali e circa 3,5 miliardi per affrontare il dissesto idrogeologico nelle regioni colpite dall’ emergenza maltempo.
Come è evidente, si tratta di modifiche che non toccano in alcuna maniera i due numeri su cui si sono concentrate le critiche di Bruxelles: il deficit/pil al 2,4% e la crescita all’ 1,5%. Il che rende assai prevedibile le prossime puntate del duello. Il 21 la Commissione Ue pubblicherà l’ opinione definitiva sulla legge di bilancio, assieme al rapporto sul debito, e certificherà una deviazione ancora troppo ampia per essere accettata.
Come ha spiegato il vicepresidente Valdis Dombrovskis, «i propositi di bilancio del governo sono controproducenti per la stessa economia dell’ Italia». La bocciatura sarà il primo passo verso la procedura d’ infrazione, che potrebbe scattare già il 22 gennaio.
CAMPAGNA ELETTORALE A quel punto non sarà più la Commissione a decidere, ma l’ Eurogruppo. E anche qui il giudizio è scontato. Dopo la strigliata collettiva fatta a Tria una manciata di giorni fa in occasione dell’ Ecofin, i governi europei, ormai anche loro in piena campagna elettorale per le elezioni di maggio, non hanno praticamente lasciato passare giorno senza ficcare il naso nei nostri affari, invocando punizioni esemplari.
Ieri è stato il turno di Olanda ed Austria. La prima, per bocca del ministro dell’ Economia, Wopke Hoekstra, ha definito «poco sorprendente e molto deludente la risposta italiana». La seconda, con il collega Hartwig Loeger, ha addirittura accusato «il governo populista italiano» di tenere «in ostaggio il suo popolo».
Accuse che non hanno scalfito la granitica resistenza di Matteo Salvini e Luigi Di Maio all’ assalto europeo. Quei Paesi «la procedura la invocano da anni, non è una novità», ha commentato il vicepremier grillino.
«A Bruxelles ci sono troppi grafomani, gente che scrive lettere alle quali noi siamo costretti a rispondere, ma, vi posso assicurare, che non ci muoviamo di un millimetro», ha ribadito quello leghista. Quanto all’ ipotesi della procedura, ha proseguito il leader del Carroccio, «se a Bruxelles proveranno a pensare di mettere delle sanzioni contro gli italiani hanno sbagliato. Stiamo dando fastidio a qualcuno dimostrando che si può cambiare. Non ci rompano le scatole.
Non vogliamo uscire dall’ eurozona, vogliamo difendere diritto, sicurezza, lavoro e salute degli italiani». A differenza di altri, come Germania, Francia e Spagna, che infrangono le regole da anni, ha inoltre detto Salvini in un’ intervista, «c’ è grande attenzione solo su di noi. Ma l’ Italia è la seconda potenza industriale dell’ Europa, non faremo mai la fine della Grecia. Se arrivano i commissari ci prenderemo un caffè insieme e li rimandiamo via».---

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