sabato 12 maggio 2018

L. D. M. cerca di comprare la Meloni ?...G.M. "non sono in vendita...".M5S:"No ad un tecnico...si venderebbe".


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Cerca di comprare la Meloni ?...adesso Luigi Di Maio si gioca tutto. Vuole guidare il governo. E occhi negli occhi con Giorgia Meloni tenta l'azzardo: "Fratelli d'Italia sposta troppo a destra l'asse della coalizione - premette - L'unico modo per farvi entrare è se faccio io il premier. Se mi sostenete, posso darvi la Difesa e i Beni Culturali". Accettassero, toccherebbero alla leader e a Guido Crosetto. Ma non accettano.---
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 GIALLOVERDI – STALLO CINQUE STELLE E LEGA SULLA RICERCA DEL TERZO UOMO. I PARLAMENTARI M5S CONTRO L’IPOTESI DI UN TECNICO: “SI VENDERÀ”...
(di Luca De Carolis e Paola Zanca – Il Fatto Quotidiano) – 
Il sogno, per i Cinque Stelle, resta il solito: portare Luigi Di Maio a Palazzo Chigi. Ma il faro che ha guidato questa lunga traversata nei 68 giorni trascorsi dalle elezioni del 4 marzo, ormai, è ridotto a un lumicino. Se il Movimento chiede Di Maio, la Lega ribatte con Salvini; se i grillini fanno il nome di un altro politico, quelli ribattono con Giorgetti… Insomma, serve il terzo. E nel Movimento cominciano a temere che, alla lunga, finirà come spesso accade tra due litiganti: a godere sarà un altro. Non è solo questione di prestigio, ormai non c’è remora a scomodare un requisito evidentemente considerato raro: “Affidabilità”. Tradotto: come si fa, ragionano i Cinque Stelle, a essere sicuri che poi il “terzo” non tradisca? Il pensiero si è fatto largo tra i parlamentari, soprattutto tra quelli più scettici sull’intesa con Matteo Salvini e ieri ha preso forma in un tweet del neo senatore Elio Lannutti: tutto, scrive, “purchè non sia un tecnico, che si venderebbe alla prima occasione utile”....

Per questo – ancora ieri incontrando Giorgia Meloni, con cui è in corso una trattativa per adesso piuttosto agitata – Luigi Di Maio prova ancora a giocarsi la carta del “politico” alla guida del governo. “Ci costa parecchio rinunciare”, riflettono ai piani alti, “ma ormai ci rendiamo conto che è una speranza vana”. Così, in separata sede, Lega e Movimento stilano l’elenco dei possibili nomi su cui cementare l’intesa. Ma sanno già che non sarà cosa facile: Salvini e i suoi vogliono che non sia troppo “di sinistra”, Di Maio e gli altri che non sia troppo “di destra” e soprattutto che non abbia alcun grado di parentela politica o professionale con il convitato di pietra di tutta questa storia, Silvio Berlusconi.
Per dire quanto siano in alto mare, basti sapere che l’intenzione è quella di presentare al Quirinale una “rosa di nomi”, anche per testare le reazioni del Colle sui papabili premier. Il “contatto” è in agenda per domani: certamente i due alleati faranno avere a Sergio Mattarella il testo dell’accordo che le due forze politiche stanno ancora scrivendo. Ma al Capo dello Stato vogliono anche dare (almeno) l’idea che pure la trattativa sui nomi sia in fase avanzata: per questo presenteranno “la rosa”, riservandosi poi qualche altro giorno per il via libera definitivo. Vogliono dare segnali concreti, al Quirinale: “Altrimenti non ci crede”, spiegano, lasciando trapelare il timore che, al netto delle dichiarazioni ai microfoni, il presidente della Repubblica non sia ancora così persuaso del fatto che la partita sia chiusa.
Le urne, le evocano ancora pure i due protagonisti: “Speriamo di chiudere il prima possibile perché se non si chiude si torna al voto”, dice Di Maio, ripetendo in sostanza quanto aveva già dichiarato Salvini.
Non è ancora stato deciso se il “contatto” con il Colle sarà solo telematico o se Salvini e Di Maio saliranno di persona al Quirinale. Oggi i due si vedranno a Milano, probabilmente nella sede della Regione Lombardia. Un modo, spiegano, per fuggire dalle “pressioni romane” e ragionare con più calma. Ieri, all’ora di pranzo, l’incontro si è tenuto alla Camera: poco più di un’ora, in cui le delegazioni di Lega e M5S avrebbero discusso di alcune delle questioni più spinose del contratto, in particolare come armonizzare le due proposte che avevano caratterizzato le loro campagne elettorali, flat tax e reddito di cittadinanza.
Sui temi, sembra che la discussione viaggi abbastanza spedita. Perfino le rogne peggiori (quelle che riguardano i “benevoli astenuti” di Forza Italia, uno in particolare) vengono descritte come già superate: “Ci sarà tutto, vedrete”, dicono a proposito del decalogo che Il Fatto ha pubblicato ieri in prima pagina, “anche loro (i leghisti, ndr) hanno le mani libere”.
È che se non si trova la quadra sul nome, il contratto conta fino a un certo punto. Nelle due riunioni tenute finora, nessuno si è voluto esporre, entrambi preoccupati dal fatto che qualsiasi proposta potesse finire bruciata dagli avversari. Le ipotesi circolate sui giornali non sono in campo per la premiership, anche se non è escluso che facciano parte del governo: Giampiero Massolo, per dire, potrebbe andare agli Esteri.
D’altronde, l’ex capo del Dis, era già stato contattato dai Cinque Stelle in occasione della formazione della lista dei ministri da presentare prima delle elezioni. Non sarà l’unico “tecnico” in squadra, semmai. Il Movimento, tolte le pedine più politiche (per esempio, Alfonso Bonafede alla Giustizia) sembra intenzionato a riempire di esterni anche altre caselle.

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